È arrivato il momento di parlare di panspermia
Immagine: NASA

FYI.

This story is over 5 years old.

Tecnologia

È arrivato il momento di parlare di panspermia

La vita è venuta sulla Terra dallo spazio? Secondo la panspermia, sì.

Da dove arriva la vita? Rimane una delle domande più importanti della biologia, e ha tenuto occupati gli scienziati per centinaia di anni. In soldoni, il problema è che ancora non sappiamo con certezza in che modo l'universo, partito dall'essere un torbido brodo cosmico di materia inanimata, sia riuscito a creare una moltitudine di diverse forme di vita. Dato che la Terra è l'unico posto nell'universo dove sappiamo per certo esserci vita, la ricerca delle sue origini è stata storicamente limitata alla terra firma.

Pubblicità

Negli ultimi decenni, i biologi si sono focalizzati sempre di più sul cosmo, e hanno iniziato a domandarsi: la vita sulla Terra potrebbe aver avuto origine nello spazio?

Questa teoria, che ha qualche centinaia di anni, è nota come panspermia. È stata teorizzata in modo rigoroso per la prima volta da Chandra Wickramasinghe nel 1974. Più o meno dai tempi di Aristotele, l'idea che la vita fosse iniziata direttamente sulla Terra è stata data quasi sempre per scontata, fino a quando Wickramasinghe non ha suggerito che della polvere nello spazio interstellare potesse contenere carbonio, cosa che la renderebbe organica – una teoria che in seguito sarebbe riuscito a confermare.

"Ci sono state alcune controargomentazioni ridicole, che insistevano sul fatto che l'idea di avere molecole complesse nel mezzo interstellare sia teoricamente impossibile a causa delle dure condizioni radiologiche che prevalgono," mi ha detto Wickramasinghe per email. "Negli ultimi anni è diventato impossibile negare l'esistenza di molecole organiche complesse in nuvole interstellari e comete, al di fuori della Terra. Ma c'è ancora chi ostinatamente insiste sul fatto che la vita terrestre debba essere iniziata sulla Terra, anche con molecole organiche spaziali aggiunte alla loro minestrina organica fatta in casa."

Significativamente, le molecole organiche cosmiche che Wickramasinghe ha aiutato a scoprire non sono considerate vita, ma sono ciò che rende la vita possibile. Queste molecole sono nucleotidi a base di nitrogeno che possono essere combinati per formare biomolecole più grandi, come il DNA e l'RNA, che sono i sistemi operativi alla base di ogni forma di vita.

Pubblicità

"La prova più forte a sostegno dell'origine cosmica della vita e della panspermia è la sbalorditiva complessità della vita."

Dopo la prima teoria di Wickramasinghe, sono venute fuori molte versioni alternative della panspermia, come l'idea che la vita sulla Terra sia stata buttata qui da una avanzata razza aliena. Questa ironica proposta dell'astrofisico Thomas Gold ci renderebbe tutti "spazzatura cosmica". Forse la versione più interessante della teoria di Wickramasinghe è quella nota come litopanspermia, che sostiene che i composti organici abbiano viaggiato attraverso lo spazio scroccando un passaggio da una cometa o da un asteroide, prima di schiantarsi sulla Terra.

"La prova più forte a sostegno dell'origine cosmica della vita e della panspermia è la sbalorditiva complessità della vita," ha detto Wickramasinghe. "Le informazioni contenute nella cellula vitale più elementare sono specifiche in genere e gigantesche in quantità. Suggeriscono un sistema più grande del nostro pianeta, del nostro sistema solare, della nostra galassia e forse anche molto oltre."

Che tutta la vita sulla terra possa avere origini extraterrestri è un'idea allettante, ma prima di poter essere presa sul serio, ci sono un sacco di domande a cui dare risposta. Per esempio, perché questi composti organici si sono formati? E anche se queste sostanze organiche fossero veramente in grado di sopravvivere nello spazio, sarebbero in grado di sopportare l'ingresso nell'atmosfera terrestre?

