Sabato, più di 300 persone—tra cui molti giovani in completo e tagli alla moda—si sono ritrovati al Ronald Reagan Building and International Trade Center per la conferenza Become Who We Are 2016 del National Policy Institute (NPI). Questo think tank dal nome generico è il braccio “elegante” dell’alt right, un movimento identitario che ha acquisito crescente popolarità e attenzione mediatica con l’ascesa di Donald Trump.
L’alt right si distingue dai conservatori che hanno controllato per decenni il Partito Repubblicano, ma è tutt’altro che un movimento organizzato. Al suo interno militano troll di internet, sostenitori del suprematismo bianco, teorici del razzismo scientifico e nichilisti, accomunati dalla critica aperta del politically correct. L’alt right sostiene le idee di Trump in materia di immigrazione e lotta all’Islam radicale. Ma sul lungo termine sogna di stabilire uno stato etnico riservato ai bianchi degli Stati Uniti.
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La fotografa Lexey Swall e l’editor di VICE Wilbert L. Cooper hanno seguito gli incontri di sabato, dove in molti hanno dato voce a pensieri ed espressioni finora relegate per lo più a message board e blog anonimi, e alcuni si sono prodotti nel saluto nazista.
Questi sono i volti e le parole di alcuni dei presenti:
A Richard Spencer, fondatore del NPI, è attribuita la creazione del termine “alt-right”. Quello qui riportato è un estratto dal suo intervento:
Siamo messi di fronte a una scelta, combattere o scappare, partecipare o morire, resistere o sottometterci. Questa, oggi, è la situazione dei bianchi. Due settimane fa potevo pensare che l’elezione di Trump avrebbe magari alleviato la pressione sugli americani bianchi. Ma oggi è chiaro che questa elezione ha solo intensificato la campagna di odio e isteria nei nostri confronti.
In quanto europei, siamo al centro della storia. Come diceva Hegel, siamo la storia. Nessuno piange i gravi crimini commessi contro di noi. Per noi, l’alternativa è questa: conquistare o morire. L’uomo bianco ha questo fardello, che è solo suo: il nostro destino è completamente nelle nostre mani. E ha senso perché dentro di noi, nel sangue che scorre nelle nostre vene, come figli del sole, c’è un potenziale: quello di essere grandi. Questo è l’enorme sacrificio a cui siamo chiamati. Non siamo fatti per vivere nella vergogna, nella debolezza e nella disgrazia. Non siamo fatti per implorare una legittimazione morale da alcune delle creature più spregevoli tra quelle che hanno abitato il pianeta nel corso della sua storia. Siamo fatti per trionfare su di loro perché è ciò che è normale e naturale. Per noi, in quanto europei, normale significa tornare a essere grandi. A Trump! A noi! Alla vittoria!
Al Stankard ha 29 anni e viene dal nord est degli Stati Uniti. Online si fa chiamare Harlem Venison:
Non mi definirei un nazionalista bianco. Ma, per come la vedo io, l’antirazzismo è un qualcosa di distopico che prima ha permesso di dubitare dell’idea che esistano differenze razziali e poi si è trasformato in un dogma soffocante con un suo capro espiatorio; questo capro espiatorio è rappresentato dai bianchi e da chi viene chiamato razzista. L’antirazzismo non è nocivo solo per i bianchi, ma per tutti. Non mi definisco nemmeno un suprematista bianco. Né mi vedo più intelligente di altri. Non sono un WASP o che. Per certi versi, mi vedo più come una persona di colore. Ma sono convinto che ci siano frequenze diverse di tratti diversi in popolazioni diverse. Penso che questo dogma che ci vuole tutti uguali non faccia bene a nessuno.
Questo sostenitore ispanico dell’alt right di Huma, in Arizona, ci ha chiesto di non fotografarlo in volto per paura di ritorsioni da parte di altri ispanici:
Se fossi un dottore e negassi le differenze genetiche tra razze verresti licenziato in quattro e quattr’otto. Lo sai, nel 20 percento dei casi il corpo di una persona di colore finisce per rigettare un organo donato da un bianco. Non c’è compatibilità genetica. Ci sono differenze anche nell’apprendimento e nell’andamento negli studi. Prendi me, io a scuola andavo male. Ma non mi sento inferiore ai bianchi. Ci sono pro e contro. Per esempio, questa è una cosa che la maggior parte della gente non sa, gli europei bianchi hanno il cervello più piccolo. Anche se sono più bravi con la tecnologia, negli sport di contatto non vanno altrettanto bene perché sono troppo esposti a traumi… Per certi aspetti sono inferiore, e per altri sono superiore.
