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Honduras

Una notte con un giornalista di cronaca nera nella città più pericolosa del mondo

Le gang di San Pedro Sula, in Honduras, ormai uccidono in totale impunità: abbiamo accompagnato il cronista Orlin Castro in un flusso quasi ininterrotto di omicidi.
Photo d'Edu Ponces

"Due Romeo Bravo all'uscita autostradale Lima, East Boulevard," gracchia il walkie-talkie. "Due Romeo Bravo."

Olrin Castro controlla il suo Blackberry e inizia a fare telefonate, mentre guida a tutta velocità per le strade di San Pedro Sula, in Honduras, verso la scena del crimine. Sono le 4:20 del pomeriggio, e il suo turno come giornalista nella città più sanguinosa del paese è appena iniziato.

"Una coppia è stata uccisa mentre usciva da un negozio di vestiti, stiamo andando a vedere," mi racconta Orlin, che lavora come reporter per Canal 6, mentre preme il piede sull'acceleratore.

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"Via walkie-talkie, chiamiamo le vittime Romeo Bravo, o pingüino," cioè un pinguino, spiega Orlin. "Dalle quattro del pomeriggio alle dieci del mattino — è in questo periodo che avvengono gran parte degli assassinii."

Parcheggiamo davanti a un Pizza Hut, su uno dei viali più larghi della città, mentre gli agenti di polizia ispezionano un pick-up argentato della Toyota abbandonato in mezzo alla strada. Il furgoncino sembra uno scolapasta, costellato da decine di buchi di proiettile. All'interno, la polizia trova un uomo e una ragazza minorenne.

San Pedro Sula è risultata, per il terzo anno consecutivo, la città più violenta del mondo escluse le zone di guerra.

Orlin raccoglie immediatamente alcune informazioni: l'uomo ammazzato ha precedenti penali, la giovane donna era la sua amante. Le vittime sono cadute in un'imboscata condotta da sue sicari, che hanno sparato contro entrambi i lati della macchina con i fucili d'assalto. Senza dubbio, si è trattata di un'esecuzione.

"Per la droga," ha detto Orlin. "È per questo che uccidono."

Sulla scena del crimine, una volta rimossi i corpi, gli investigatori della polizia scientifica trovano 84 bossoli. Il corpo dell'autista è ridotto a brandelli. Almeno 300 curiosi circondano la zona. Bambini e adolescenti scattano foto con i cellulari, mentre la polizia è impegnata a spostare le proprie macchine per cercare di ostacolare la visuale degli spettatori.

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Chiedo se è normale che un crimine di questo tipo sia stato compiuto su una strada così trafficata, in pieno giorno. "Sì," mi risponde Orlin mentre estrae il microfono e comincia a preparare il servizio. "È normale."

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La polizia scientifica al lavoro sulla scena del crimine a San Pedro Sula, dove una persona è stata uccisa con più di 30 colpi di fucile. (Foto di Edu Ponces)

Orlin Castro lavora come giornalista di cronaca nera da quando ha 18 anni. Ha ottenuto il suo primo permesso lavorativo a 13 anni, ora ne ha 26. "Lavoravo mezza giornata, e poi ero impiegato part-time come cameraman," racconta.

Ora invece lavora davanti alla telecamera, durante il turno di notte dalle 16 alle 8 del mattino, insieme al suo cameraman Javier — che è ancora più giovane di lui.

Per il terzo anno consecutivo San Pedro Sula, la seconda città dell'Honduras, è la città più violenta del mondo al di fuori delle zone di guerra.

Stando al Consiglio Cittadino per la Sicurezza Pubblica e la Giustizia Criminale, una ONG con sede in Messico, nel 2013 l'Honduras ha raggiunto un tasso di 187 morti per omicidio ogni 100.000 abitanti. Un tasso di violenza ancora più alto che a Caracas, in Venezuela (134), e Acapulco, in Messico (113).

Nel 2013 qui sono avvenuti 1.411 omicidi, e la città conta soli 800.000 abitanti. l giornalismo è diventata una delle professioni più pericolose in Honduras. Dal 2003, nel paese sono stati uccisi 47 giornalisti o dirigenti.

(Foto di Edu Ponces)

"In questa città ci aspettiamo una morte all'ora," dice Orlin. "Va sempre così. Durante un mio turno vengono compiuti almeno quattro o cinque [omicidi]."

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"Il fine settimana le cose peggiorano," ha detto.

La violenza a San Pedro Sula e in tutto il paese è una conseguenza dei problemi 'tipici' dell'America Latina: povertà, impunità, corruzione di governo e polizia. In Honduras, il 67,8 per cento della popolazione vive sotto la soglia di povertà, mentre una piccola minoranza accumula la maggior parte della ricchezza del paese.

