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Violenza, ronde di quartiere e paranoia: cosa sta succedendo a Genova

Tra "predoni del treno" e "invasioni di senegalesi," da qualche mese Genova è al centro di storie degrado e allarmismo: abbiamo cercato di capire cosa sta succedendo davvero in città.
Foto di Luca Volpi/Flickr

Poco più di una settimana fa, sul quotidiano genovese Il Secolo XIX, è stata pubblicata la storia di Lino T., un pensionato di 93 anni definito "l'anziano più rapinato di Genova."

"Per convincerlo ad aprire la porta di casa," spiega l'autore dell'articolo, sono serviti "quasi dieci minuti di trattative serrate: «Ho una spranga di ferro in mano»."

Da dicembre a oggi l'uomo avrebbe subito due rapine e un furto. E, terrorizzato, si sarebbe rinserrato nella sua casa di Castelletto.

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Nei giorni scorsi, lo stesso giornale ha riportato la notizia secondo la quale un poliziotto del posto avrebbe deciso di supportare l'anziano nel suo tempo libero facendogli da "scorta."

La psicosi

La storia di Lino T. è indicativa del clima che secondo testimonianze, titoli e sondaggi si starebbe vivendo a Genova in questi ultimi tempi — se non per gli aumentati tassi di criminalità, quanto meno per l'angoscia in cui alcuni abitanti della città sono precipitati.

Stando a un'indagine Confcommercio-Eurisko presentata a novembre, i genovesi si sentirebbero molto meno sicuri sia rispetto agli altri cittadini italiani, sia rispetto a qualche anno fa.

Per il 44 per cento degli abitanti della capoluogo, infatti, la situazione sarebbe decisamente peggiorata, mentre per il 69 per cento degli intervistati la "copertura" delle forze di polizia sarebbe insufficiente — giudizio che trova d'accordo anche parte delle forze armate, visto che proprio ieri - giovedì 21 aprile - il sindacato di polizia SIAP ha organizzato un presidio davanti la questura cittadina "contro l'abbandono del territorio, contro l'abbandono dei commissariati, contro l'abbandono della prevenzione dei reati."

I giornali degli ultimi mesi hanno riportato molte storie simili a quella dell'anziano di Castelletto, spesso inflazionate da titoli particolarmente evocativi: nell'arco di qualche settimana, sono stati pubblicati reportage su una presunta "Fabbrica dei drogati" a Quarto, cronache da un Capodanno "blindato" per via di un rafforzamento temporaneo del servizio di vigilanza, fino a storie di bande di "predoni" a bordo dei treni regionali che transitano per il centro urbano.

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Basta cercare "Escalation violenza Genova" su Google, d'altronde, per accorgersi che il tema, nei media locali e sui social, è piuttosto caldo, tanto da portare il consigliere comunale De Benedictis a chiedere l'invio dell'esercito, e a spingere il presidente regionale Toti (Forza Italia), a chiamare in causa su Facebook direttamente il presidente del Consiglio Renzi.

Sullo stesso social network, peraltro, insieme ad articoli allarmisti di piccoli e grandi media online e bufale virali, hanno continuato a susseguirsi post di sedicenti comitati e osservatori di quartiere, intenti a pubblicare foto e video emblematici del 'degrado' e dell'incuria in cui la città verserebbe.

Si tratta di contenuti che si accompagnano a una certa diffidenza di fondo per immigrati e stranieri in genere: a testimonianza della sensibilità dell'argomento, nel marzo scorso - sempre su Facebook - una foto di un utente che ritraeva una folla di ambulanti di origine africana è diventata virale nell'area cittadina, divenendo una specie di caso editoriale.

L'escalation criminale

Ma cosa dicono i dati? Nel febbraio scorso, l'Università di Genova ha pubblicato un dossier sulla criminalità regionale, il IX rapporto sulla Sicurezza urbana in Liguria, da cui si evince che nell'area urbana di Genova i reati erano in realtà piuttosto stabili (con aumenti del 10 per cento massimo come nel caso dei borseggi), ma con cifre riferite al 2014, le ultimi disponibili.