Sikh, e volontario di Richard Spencer, quest’uomo ha chiesto di non rivelare la sua identità o il suo volto:
Sono una minoranza nell’alt right, e credo che l’etnonazionalismo sia importante. È un bene per tutti, anche per quelli che sarebbero costretti ad andarsene e a tornare al proprio paese se i bianchi americani decidessero di istituire un loro stato etnico. Per come la vedo io, il Giappone è dei giapponesi. L’India degli indiani. E l’Europa degli europei.
Più di metà della popolazione indiana non usa i servizi igienici, perché non c’è un sistema di scarico. Tutti gli indiani che frequentano le università migliori vengono in America. Nel Punjab, dove sono nato, tutte le persone con un QI a tre cifre si trasferiscono nei paesi occidentali. Ecco, penso sia una scappatoia un po’ troppo semplice, per quelle che sono le élite naturali di questi paesi, prendere e trasferirsi in un posto già sviluppato invece di contribuire a migliorare il proprio. La fuga di cervelli ha peggiorato l’India. L’immigrazione di massa è l’imperialismo del 21esimo secolo. L’Occidente ha depredato il resto del mondo dei suoi cittadini migliori, impedendo a ognuno di questi di aiutare il proprio paese. È ora di tornare.
La 35enne Tila Tequila è una celebrity dell’internet nota per le sue simpatie naziste:
Mi sono avvicinata all’alt right nel 2013, nel periodo in cui ho iniziato a riflettere su Hitler. Hitler did nothing wrong! Bisogna sempre sentire le due campane. Trovo ci sia sicuramente un collegamento tra l’ascesa di Hitler e il movimento alt right, perché l’alt right non si sarebbe manifestata così come lo ha fatto se chi la compone non si fosse sentito oppresso. Non ci sarebbe tutto questo estremismo. I tedeschi erano poveri, e lo stesso vale per la classe media americana di oggi. La nostra classe media è sparita. Non c’è più. E chi ne fa parte si sente abbandonato, dimenticato. L’alt right non sarebbe proprio esistita, se non ci fosse stata questa condizione di partenza tutt’altro che desiderabile.
Matthew Tait ha 31 anni, ed è impegnato nei movimenti di destra nel Regno Uniti fin da quando ne aveva 18:
C’è differenza tra l’alt right di oggi e il nazionalismo bianco e il conservatorismo del passato. L’alt right è giovane e guarda al futuro. Il vecchio conservatorismo e il nazionalismo bianco guardavano al passato, a un’epoca ricordata come migliore. Agli incontri c’erano persone di una certa età che si mettevano a parlare di quant’era bella la vita negli anni Cinquanta. Ecco, ora non è più così. Quella dell’alt right è una nuova generazione. Io ho 31 anni, ma l’età media dei presenti qui è anche più bassa. Qui non si guarda agli anni Cinquanta o agli anni Ottanta, si guarda avanti. Siamo nel 2016. Non ci interessa tornare indietro. Abbiamo una nostra visione del futuro, abbiamo deciso di non accettare le uniche opzioni che ci erano state offerte. Che, come dicono in South Park, sono una peretta gigante o un panino alla merda. Noi abbiamo detto di no a entrambe. Ci siamo creati la nostra visione del futuro.
Kevin McDonald è il fondatore dell’Occidental Observer, una pubblicazione di estrema destra spesso accusata di antisemitismo. Ha 72 anni, e alla conferenza ha parlato della questione ebraica:
Siamo tutti soddisfatti della vittoria di Trump. Speriamo che, nel corso della sua presidenza, le politiche legate all’identità bianca vengano in una certa misura normalizzate, legittimate. In tanti hanno attribuito il successo di Trump a queste politiche. Ecco, noi siamo gli unici che ne parlano e che hanno le conoscenze per discuterne. Dall’altra parte, però, vorranno limitarci. L’ADL ha definito Pepe [the frog] un simbolo di odio, e Richard [Spencer] è stato bannato da Twitter. C’è un conflitto tra chi vuole ignorare l’alt right e metterla di nuovo da parte e chi invece ne è interessato.