Il ciclo di migrazioni, incarcerazioni ed espulsioni continua ancora oggi.

Si stima che meno del 20 per cento di crimini commessi nel paese siano oggetto di indagine, il che significa che i criminali possono uccidere senza preoccuparsi del rischio di finire in carcere. Per complicare le cose, la violenza si è intensificata nel 2009, quando l'élite e l'esercito si sono alleati per organizzare un colpo di stato militare contro l'allora presidente Manuel Zelaya. Sono seguiti mesi di proteste, e gli omicidi sono aumentati fino a raggiungere un picco storico nel 2011.

Molti degli omicidi che affliggono il paese sono compiuti dalla gang Mara Salvatrucha e dai loro storici rivali del Barrio 18. La gang dei Maras è stata fondata a Los Angeles negli anni Ottanta da alcuni salvadoregni, emigrati negli Stati Uniti durante la guerra civile che ha colpito il loro paese.

I cittadini dell'Honduras e del Guatemala si sono uniti alle gang, formando gruppi e sottogruppi semi-autonomi che fanno parte della stessa rete. Molti dei membri sono stati catturati e imprigionati, poi espulsi e rimandati nei paesi di origine, essenzialmente esportando le gang in America Centrale. Il ciclo di migrazioni, incarcerazioni ed espulsioni continua ancora oggi.

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In Honduras, Guatemala ed El Salvador le gang sono molto potenti, e la maggioranza dei loro leader opera dall'interno delle prigioni locali.

"Gran parte delle morti violente sono dovute al conflitto tra [Barrio] 18 e MS-13, e le persone che lavorano come spacciatori," ha detto Orlin. "Seguono gli attacchi sugli autobus. Ne accadono molti. Uccidono l'autista e l'inserviente per l'impuesto de guerra,"—la tassa sulla guerra.

A ottobre 2012, Mara Salvatrucha è stata la prima gang dichiarata un'organizzazione criminale internazionale dal Dipartimento del Tesoro americano per il suo coinvolgimento in traffici di droga, prostituzione e traffico di esseri umani. Per le strade, tuttavia, il problema che più degli altri affligge la popolazione media dell'Honduras è l'estorsione, o la riscossione della "tassa sulla guerra."

Se hai un'attività, se sei un uomo d'affari, devi pagare una percentuale ai Maras così non ti faranno del male," spiega Orlin. "Se non paghi, uccidono uno dei tuoi impiegati, o entrano nella tua attività e ti ammazzano."

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Orlin Castro, che fa il giornalista da quando ha 18 anni, si prepara per la diretta. (Foto di Edu Ponces)

Ci fermiamo a mangiare qualcosa in un fast food della catena Denny's. Appena seduti, Orlin abbassa il volume del walkie-talkie, che trasmette a intermittenza le comunicazioni intercettate dalle frequenze della polizia. Gli chiedo se è legale.

"Ah, questa radio è sulla frequenza della polizia. Tutti i giornalisti che la usano hanno un permesso speciale. Il mio l'ho ottenuto nove anni fa," dice Orlin. "La usiamo per lavorare. Però ci sono persone che intercettano la polizia per commettere crimini."

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Il gergo utilizzato è peculiare: "Ad esempio i ranghi degli ufficiali—un capo della polizia è un Sierra Azteca, poi c'è il commissario, detto Bravo Primero, mentre un Whiskey Yankee è un normale agente che non ha alcun rango," spiega.

"Un Ottavo è un membro della gang 18, mentre un Metro Serra fa parte di MS-13," aggiunge Orlin. "A volte anche le gang usano i walkie-talkie, e anche loro usano dei codici. Per esempio, l'esercito lo chiamano ranitas [piccole rane], mentre i poliziotti che girano nei camion la chiamano Pokemon."

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Verso le 22, quando stiamo per finire i nostri hamburger, sentiamo un nuovo crimine—questa volta in un quartiere chiamato Rivera Hernández, uno dei più pericolosi della città. Abbiamo pagato il conto e ce ne siamo andati immediatamente.

Orlin spiega che il quartiere è pericoloso non solo perché vi operano le gang Mara Salvatrucha e i Barrio 18, ma anche perché è frequentato da altre sei gang—e tutte si fanno la guerra tra di loro. Ha appena smesso di piovere, le strade sono poco illuminate, gran parte delle sterrate si è trasformata in pozzanghere.

Spegniamo i fari della macchina, e Orlin tira fuori una pistola carica da sotto al sedile. Gli chiedo se l'abbia mai dovuta usare.

