C’è un momento durante il concerto di Lil B sul palco del Pitchfork Festival del 2013 che è sinceramente commovente. Durante i minuti finali di “I’m God”, Lil B – la cui adorazione e reverenza per l’hip-hop l’ha portato a regalare più di 2000 canzoni in free download nel corso degli anni – si gira verso la folla e chiede a tutti di chiudere gli occhi. Gli dice: “Fidatevi, e fidatevi anche di tutti gli altri. Abbassate la testa. Prendetevi un po’ di tempo per meditare”. La folla obbedisce, e accetta anche di mettersi ad inspirare ed espirare. Iniziano a ripete come un mantre “I love life”. La performance di Lil B è calda e avvolgente, arriva come un raggio di sole dopo un anno in cui ha fatto sempre freddissimo, tra beat di Trapaholics, il consumismo di A$AP Rocky e Yeezus.
Lil’ B e la sua retorica ruotano tutto intorno al culto di se stessi, ma questo approccio positivo non è che né una rivoluzione né una novità, ma oggi, nel 2015, questi temi risorti dalle loro ceneri ci sembrano la novità del secolo.
Mentre ci sono ragazzini come i Rae Sremmurd, Young Thug, o Rich Homie Quan il cui unico scopo è inventarsi il bangerone più fresco e in grado di sparare l’hip-hop nella stratosfera con ritornelli costruiti con il preciso obiettivo di tormentarvi l’esistenza, sembra che ci siano i presupposti per veder nascere un altro modo di vedere le cose – un modo che non è così diverso dalle idee New Age di ex-collettivi come Soulquarians e Hieroglyphics. Anziché concentrarsi su ricerche di suoni post-trap, ripetendo le solite cazzate sulla figa oppure ostentanto i propri successi (sessuali e finanziari), c’è tutta una scena di musicisti che prova a stabilire un legame con gli aspetti più naturalistici della vita, col pianeta Terra e con la gente che vive attaccata alla sua superficie.
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Basta dare un orecchio al mixtape di Mick Jenkins, The Water(s), uscito durante lo scorso anno, che prende gran parte della sua identità dalla ricerca spirituale e, sostanzialmente, è costruito su temi legati alla natura. I testi di “Healer“, una delle sue tracce, contengono riferimenti al Sistema Solare e alla convinzione che “la passione per la vita può andare oltre questo foglio di carta”. Roba lontana anni luci dalla passione di O.T Genasis’ per il cocco.
Ovviamente altri artisti come Chance the Rapper e Childish Gambino hanno abbracciato questa positività un paio di anni prima di Mick Jenkins. Acid Rap di Chance, uscito nel 2013, era ricco di questa mentalità “Everything Good” e le tracce successive non hanno fatto altro che continuare la ricerca di questa spiritualità che è sempre stata il centro nevralgico della sua produzione. Nonostante questo i rapper che si concentrano su sentimenti positivi continuano ad essere visti come degli sfigati o dei veri e propri troll dalla comunità degli ascoltatori, che si rifiuta di credere qualcuno sia capace di avere così tanto amore verso il mondo. Come se Lil B avesse prodotto più di 50 mixtape per farsi due risate gratis. Per molto tempo i parametri che definiscono il rap di successo si sono basati su delle convenzioni: la capacità di fomentare il pubblico, riferimenti a brand della moda o altra roba costosa e chiacchiere sul proprio successo, non è che ci sia mai stato tutto questo spazio per discutere dei pro e contro insiti nell’essere un organismo vivente che si muove sul pianeta Terra. Come ha detto T.I nella sua collaborazione con Thugga lo scorso anno “if it ain’t about the money, don’t be blowin’ me up, nigga I ain’t getting’ up”. Non stiamo a tradurlo perché sono tutti termini che avete imparato molto durante l’80% del tempo passato su internet.
