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Cinque cose da sapere sul 'Decreto Dignità'

Cosa c'è dentro, e perché non piace praticamente a nessuno.
Vincenzo Ligresti
Milan, IT
Immagine via Facebook.

Nella serata di lunedì 2 luglio è stato approvato dal consiglio dei Ministri ciò che Luigi Di Maio aveva annunciato qualche settimana fa dallo studio di Rtl: il "decreto dignità." Si tratta di un provvedimento molto sentito dal ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico, soprattutto perché riguarda la revisione del Jobs Act, uno dei suoi cavalli di battagli in campagna elettorale.

Nello specifico, il decreto dignità è un decreto legge: ovvero un un provvedimento—che a differenza di un semplice decreto legislativo—viene definito “urgente,” ha una validità di 60 giorni e che il Parlamento può eventualmente convertire in legge.

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Sull’approvazione del provvedimento, i maggiori media italiani hanno riportato una frase che Di Maio ha ribadito sia su una diretta Facebook che ai giornalisti: “È la Waterloo del precariato”—sintetizzando così le parti del decreto che vanno a modificare i rapporti di lavoro a tempo determinato.

In ogni caso, si sa che la riunione dei ministri per approvare le otto pagine del decreto è stata piuttosto convulsa, soprattutto perché alcuni provvedimenti non sarebbero piaciuti all’elettorato leghista (soprattutto la riduzione del tempo massimo del contratto a tempo determinato) e avrebbero potuto creare qualche problema a Matteo Salvini. Tanto che al momento della votazione il segretario leghista non era presente, ma a festeggiare al Palio di Siena da dove non ha twittato nulla a proposito del decreto dignità.

Ieri, però, entrambi i vice premier si sono espressi nelle consuete ospitate tv: Di Maio ad Agorà ha sottolineato il suo personale successo e che il prossimo passo sarà “il taglio alle pensioni d’oro”; mentre Salvini a In Onda ha dichiarato che è “d’accordo con gran parte del contenuto,” avrebbe aggiunto qualcosa (i voucher?), e probabilmente questo qualcosa verrà aggiunto in Parlamento.

Ma vediamo qui di seguito i cinque punti salienti del decreto dignità.

LE MODIFICHE AI CONTRATTI A TEMPO DETERMINATO

Il decreto riduce la durata massima consentita del contratto a tempo: passa da 36 a 24 mesi. Se però il contratto a tempo supera la durata massima standard di 12 mesi, il datore di lavoro dovrà sempre redigere una causale: ovvero una sorta di giustificazione, che può essere validata solo a determinate condizioni (una sostituzione momentanea di personale assente, un aumento imprevisto della produzione, etc.).

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L'INDENNITA IN CASO DI LICENZIAMENTO ILLEGITTIMO E I VINCOLI PER LE AGENZIE INTERINALI

Per quanto riguarda, invece, licenziamento illegittimo, il decreto aumenta l’indennità minima da 4 a 6 mensilità, mentre la massima da 24 a 36 mensilità.

Il decreto, poi, aumenta i vincoli che devono rispettare le agenzie interinali che offrono “lavoro a somministrazione” (ovvero il prestito a tempo di un lavoratore a un'azienda). In pratica: le agenzie per il lavoro potranno avere fino al massimo del 20% di assunti con contratti a termine.

IL DIVIETO DI PUBBLICIZZARE IL GIOCO D'AZZARDO

Esclusi i contratti già in corso e la Lotteria Italia, il decreto vieta la pubblicità del gioco d’azzardo per ridurre il fenomeno della ludopatia. Anche questo era un punto su cui Di Maio si era speso parecchio nei mesi scorsi.

LE MISURE PER DISINCENTIVARE LE DELOCALIZZAZIONI

Per chi trasferisce la propria azienda all'estero prima che siano passati cinque anni dal momento in cui ha ricevuto un qualunque tipo sostegno dallo Stato, il decreto prevede che dovrà restituire l’importo ricevuto + interessi.

LE SEMPLIFICAZIONI PER LE IMPRESE

Il decreto, infine, introduce una serie di misure volte a semplificare la vita alle imprese - misure che, con ogni evidenza, sono state il prezzo da pagare perché la Lega desse il suo via libera.

Per i liberi professionisti, ad esempio, si abolisce lo “split-payment”—la norma che prevede che le Pubbliche Amministrazioni versino direttamente l’IVA allo Stato e non al fornitore (che a sua volta avrebbe dovuto poi versarla allo Stato).

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La scadenza per la presentazione dello "spesometro" (che Il Post definisce "l'obbligo da parte di imprese e lavoratori autonomi di comunicare ogni tre mesi le fatture emesse sopra un certo importo, per ridurre l'evasione fiscale") è invece rimandata a febbraio 2019.

Il decreto è stato accolto davvero con poco entusiasmo dai sindacati Cgil, Cisl e Uil, secondo “cui manca di coraggio nell’affrontare, attraverso un intervento organico, un profondo ridisegno delle regole del mercato del lavoro.”

Altre critiche si concentrano sul fatto che il decreto aumenti i costi dei contratti a tempo determinato, ma non presenti alcuni incentivi per trasformarli in indeterminati. Ad esempio, in una nota di Confindustria si legge che “le nuove regole saranno poco utili rispetto all'obiettivo dichiarato," in quanto “il risultato sarà di avere meno lavoro, non meno precarietà.”

Secondo l'ex primo Ministro Paolo Gentiloni, poi, introdurebbe "soltanto ostacoli per lavoro e investimenti." Per Matteo Renzi, "Si potrebbe chiamarlo 'decreto disoccupazione, 'decreto lavoro in nero' o 'decreto gelosia'". Mentre per il il direttore de Il Giornale Sallusti, il provvedimento sarebbe la prova che, "nella sua rincorsa a contrastare l'ascesa di Matteo Salvini", "Luigi Di Maio sta spostando il baricentro del governo sempre più a sinistra. Ma una sinistra ideologica e veterocomunista, ben oltre il Pd".

A tal proposito, proprio poche ore fa all'assemblea delle imprese assicurative dell'Ania, Matteo Salvini ha dichiarato ancora una volta—visto che il malcontento nella Lega avanza—che "il provvedimento è un buon inizio, ma il Parlamento lo renderà ancora più efficiente". Di Maio, però, ha subito puntualizzato che non dovranno avvenire "modifiche in Aula che annacquano" il provvedimento.