L'assessore alla legalità Elena Fiorini - con delega a polizia e sicurezza nella giunta di centrosinistra, guidata dal sindaco Doria - aveva infatti rigettato la tesi dell'emergenza criminalità a Genova: "Occorre dire che i dati statistici, rispetto ai quali recentemente ci siamo confrontati con la Prefettura, non danno il quadro di un aumento della criminalità generalizzato a tutta la città."

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Secondo gli ultimi dati disponibili elaborati da Sdi/Ssd, Genova sarebbe la città più sicura in fatto di omicidi, con aumenti medi annui pari all'1 per cento quanto a borseggi e furti.

Da segnalare, inoltre, come dal 2010 al 2014 le denunce in città fossero calate drasticamente.

Chart via Davide Mancino

Media e cittadinanza - nonostante ciò - hanno continuato a spingere sull'acceleratore, provocando più di qualche isteria — ma basandosi comunque su uno scenario effettivamente problematico.

"Piuttosto," spiegava l'assessore, si può parlare di tendenze simili "solo in relazione ad alcune aree specifiche," dove comunque - concludeva - il Comune avrebbe avviato la promozione di "pratiche di autoprotezione."

Così se tutta la città è diventata teatro delle storie più disparate - dalle maxi-risse "da far west" che avrebbero coinvolto 100 latino-americani Sampierdarena, ai turisti denudati e rapinati nei vicoli della città vecchia - il centro del dibattito si è spostato sul quartiere della famigerata via Prè.

Da decenni luogo di scontro politico, via Prè è la strada che si muove più o meno parallelamente al porto antico, percorrendo la città da piazza della Commenda fino a Porta dei Vacca, finendo poi in via del Campo.

Formata da case addossate e vicoli stretti, dagli anni duemila questa strada ha cominciato a ospitare numerose comunità straniere, tanto da essere composta per il 31,6 per cento da residenti nati all'estero.

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Negli ultimi mesi, via Prè è stata lo scenario di quel tipo di storie diventate per molti emblematiche della "presa" della strada da parte delle comunità straniere, citando eventi come le chiusure di botteghe locali a beneficio di quelle etniche, ed epiteti come "via Prè, la strada della droga."

"Prendiamoci via Prè"

Il 28 marzo scorso, lo stesso autore dell'articolo dell'anziano terrorizzato dalle rapine, Tommaso Fregatti, riportava sul Secolo di un presunto report di carabinieri e polizia che confermerebbe quella che dovrebbe essere effettivamente "una percezione empirica" di "paura e degrado," della quale accorgersi anche solo "dopo una semplice passeggiata nella città."

"La mala senegalese sta prendendo campo. Non sono più solo quelli che vendono gli ombrelli agli angoli delle strade," gli avrebbe spiegato un investigatore dell'arma.

Se un tempo il sestiere di Prè è stato avanguardia della criminalità napoletana, per poi diventare territorio di magrebini e pandillas sudamericane, adesso la strada sarebbe infatti finita in mano a spacciatori nigeriani e senegalesi.

"E ora prendiamoci via Prè," esordisce il pezzo, parafrasando ciò che gli africani si sarebbero detti fra loro: "i senegalesi con il crimine sembrano saperci fare, e pian piano si stanno prendendo i vicoli di Genova."

In questi anni, alcuni comitati di quartiere - mossi dalla sequenza di fatti di cronaca e casi del giorno - hanno cominciato a muoversi autonomamente, registrando coi propri smartphone tutte le attività che ritenevano sospette, e spendendo dossier e lettere a forze dell'ordine e procura.

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"Siamo esasperati," aveva segnalato Marco Ravera dell'Osservatorio Prè Gramsci. "Siamo disposti a dare le chiavi di casa nostra alle forze dell'ordine: dalle finestre di casa noi li vediamo tutti i giorni, allo stesso modo le forze dell'ordine potrebbero scoprirli con pochi appostamenti."

Che le forze dell'ordine fossero diventate qualcosa di più che dei tutori nella legge, agli occhi di alcuni genovesi, lo si evince anche dalla sentenza di primo grado a tre e cinque anni - indirizzate proprio mercoledì 20 aprile - nei confronti di alcuni poliziotti del commissariato di piazza Matteotti.

