Sottomarini russi, ancore e squali: la nuova Guerra Fredda si combatte per la fibra ottica
Immagine: Submarine Cable Map 2017

FYI.

This story is over 5 years old.

Tecnologia

Sottomarini russi, ancore e squali: la nuova Guerra Fredda si combatte per la fibra ottica

"Le tue email, quello che ordini su Amazon, l'online banking, tutto è fatto attraverso cavi sottomarini e non dai satelliti.”

Diciassette ore e quaranta minuti, un cavo di 3.000 chilometri e due navi. È quanto servì al primo telegramma intercontinentale della storia — il 16 agosto 1858 — per arrivare da Londra a Washington.

Oggi i saluti della Regina Vittoria al presidente degli Stati Uniti Buchanan arriverebbero in un attimo, ma con la stessa tecnologia: tubi sott'acqua. Il 97% delle comunicazioni globali, infatti, viaggia ancora così. “Le tue email, quello che ordini su Amazon, l'online banking, tutto è fatto attraverso cavi sottomarini e non dai satelliti”, ha detto di recente Peter Roberts del think-tank inglese Royal United Service Institute.

Pubblicità

Ed è proprio così: 11.000 istituti finanziari nel mondo si scambiano ogni giorno 15 milioni di transazioni utilizzando questi cavi che fanno circolare, in una giornata, 10 trilioni di dollari in movimenti online. “Pensiamo alle comunicazioni internet come qualcosa interamente 'cloud', e invece è quasi tutto materiale, e sta in fondo al mare,” ha detto il parlamentare britannico Rishi Sunak a Motherboard. Una tecnologia “indispensabile e non sicura," come spiegato da Sunak in un suo report.

“Pensiamo alle comunicazioni internet come qualcosa interamente 'cloud', e invece è quasi tutto materiale, e sta in fondo al mare."

A preoccupare analisti ed esperti sono “squali, ancore e terremoti,” che causano ogni anno circa 150 incidenti con il rischio di lasciare tutti offline. È già successo nel 2006, quando un terremoto nello stretto di Luzon isolò parte della zona, facendo saltare per giorni l'intero segnale del più grande operatore telefonico di Taiwan. È successo anche di recente in Somalia, quando nel luglio scorso il danneggiamento di un cavo sottomarino ha lasciato l'intero Paese senza internet per tre settimane. In quel caso a provocare l'incidente era stata una nave commerciale.

Ma qui non si parla solo di broker di Hong Kong e di operatori umanitari a Mogadiscio. Se salta un cavo restano a terra anche i droni militari del Pentagono. Il 95% delle comunicazioni militari americane si appoggia infatti a network di cablaggio di uso commerciale, lo ha detto il CEO di Verizon. Il 19 dicembre del 2008 — nelle acque tra Italia ed Egitto — in un incidente vengono recisi 3 dei più grandi cavi che collegano Europa e Medio Oriente. Cavi che, si legge in un report, “sono i maggiori strumenti dell'intera connettività globale del Pentagono”. Tradotto, il 60% delle comunicazioni militari e commerciali con il Golfo salta all'improvviso, la base Usa di Balad, in Iraq, riduce le operazioni di volo al minimo e i Global Hawk in combattimento passano da “centinaia al giorno” a “decine”. Ok, e chi è stato?

Pubblicità

Se ci va di mezzo la tenuta del Defense Information Systems Agency, è difficile resistere alla tentazione di rievocare un classico da Guerra Fredda: la paranoia da sabotaggio. Chi ha rovinato il secondo giorno alla direzione del DISA al generale Carroll Pollett? Chi sapeva che i droni Usa hanno bisogno di 500 Mbps di banda per essere pilotati in remoto? E chi ha messo a repentaglio le comunicazioni mentre in Iraq erano di stanza 200.000 tra soldati Usa e britannici? Se pensate ad un paio di ancore finite per errore sui cavi, avete già risolto il caso. Se state pensando ai russi, siete in ottima compagnia. “L'attività sottomarina russa è ai suoi massimi livelli dai tempi della Guerra Fredda,” ha detto a Motherboard Oana Lungescu, portavoce della Nato.

Il Capo delle forze armate britanniche e prossimo comandante del Comitato Militare della Nato Sir Stuart Peach nel suo discorso di fine anno ha citato avvistamenti sospetti e ha parlato di minaccia russa. “C'è un nuovo rischio per il nostro stile di vita, ed è la vulnerabilità dei cavi che attraversano i fondali.” Che la Russia stia progettando di lasciare mezza Europa offline è convinto anche Rishi Sunak, che a Motherboard dice che Mosca “ha chiaramente le capacità per farlo”, e la prova starebbe nei tanti esempi di “aggressione marittima nell'Atlantico degli ultimi anni." Nel suo report Sunak dedica un intero capitolo alla questione, mettendo in fila una lista di incontri ravvicinati tra sottomarini russi e radar dell'Alleanza Atlantica.

Al largo della Svezia nel 2014, Scozia e Finlandia nel 2015, e di recente nel GIUK – acronimo che sta per Groenlandia, Islanda e Regno Unito – che fa parte di quelle “acque dimenticate” tra le più pattugliate ai tempi della Guerra Fredda, e che rappresenta l'unica via di accesso all'Atlantico per tutti i Paesi a est del Regno Unito. Per rafforzare i pattugliamenti in una zona così strategica, nel budget della difesa americana per il 2018 c'è una voce da 14,4 milioni di dollari per ristrutturare gli hangar della base di Keflavik, e farci entrare Boeing P8-Poseidon specializzati nel localizzare sottomarini.

Intanto c'è chi propone una rete di “dark cables” nascosti e difficilmente localizzabili — idea di James Stavridis, ex comandante NATO in Europa — e chi si preoccupa “tutti i giorni per quello che potrebbero fare i russi”, come nel caso dell'Ammiraglio della Us Navy Frederick Roegge. La Nato pensa a “più esercitazioni navali, e pianifica un nuovo Comando Atlantico per mettere al sicuro le linee marittime tra Europa e Nord America”, come detto a Motherboard dalla portavoce dell'Alleanza Oana Lungescu. I 300 marines di stanza in Norvegia invece, sono stati avvisati: si prospetta una “bigass fight”. “Spero di sbagliarmi, ma una grande guerra è in arrivo”, ha detto loro prima di Natale il comandante dei Marines, il generale Robert Neller. Poi ha corretto il tiro. “Li stavo solo motivando”.