Pubblicità

Gli astrobiologi hanno portato i loro esperimenti nello spazio per vedere come la vita terrestre resista all'ambiente rigido, dove la mancanza di ossigeno, la costante esposizione alle radiazioni e le temperature gelide sembrerebbero precluderla.

Il primo tentativo di testare questa ipotesi è stato nel 1966, quando due missioni Gemini hanno esposto il batteriofago T1, un tipo di virus che si replica nei batteri, e il Penicillium roqueforti al vuoto dello spazio per qualche ora. Questi campioni sono stati scelti per la loro diffusione sulla Terra, ma come mostrato dall'esperimento, non se la sono passata molto bene e sono diventati inattivi dopo aver raggiunto una certa soglia di radiazioni UV.

La ricerca sulla panspermia ha trovato nuova vita negli anni novanta, quando l'Agenzia Spaziale Europea ha lanciato la sua missione Exobiology Radiation Assembly per vedere come diversi tipi di spore reagissero alle radiazioni. Come scoperto dall'ESA, le radiazioni solari hanno causato delle fratture nel DNA delle spore, inducendo mutazioni e riducendo significativamente le possibilità di sopravvivenza. Inoltre, tutte le spore che sono state inserite in meteoriti artificiali sono morte, anche se il tasso di sopravvivenza delle stesse spore è aumentato notevolmente quando sono state ricoperte di glucosio, uno zucchero semplice che circola nel flusso sanguigno.

Più o meno nello stesso periodo, i russi hanno lanciato il loro programma BIOPAN, che ha esposto varie sostanze organiche al vuoto dello spazio anche per 17 giorni di seguito. Incredibilmente, i russi hanno scoperto che alcuni batteri, spore, licheni e addirittura un animale (il tardigrado) sono in grado di sopravvivere nello spazio. Questi organismi sono giustamente conosciuti come estremofili, il più famoso dei quali è il tardigrado, anche noto come "orso spaziale."

Pubblicità

***

Gli astrobiologi hanno trovato altri esempi di forme vitali capaci di esistere in luoghi dove nessuno pensava che la vita fosse possibile, anche se in forma meno complessa.

Nel 2013, per esempio, degli scienziati hanno scoperto centinaia di microbi in grado di sopravvivere a 800 metri di profondità sotto il ghiaccio antartico. Capire come queste creature sopravvivano in un ambiente tanto ostile potrebbe aiutare ad ampliare la ricerca della vita in altri mondi sconosciuti, come la luna di Giove, Europa.

Nell'ultimo decennio l'interesse per la panspermia non ha fatto che crescere; ne è prova la missione spaziale EXPOSE, condotta dal 2008 al 2015. Durante l'esperimento, che avrebbe dovuto approssimare le radiazioni su Marte e verificare se semplici forme di vita reggessero tali condizioni, gli astronauti dell'ISS hanno esposto molti diversi tipi di molecole biologiche e microorganismi allo spazio, per circa un anno e mezzo alla volta. La ricerca ha dimostrato che alcuni di questi organismi, come le alghe verdi, sono stati capaci di sopravvivere per più di un anno e mezzo, ben oltre le aspettative dei ricercatori.

Sempre nel 2008, un'analisi dei composti organici trovati nel meteorite Murchison, una grossa roccia spaziale caduta sulla Terra nel 1969, ha suggerito che questi campioni fossero originariamente extraterrestri. Questo significa che molti dei composti organici necessari alla vita erano già presenti nel primo sistema solare, e sono anche sopravvissuti all'ingresso nell'atmosfera terrestre. Questa scoperta è stata ulteriormente corroborata nel 2011 da uno studio Nasa sui meteoriti, che ha ventilato la possibilità che adenina e guanina, mattoni fondamentali del DNA, si siano formati nello spazio.