Ad ogni modo questi parametri stanno cambiando. Nel 2014 Lil B, Chance e la spruzzata di positività che Kanye ha iniettato nei giovani artisti con i suoi primi tre dischi, capaci di influenzare un’intera generazione che sta venenedo fuori soltanto ora, hanno iniziato a spostare l’ago della bilancia verso l’emo-rap, concetto che usiamo giusto per rendere il concetto chiaro e cristallino. Due tracce in particolare, uscite lo scorso anno, offrono fondamenta solide per questo cambiamento, e ovviamente vengono dai due artisti più influenti sulla scena (dove per scena si intende qualsiasi cosa vada da Katy Perry al nuovo disco di Mecna). Sto parlando di “i”, di Kendrick e “Only One”, di Kanye – due pezzi enormi di per sé e due cambi di direzione netti per gli artisti.
Riguardo “i” abbiamo già detto molto, quindi mi limito a sottolineare la positività intrinseca che si cela dietro questa canzone, il cui ritornello si riduce a Kendrick che strilla 3 parole: “I love myself”; ma è il pezzo di Kanye che porta con sè il significante più ampio. Provate ad ascoltare “Only One” e poi sparatevi “On Sight”, personalmente mi viene difficile anche solo pensare che entrambe provengano dalla stessa penna: una è discordante, una composizione di suoni che sembrano voler menare l’ascoltatore, l’altra è praticamente un abbraccio.
La transizione verso l’altra sponda dell’hip-hop, quella che si concentra sul culto di se stessi, sul mondo e sui suoi abitanti, si può notare in una miriade di uscite degli ultimi due anni, non solo Acid Rap, The Water(S), e il 90% della discografia di Lil B. Gente come Isaiah Rashad – che nel 2014 ha fatto uscire Cilvia Demo infiltrandosi nella Dungeon Family con delle tematiche introspettive ed incentrate sul ben-essere, roba che non si era mai sentita da quelle parti; Goldlink – che con God Complex, un album che ruota intorno alla fiducia in se stessi e, ovviamente, ILoveMakonnen – la cui carriera è praticamente questo articolo applicato alla vita reale, a partire dal suo nome d’arte. L’ultimo passo per concludere, o quantomeno riconoscere culturalmente, questa transizione sono i due album di Kanye e Kendrick, che non dovrebbero tardare ancora molto.
Le correnti nella musica rap si muovo su cerchi che si muovono in direzioni opposte: il gangsta rap e il placido costruttivismo dei primi anni Novanta; la G-Unit e il suo linguaggio arrogante ed aggressivo contro l’attitudine rilassata dei Neptunes a cavallo tra i due secoli; la Young Money e la ribalta dello swag e di altre puttanate sul consumismo inteso come ostentazione del successo ottenuto – il rap cambia strada molto spesso, e non si è mai del tutto certi di quale sia la corrente trascinante, ma quando ci avviciniamo ad un cambiamento, di solito, sono ben identificabili due suoni e stili contrapposti. Quindi, mentre l’ascesa di artisti come Young Thug, Lil Durk, o YG non può essere sottovalutata, sembra che il cerchio stia per chiudersi per poi ricominciare a girare, concentrandosi unicamente sul semplice, si fa per dire, concetto di essere, anziché avere.
È difficile evidenziare la ragione puntuale di questo cambiamento perché in fondo la positività è sempre stata lì, è individuabile nelle canzoni di artisti che vanno da Atmosphere a Gang Starr passando per Blu & Exile, sostanzialmente tutta la scena conscious. La differenza è che questa volta tutto suona in una maniera molto diversa, a partire dai musicisti di cui abbiamo parlato sopra: Lil B, Gambino, Chance, Kendrick, produzioni e suoni sono divergenti, ma la mentalità è comune e condivisa.
Questa mentalità non ha più bisogno di un beat di Dilla, una connessione con un piano spirituale o 10 grammi d’erba, si tratta semplicemente di artisti che non hanno più paura di sembrare degli sfigati.
In un’instervista del 2012 Kendrick ha posto la prima pietra di ciò a cui stiamo assistendo oggi: “Fanculo tutte le cazzate sulle religioni. Credete nel vostro Dio, e agite nel modo giusto. Impegnatevi al massimo per fare le cose nel modo giusto, perché purtroppo non siamo perfetti, ma se fate così le cose dovrebbero girare abbastanza bene”. Credo che ciò che stava cercando di dire è che è importante trovare la propria serenità interiore. Ora tenetevi questo concetto a mente, e guardatevi di nuovo quel video di Lil B. Se avete bisogno di me mi trovate qui a inspirare ed espirare.
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