Secondo il Secolo XIX, gli uomini dell'arma - accusati di aver manomesso prove e verbali di alcune operazioni - si sarebbero "specializzati nella caccia agli spacciatori nei vicoli, spesso applauditi come Serpico di quartiere."

"Riprendiamoci via Prè"

"Di italiani coinvolti in questi fatti di violenza, qui da noi, praticamente non ne vediamo mai: quando ne capita uno rimaniamo sorpresi."

A parlare a VICE News è Giuseppe Fanfani, uno dei leader delle 'ronde' dell'Osservatorio Prè Gramsci, che dice essere molto apprezzate dalle stesse forze dell'ordine.

"Loro sono soddisfatti dalla nostra collaborazione, con questo sistema abbiamo dato una bella botta e allo spaccio e alla microcriminalità."

Si tratta "quasi sempre," a sentir loro, "di extracomunitari. Anche perché - specifica convinto - quando la criminalità qui era gestita da calabresi e campani, non c'erano questi fenomeni: regolavano le cose in modo immediato, e i criminali non ci venivano a dare fastidio."

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"Qui nel quartiere di Prè il crimine è principalmente senegalese," continua, "ed è legato allo spaccio e alla contraffazione."

Fanfani - che è figlio del più noto Amintore, tra i leader storici della Democrazia Cristiana - insieme ai suoi ha mandato più di una report alle autorità: si muovono a decine, per pattugliare autonomamente la zona, ma quando gli chiediamo quanti di loro si occupano di questa attività, ci spiega che è un'informazione che non può condividere.

"Siamo un folto numero di abitanti che collaborano, con un paio di chat dedicate. In azione ce ne sono sempre non meno di dieci, tendenzialmente una cinquantina, ognuno segue la propria zona, la propria piazza."

"Alcuni di noi, dotati di smartphone di ultima generazione, pattugliano il quartiere praticamente tutto il giorno, riprendono situazioni equivoche o anche gli spacciatori, girano mail alle forze dell'ordine che a volte intervengono in diretta — perché contattiamo i telefoni delle persone giuste. 'Teneteci informati', ci dicono, 'così mandiamo una pattuglia subito sul posto'."

Quanto a via Prè, Fanfani sostiene di aver visto mutare il quartiere radicalmente nel corso di poco tempo. "Monitoro il centro storico dal 2010: di magrebini nella zona praticamente non ce ne sono più, e i sudamericani hanno subito dal 2010 al 2012 una massiccia offensiva di controllo da parte delle forze dell'ordine, supportati dai nostri comitati, che li ha costretti a spostarsi su Sampierdarena. Quella è un'altra etnia che è fastidiosa, perché ha il vizio di ubriacarsi con regolarità…"

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Se da un lato, quindi, ci sono accuse contro poliziotti che rischiano di essere condannati in via definitiva per falso e calunnia, dall'altro ci sono cittadini che si muovono in autonomia, privi di qualsiasi controllo, che continuano a segnalare alle autorità qualsiasi cosa li insospettisca.

Leggi anche: Come l'ossessione per il 'decoro urbano' è diventata una crociata contro il kebab in Italia

"Prè è un quartiere complesso e fragile: accanto a persone dedite allo spaccio lavorano giovani commercianti che gestiscono attività che coniugano la tradizione ligure con la vendita on line," spiega a VICE News Giacomo, coordinatore dell'Associazine La Staffetta, un centro di aggregazione infantile e giovanile impegnato nel sostegno scolastico e nell'inclusione dei bambini del quartiere, e che da anni collabora con Libera in attività di finalizzate alla formazione della legalità.

La città gli pare cambiata, in un qualche modo difficile da spiegare e analizzare compiutamente. "Genova fa molta fatica a trovare una nuova identità, dopo la chiusura delle grandi fabbriche e vive con l'incubo delle alluvioni."

"Gli abitanti di Prè, comunque, dialogano costantemente con le istituzioni per il presidio della legalità, tanto che la nostra attività specifica non è cambiata praticamente in nessun modo — i bambini sono superiori alle tensioni dei grandi conclude. "Ma sicuramente - conclude - nessuno qui è precipitato nel panico."


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Foto di Luca Volpi/Flickr rilasciata su licenza Creative Commons