Pubblicità

Grazie alla tecnologia radiotelescopica in continuo miglioramento, gli astronomi sono riusciti a scoprire la presenza di sostanze organiche nello spazio, a distanze incredibili. Nel 2012, alcuni ricercatori danesi hanno riportato di aver trovato glicolaldeide – lo zucchero più semplice e componente fondamentale dell'RNA – in un sistema stellare a 400 anni luce di distanza. L'anno successivo alcuni ricercatori, usando l'Atacama Large Millimeter Array, una gigantesca rete di radiotelescopi in Cile, hanno trovato una molecola prebiotica chiamata cianometanimina nelle particelle di ghiaccio di una gigantesca nuvola di gas interstellare a circa 25000 anni luce dalla Terra. Questa molecola produce adenina, una delle quattro basi azotate che formano i gradini della scala di DNA.

Tutte queste prove sembrano supportare l'idea che i composti organici necessari alla vita possano essersi generati nello spazio. Ma dato che dobbiamo ancora trovare un qualsiasi microorganismo completamente sviluppato che vaghi per lo spazio, la presenza di queste sostanze organiche non può che portare alla prossima domanda: come sono finite sulla Terra?

Verso la fine del 2014, alcuni scienziati cechi hanno rinforzato l'idea che questi composti organici possano aver scroccato un passaggio sulla Terra da un meteorite quando sono riusciti a formare composti organici complessi come l'uracile e la timina, componenti fondamentali di DNA e RNA, usando sostanze chimiche trovate nei meteoriti e operando in condizioni simili a quello spazio.

Pubblicità

L'anno successivo, l'Agenzia Spaziale Giapponese ha lanciato la missione Tanpopo verso l'ISS. Tanpopo esporrà amminoacidi allo spazio per periodi di uno, due e tre anni. Allo stesso tempo, la missione raccoglierà campioni di polvere cosmica in aerogel per vedere se i microbi possono essere rilevati nelle regioni superiori dell'orbita terrestre bassa (circa 650 km sopra la superficie della Terra).

"Stiano investigando la possibilità di una migrazione interplanetaria di microorganismi," mi ha detto Kensei Kobayashi, il capo ricercatore della missione Tanpopo, all'ultimo convegno NASA sull'astrobiologia. "La polvere cosmica è un vettore di composti chimici molto promettente, ma è esposto direttamente alle radiazioni solari. La nostra ipotesi è che ci siano dei composti extraterrestri che riescono a sopravvivere e ad arrivare sulla Terra grazie alla polvere cosmica."

I ricercatori dell'Agenzia Spaziale Europea si stanno preparando a lanciare l'OREOcube, che sarà collegato alla Stazione Spaziale Internazionale e si concentrerà sull'esporre "sottile strato organico" depositato sul substrato inorganico (tradotto: rocce) allo spazio per vedere come il Sole influisca sull'interazione organico-inorganico. L'obiettivo principale è capire come l'evoluzione fotochimica possa condizionare la sopravvivenza e il trasporto di sostanze organiche attraverso lo spazio. Queste sostanze organiche saranno amminoacidi, basi azotate e idrocarburi policiclici aromatici (IPA), ovvero le componenti fondamentali della vita, che la NASA ha stimato essere associate a più del 20 percento di carbonio nell'universo.

Tutto questo comunque non preclude la molto più banale ipotesi che la vita sia veramente nata sulla Terra. Un recente esperimento all'Accademia Ceca per le Scienze è riuscito a ricreare le quattro basi del DNA in un laboratorio ricreando le condizioni terrestri di 4 miliardi di anni fa, quando al nostro pianeta veniva fatto il culo da asteroidi e meteore.

Anche se la Terra fosse iniziata sulla Terra, la panspermia potrebbe preparare il terreno per la scoperta di vita di extraterrestre nel nostro sistema solare.

"Credo che gli scienziati si stiano finalmente rendendo conto del fatto che gli habitat ospitali siano diffusi in tutto l'universo," ha detto Wickramasinghe. "Se c'è vita da qualche parte, è chiaro che la vita debba essere dovunque. Ci viene detto dagli inevitabili scambi di massa che avvengono tra corpi adiacenti in un arco di tempo astronomico. Riconoscere le nostre origini cosmiche potrebbe finalmente permearci di un senso di unità tra tutte le forme di vita."