"Sì. Ma non ho il coraggio di uccidere nessuno. E non voglio nemmeno," dice Orlin. "È solo una precauzione, ma la tengo nascosta perché sono un giornalista. Quando esco [dalla macchina], non la porto con me."

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"Una volta [i membri delle gang] mi stavano inseguendo, e hanno iniziato a spararmi. Sono andato a sbattere con la macchina. Ho dovuto iniziare a correre," racconta Orlin. "Volevano uccidermi perché ho fatto un servizio sulla gang. Non ero armato, ma se avessi avuto una pistola, avrei potuto almeno sparare un colpo per tenerli lontano per un po'."

Orlin nota che indosso un paio di scarpe Nike Cortez, e mi suggerisce di toglierle. Mi spiega che quelle scarpe le indossano solo i membri della gang Barrio 18.

Parcheggiamo la macchina e ci dirigiamo a piedi lungo una stradina sterrata, finché non troviamo due poliziotti in piedi nell'oscurità, completamente soli.

Diversamente dalle altre scene del crimine che abbiamo visitato, qui non ci sono giornalisti.

"Qui ci sono molte più zone a cui i giornalisti non si avvicinano nemmeno," dice Orlin. "Diverse testate hanno smesso di far uscire i loro giornalisti di notte e nelle prime ore del giorno a causa dei rischi che si corrono."

Javier, il cameraman di Orlin, accende una torcia, illuminando il corpo di un giovane disteso a faccia in giù nel fango, con le mani e i piedi legati. Secondo la polizia i responsabili sono i Tercereños, una delle gang che operano nella zona.

(Foto di Edu Ponces)

Il giorno seguente, facciamo visita a un dottore di nome Héctor Hernández, direttore dell'obitorio di San Pedro Sula.

"Spesso troviamo le persone in buste di plastica, di solito con una corda intorno al collo, con le mani e i piedi legati dietro la schiena. È il famoso garrobo," dice Hernandez, facendo riferimento alla scena che abbiamo visto nel barrio Rivera Hernández.

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Il dottore ci spiega che, proprio come il corpo che abbiamo visto, i cadaveri spesso rimangono ore abbandonati sulle scene del crimine. Sei tre furgoncini della polizia assegnati alla raccolta dei corpi, infatti, ne funziona solo uno.

"Ci sono corpi che devono aspettare più di sei ore per essere raccolti," dice Hernandez. "Il furgoncino non è refrigerato, e San Pedro Sula è una città molto calda. Se passiamo troppo tempo con i corpi nel furgone, iniziano a decomporsi."

Gli chiedo quale sia l'aspetto della vittima 'media'. "In genere, quando si tratta di un omicidio in cui sono coinvolti dei sicari, o quando la persona era coinvolta in qualche tipo di crimine, generalmente sono stati esplosi più di cinque colpi—cinque fori d'entrata, cinque d'uscita. Ma abbiamo contato fino a 74 ferite da arma da fuoco su un solo corpo."

'Immagina: a ogni scena del crimine di solito ci sono dei bambini che guardano. Quando compiono 13 anni, non ne sono più turbati.'

Le difficoltà che deve affrontare la polizia scientifica di San Pedro Sula sembrano enormi, non solo in termini di equipaggiamento, ma anche di personale. Il dottore ci spiega che le norme internazionali in genere prevedono due autopsie nell'arco di 24 ore. A San Pedro Sula, un dottore arriva a fare quattro autopsie in sei ore.

Un fenomeno simile si riscontra con i corpi. L'ospedale Mario Catarino Rivas è l'unico nosocomio pubblico della città, e ogni notte i dottori e i giovani praticanti vengono sopraffatti dal flusso di decine di persone ferite, a causa di incidenti o dei crimini avvenuti nella notte. I pazienti o i loro famigliari devono comprarsi da soli gli anestetici, e a volte anche il filo chirurgico per suturare le ferite.

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Nonostante gli sforzi enormi compiuti dai medici e dai praticanti, molti dei feriti non lasciano l'ospedale da vivi.

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(Foto di Edu Ponces)

Il giorno seguente incontriamo di nuovo Orlin nella piazza principale di San Pedro. Prima di entrare in macchina, Orlin vede che indosso un paio di scarpe Nike Cortez, e mi suggerisce di toglierle. Quelle scarpe le indossano solo i membri della gang Barrio 18, spiega.

Dopo essermi cambiato le scarpe, ci avviamo. Dopo qualche minuto il walkie-talkie 'intercetta' un altro omicidio. Intorno alle 21 raggiungiamo un quartiere borghese, Colonia Universidad, dove troviamo una Toyota FJ Cruiser grigia schiantata contro un palo all'angolo della strada.

