Ho cercato di capire perché i vostri amici non rispondono mai ai messaggi

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relazioni

Ho cercato di capire perché i vostri amici non rispondono mai ai messaggi

C'è forse qualcosa di più umiliante del sentirsi rispondere, "Ah scusa, non avevo visto!"
Paul Douard
Paris, FR

Oggi, buona parte dei messaggi che invio alla mia cerchia di amici sparisce in una specie di limbo. A volte restano per ore e giorni senza risposta, accompagnati dall'umiliante notifica "visualizzato."

Eppure moltissimi di questi stessi messaggi si concludono con un punto interrogativo, simbolo che presuppone una domanda e quindi anche il bisogno di una risposta. Così, ogni volta che il fastidio per la mancata risposta si dissolve, mi ritrovo a riflettere sul perché un mio semplice quesito possa lasciare il mio interlocutore o la mia interlocutrice senza parole. Nella maggior parte dei casi, insistere è fuori discussione—sarebbe un po' come andare dai colleghi dell'ufficio che non ti degnano di uno sguardo e chiedere con lo sguardo più innocente del mondo, "Allora ragazzi, oggi dove mangiamo?"

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Ovviamente c'è uno spettro di tolleranza entro il quale è accettabile rispondere, ma perché ci sono persone con telefoni che costano quanto un diretto Parigi-Los Angeles che non rispondono mai? O, peggio ancora, rispondono con giorni di ritardo?

Spesso infatti la mancata risposta non è che il principio dell'affronto. Dopo interi giorni di silenzio o in seguito a un sollecito da parte nostra, capita di vedersi rispondere, "Ah scusa, non avevo visto." Ok. Peccato che per tutto quel tempo la distanza tra la loro mano e il cellulare non abbia mai superato i 30 centimetri, e che la minima notifica di Instagram li abbia fatti saltare su come una pioggia di banconote viola.

Esiste poi anche un'altra variante, la celebre: "Cavolo, ho visto il messaggio, ho detto rispondo dopo e poi mi sono dimenticato." Va bene. Ma cos'ha un messaggio come "Stasera aperitivo?" che richiede ore di riflessione? Non è proprio come se dicessi, "Oh, che dici se mettiamo su un esercito e invadiamo la Polonia? Domani alle 7 va bene?" In poche parole: che cavolo di problema hanno queste persone?

Probabilmente, il loro problema non siete voi: non lo fanno perché vogliono tagliarvi fuori—non nella maggior parte dei casi, almeno. Potrebbe trattarsi, molto semplicemente, di ghosting. Se in genere il termine è associato alla pratica di interrompere una relazione sparendo dalla vita dell'altra persona, per estensione indica anche l'abitudine ben meno drastica di non rispondere mai ai messaggi. E se c'è chi lo vede come un modo per farsi odiare istantaneamente, secondo alcuni si tratterebbe di un fenomeno con ben altre origini.

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Come ha spiegato una giornalista del New York Times, "Siamo sempre meno a nostro agio a parlare faccia a faccia, soprattutto quando bisogna prendere una decisione. Con la tecnologia è diventato molto più semplice lasciar passare del tempo e dimenticarsi di rispondere." In questi casi, non rispondere sarebbe dunque una strategia per allontanare da sé il momento in cui sarà necessario prendere una decisione. Come se dire sì o no a un normalissimo aperitivo potesse avere delle conseguenze sui successivi dieci anni della propria vita. L'aspetto paradossale è che dieci anni fa avremmo fatto carte false per poter mandare cinque sms in più.

Molte di queste persone, se interpellate, diranno poi di non poter rispondere perché "sempre impegnate." Di quelli, per dire, che hanno due telefoni ma non hanno il tempo di usarne manco uno. Secondo un recente studio dell'agenzia pubblicitaria Havas, il 51 percento dei lavoratori ammette di esagerare, quando afferma di "essere presissimo." Perché il tempo per rispondere ci sarebbe: i loro fogli Excel non vanno da nessuna parte, e non ci sono datori di lavoro pronti a far schioccare la frusta non appena si posano le dita sullo smartopone. Semplicemente, dire di essere impegnatissimi permette due cose: da una parte, trovare una scusa, e dall'altra mettersi in una posizine di superiorità.

Per citare Tim Kreider in un pezzo pubblicato da un blog del New York Times, "dire di essere costantemente occupati serve a rassicurare se stessi: è un modo per evitare la sensazione di vuoto. Quando hai tante cose da fare, la tua vita non ti sembra più così insignificante. Ma può risultare anche fastidioso, perché è comune provare una punta di invidia quando qualcuno ti dice di essere occupatissimo."

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Poi ci sono i telefoni. Con tutte le funzioni di cui dispongono oggi, i messaggi passano in secondo piano, e improvvisamente il fatto di inviarne o riceverne è un po' come regalare bagnoschiuma per un compleanno—banale, forse proprio degno di una zia. Come ha spiegato lo psichiatra Stéphane Clerger a L'Obs, "per i più giovani il telefono è un amico, un animale da compagnia, uno scrigno del tesoro in cui le app portano inconsciamente a sopravvalutare la socializzazione virtuale e il flusso continuo di informazioni prive d'interesse. In questo modo, viene persa la capacità di stabilire gerarchicamente cosa è importante e cosa no."

Quanto può essere interessante rispondere a un messaggio in cui l'amico di turno chiede consigli sentimentali quando c'è un intero feed di Instagram pieno di sconosciuti e video stupidi da consultare?

Quest'estate, l'ex "Product Philosopher" di Google Tristan Harris ha pubblicato un articolo—dal titolo "Come la tecnologia sta piratando la nostra mente"—in cui spiega come i grandi nomi della Silicon Valley siano alla ricerca di nuovi modi per farci perdere più tempo possibile in distrazioni grazie a quelle che chiamano "strategie di persuasione." Secondo lui, il nostro cervello e i nostri pensieri funzionano in base a una lista invisibile di cose che ci sembrano importanti, o da fare in un determinato momento. Il fatto stesso di vivere consisterebbe nel compiere continue scelte all'interno di questa lista invisibile—peccato che i cellulari vadano a inserirsi in questo processo, aggiungendo senza sosta nuove voci della lista che finiscono per entrare in competizione con la realtà.

Ricevere un messaggio con una richiesta crea un legame con la realtà, e la missione del cellulare è quella di cercare, costi quel che costi, di allontanarvene. Così, siccome la realtà non è sempre in armonia con la volontà, ognuno torna al proprio cellulare senza rispondere. La realtà è ingiusta e difficile. Ma il telefono è lì per permettervi di sfuggirle.

Quando inviate un messaggio, tenete quindi presente che il destinatario potrebbe avere di meglio da fare—così come glielo dice il suo telefono. Oppure potrebbe non avere proprio niente da fare, e ignorare il vostro messaggio sarebbe un modo per contrastare quell'istante di vita percepito come miserabile. In quel caso, prendetelo come un campanello d'allarme o al massimo una forma di snobismo ridicolo da parte del vostro interlocutore, che merita di essere lasciato solo in un angolo.

Proprio come i vostri messaggi.

Tutte le illustrazioni di Pierre Thyss. Segui Paul su Twitter.