J.P. Sheehan, di 26 anni, era al suo primo incontro alt right:
Per me, l’alt right è infinitamente più grande del banale patriottismo. Non penso che sostituirà il Partito Repubblicano, ma lo metterà certamente in ombra.
L’obiettivo dell’alt right è creare uno spazio in cui gli americani europei possano sentirsi al sicuro nella propria identità. Personalmente, mi accontenterei di uno stato all’80 percento bianco. Vogliamo creare uno stato etnico perché nelle società monoetniche c’è maggiore coesione sociale. Gli stati etnici sono a vantaggio di tutte le razze, perché a ognuno piace stare tra la sua gente.
Quanto ai non bianchi, non è che dovrebbero essere banditi da questo stato. Dovrebbero, che so, dichiarare fin da subito il motivo della loro presenza. E le persone particolarmente inserite nella nostra cultura, per esempio, potrebbero entrare.
Jared Taylor discute di “realismo razziale” da ben prima della comparsa dell’alt right. In quanto redattore della pubblicazione nazionalista American Renaissance, è visto un po’ come uno dei precursori del movimento:
L’alt right andrà avanti perché le nostre idee si fondano su una corretta interpretazione della storia dell’uomo, sono inattaccabili sul piano morale e spiegano ciò che viviamo oggi molto più efficacemente che l’ortodossia egualitaria. È per questo che quando una persona approda a una percezione dissidente della razza poi non torna più indietro. Perché riesce finalmente a vedere le cose come stanno, a capire le questioni razziali e la società americana come mai aveva fatto prima. Al tempo stesso, questa persona può aspirare a una nazione che rifletta i suoi valori, la sua razza e il suo futuro. La trovo una prospettiva incoraggiante, soprattutto per quei bianchi giovani brutalizzati perché considerati dal lato sbagliato della storia, per aver fatto una cosa brutta dopo l’altra a ogni gruppo non bianco nella storia del mondo.
Lucas ha 23 anni e milita in un’organizzazione di estrema destra chiamata identity Evropa:
L’aspetto che più di tutti mi ha avvicinato all’alt right è l’autodeterminazione dei bianchi e di coloro di discendenza europea. È uno dei punti chiave dell’alt right. Il nostro spettro politico va da anarchici a fascisti, ma la razza e l’identità bianca sono un terreno comune. Stiamo assistendo a un’erosione della nostra identità nei paesi bianchi del Nord America e dell’Europa.
La vittoria di Donald Trump è stata illuminante. Ma so che Trump parla e agisce da un punto di vista che non è quello razziale, bensì quello del nazionalismo culturale, americano, civico. Trump non è alt right perché non esprime i nostri valori di fondo. Anche Stephen Bannon [di Breitbart, scelto come consulente da Trump] non è alt right. Ma almeno è aperto alle nostre idee.
Millennial Woes, come è conosciuto online, è di Edimburgo. Gestisce un canale YouTube alt right, ma ha preferito non dare il suo nome perché pensa sarebbe troppo rischioso:
In termini generali, direi che tendiamo a socializzare con persone che appartengono alla nostra stessa razza perché è più facile. Questa idea del multiculturalismo come arricchimento… io non la condivido. L’idea che neri e bianchi possano convivere senza tensioni è completamente priva di senso.
Ecco perché ci sono neri che iniziano a mobilitarsi per una società nera in America. E non li biasimo. Capisco perché lo fanno. Non odio i neri, né posso dire che non mi piacciono. Semplicemente, mi preoccupo prima di tutto per la mia gente, gli europei nordoccidentali.
Tutte le risposte contenute in questo pezzo sono state editate e condensate per chiarezza e praticità e sono state raccolte da Wilbert L. Cooper, a eccezione dell’intervento di Richard Spencer.
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