L'autista è stato ucciso, colpito da almeno 20 proiettili di un fucile d'assalto mentre si trovava alla guida. I sicari, spiega la polizia, viaggiavano a bordo di Mazda di lusso.

Un furgoncino di Canal 6 arriva sulla scena per permettere a Orlin di iniziare la diretta. Il reporter prende il microfono e inizia a parlare davanti alla telecamera.

"La maggior parte dei conflitti avvengono tra gang rivali, ma ora le gang sono coinvolte anche nel traffico di droga," mi spiega dopo il collegamento. "Quindi ora c'è una guerra per il territorio, ma soprattuto di [Mara Salvatrucha] 13 contro i trafficanti di Sinaloa e di Michoacan [due stati messicani] presenti a San Pedro Sula."

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Il crimine che ha appena avuto luogo non è la tipica esecuzione tra membri delle gang - che generalmente avvengono nei quartieri più pericolosi della città - come quelle che avevamo visto nei giorni precedenti.

Le caratteristiche di questo omicidio sembravano puntare tutte al crimine organizzato, a un rendimento di conti tra trafficanti di droga, probabilmente honduregni, che lavorano per uno dei cartelli messicani. Secondo Orlin, questo genere di crimini sono aumentati negli ultimi mesi. Il reporter è intrigato particolarmente da Servando Gómez, noto come "La Tuta," leader del cartello dei Cavalieri Templari del Michoacan, in Messico. Ha chiesto di lui più di una volta.

L'Honduras è situato strategicamente tra la Colombia e il Messico, lunga la rotta del traffico di cocaina diretto verso gli Stati Uniti. Sembra che i cartelli messicani stiano iniziando a mettere in discussione la piazza di spaccio, con conseguenze simili a quelle che abbiamo visto in città come Ciudad Juarez, nello stato di Chihuahua, nel nord del Messico.

"Alcune persone di sono abituate, ma ce ne sono anche molte che vivono con i traumi," ha detto Orlin. "Immagina. A ogni scena del crimine di solito ci sono dei bambini che guardano… Quando compiono 13 anni, non ne sono più turbati. Quindi anche a loro sembra più facile farlo."

"Ma perché questi bambini se ne vanno in giro per strada? Perché qualcuno ha ucciso i loro genitori, o [i loro genitori] sono emigrati negli Stati Uniti," dice Orlin. "In gran parte delle zone più vulnerabili, i bambini non possono andare a scuola perché non hanno modo di arrivarci."

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(Foto di Edu Ponces)

Questa è esattamente la situazione che l'anno scorso ha causato un aumento del numero di minori che cercano di scappare negli Stati Uniti.

L'immigrazione illegale di honduregni è aumentata del 500 per cento dal 2010, e San Pedro Sula e le aree circostanti sono le zone da cui partono gran parte dei 'rifugiati' dell'Honduras.

Per spiegare la situazione che devono affrontare questi bambini, Orlin mi racconta un caso raccapricciante di cui si è occupato a maggio del 2013, quando in un solo quartiere, i in sei giorni, sono stati uccisi otto bambini.

"Alcuni bambini sono emigrati da un settore controllato da MS-13 al territorio di [Barrio] 18. "Un bambino di nove anni è rimasto invischiato nella [cricca della] gang Mara. Una volta che il bambino ha capito quanto le cose fossero serie, ha deciso di uscirne. Un giorno, il ragazzino è stato catturato con altri due bambini, messo su un camion e gettato nelle fogne."

"E siamo a tre bambini morti," racconta Orlin, mentre prosegue con la sua storia. "Il giorno dopo, il fratellino del bambino morto lo è andato a cercare con un altro ragazzino. Lo hanno ucciso, avvolto in un lenzuolo e scaricato quasi nello stesso punto."

"E siamo a cinque," prosegue Orlin. "Altri due bambini che hanno visto cosa era successo sono stati uccisi tre giorni dopo. E sono sette."

"Visto che il Barrio 18 voleva far credere di non aver ucciso i bambini, ne hanno trovato un altro, lo hanno ucciso, e gli hanno messo addosso un cartello che diceva che il bambino ne aveva uccisi altri sette," aggiunge Orlin.

"Ecco quello che il governo dell'Honduras vuole nascondere," dice ancora Orlin, mentre il cielo inizia ad albeggiare. Siamo tornati al nostro albergo nella piazza centrale di San Pedro Sula. Prima di salutarci, ho chiesto al giornalista se crede che ci sia una soluzione alla violenza nel suo paese.

"Dio è l'unico che può porre fine a tutto questo," conclude. "Prima Dio, poi il lavoro e lo sforzo di coloro che sono responsabili della sicurezza."


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