Ho passato 24 ore nella piazza più malfamata di Berlino

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Ho passato 24 ore nella piazza più malfamata di Berlino

Kottbusser Tor è una piazza di Kreuzberg, a Berlino, nota per lo spaccio e la criminalità, ma che ultimamente è anche centro della vita notturna e degli hipster. Siamo andati a vedere com'è, e se c'è davvero da avere paura.

Quando alle cinque del mattino di un giovedì esco dalla stazione della metro U8 a Kottbusser Tor, tre uomini vestiti di stracci alzano le loro bottiglie di birra per darmi il benvenuto. "È il bicchiere della staffa o la birra del buongiorno?" chiedo. Non rispondono, ma mi sorridono con i pochi denti che ancora hanno in bocca. Il sole sta sorgendo su Kotti (come i tedeschi chiamano affettuosamente questa piazza di Kreuzberg), riflesso dalle parabole e dalle vetrine dei kebab e dei bar tutt'intorno. Non c'è quasi nessuno in piazza—siamo praticamente solo io e il tipo che gestisce il banchetto della verdura 24 ore su 24. Ma l'immondizia notturna che ancora ingombra la piazza racconta molte storie: qualcuno ha passato la serata con una siringa e un succo di frutta, qualche metro più in là c'è un'installazione fatta di bottiglie di vino vuote e una mignon di chardonnay. Inoltre, conto 17 bottiglie di vodka vuote, tutte di marche così scadenti che non ricordo di averle bevute nemmeno quando facevo l'università.

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Lo spazzino, che attacca poco prima delle 6 del mattino, mi dice semplicemente: "È sporco, qui. Ma se hai altre domande le devi fare all'ufficio pubbliche relazioni del comune." Kotti è stato spesso sulle prime pagine dei giornali tedeschi, ultimamente. Ad aprile, su Süddeutsche Zeitung è uscito un articolo che diceva che Kottbusser Tor è il primo mercato di droghe di Berlino. Due mesi prima, ilTagesspiegel aveva titolato: "(Kottbuser Tor) è terribile anche per gli standard di Kreuzberg". Secondo la polizia, il numero di reati minori è aumentato del 50 percento tra il 2014 e il 2015. I furti, del 100 percento.

Ma quello che per le istituzioni è un problema su cui arrovellarsi, per altri è un punto caldo della vita notturna di Berlino. Per tanti, Kotti è il perfetto esempio di un posto in cui mondi diversi possono coesistere in modo pacifico. Il gay bar Möbel Olfe è solo a qualche metro dal Café Diyar, frequentato soprattutto da seri e silenziosi uomini turchi. Di notte, la musica africana si confonde con la techno e il pop turchi. Kotti è la fogna di Berlino o un paradiso multiculturale? Ci ho passato 24 ore per capire com'è davvero, da alba ad alba.

I primi spacciatori arrivano a fare il turno del mattino intorno alle 6.30. "Fumo, fumo?" chiede uno di loro in una voce assonnata mentre passo davanti al supermercato turco. Un altro mugugna, "Bianca, verde, scura?" che significa "cocaina, erba, eroina." Lo capisco solo alla fine delle mie 24 ore a Kotti.

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Alle 7 del mattino arriva il furgone che scarica carne da kebab. L'uomo alla guida sballa il grosso cono di carne e se lo appoggia alla spalla. L'immagine mi fa pensare a un uomo delle caverne che trasporta la gamba di un mammut. "Pensi che sia pericoloso, qui?" chiedo. "Sono 11 anni che porto qui la merce e non mi è mai successo niente," dice. "Ma nel corso degli anni la situazione è peggiorata, soprattutto nel weekend. Ho visto molte risse e anche un accoltellamento, nei mesi scorsi."

È alle 9 che la ressa mattutina investe la pasticceria turca Simitdchi—a Kotti fanno tutti colazione qui. Studenti con i capelli tagliati malamente prendono un caffè da asporto. Donne in hijab bevono tè nero da piccoli bicchieri e mangiano i simit, la versione turca del bagel. Un pensionato lega un enorme carrello vuoto fuori dal negozio con un lucchetto da bici ed entra a ordinare. Un altro nonno, con in testa un cappello da John Deere e uno scialle fatto a maglia, legge la sezione culturale del Die Zeit. Un uomo scarruffato si dirige verso di me, si arrotola le maniche, mi mostra le braccia e mi dice, "Ho l'AIDS, hai degli spicci?"

Dal tetto di una delle case popolari intorno alla piazza è possibile osservare l'area in tutta la sua gloria. L'enorme mostro a dieci piani noto come Neue Kreuzberger Zentrum chiude la piazza a nord. Di fronte c'è un labirinto in cemento fatto di negozi, bar, posti che vendono snack, un ostello e un casinò. A ovest, c'è l'Istanbul Supermarket. A est, una hamburgeria, la preferita dei turisti. Ogni pochi minuti arriva un treno della U1 alla stazione in superficie. Di notte, porta chi va a ballare. Nell'insieme, sembra una miniatura di Berlino su qualche centinaio di metri quadrati.

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Per pranzo ho optato per un kebab. Sono in coda quando uno sconosciuto mi mette un braccio intorno alle spalle, e il mio cuore salta un battito. È uno dei ladri di cui i media scrivono così spesso? No—non vuole il mio portafoglio, vuole il mio numero. Mi dà un pezzo di baklava per fare pace e mi dice che lavora in un negozio lì vicino.

Ahmet Tuncer

Un residente, Ahmet Tuncer, 63 anni, mi ha poi detto che sono stata fortunata. Gli è stato rubato il portafoglio, una volta. E diverse volte ha visto portafogli per terra, con tutti i documenti ma senza più soldi. Tuncer, che vive a Kreuzberg da 47 anni, dice che "è sempre stato un posto pieno di problemi, ma anche uno vivo e tollerante." Comunque, non pensa che la parola "multiculturale" sia adatta. "L'idea che la zona di Kotti sia di moda attira molti giovani, e i giovani attirano gli spacciatori."

Ma la criminalità non è solo un'esclusiva di questa piazza; è visibile, qui, perché c'è la stazione della metropolitana proprio nel centro della piazza. Tuncer mi ha anche detto che gli pare che le cose vadano meglio, negli ultimi mesi. Due squadre di sicurezza privata—ognuna costituita da due uomini e un cane—pagate dai proprietari dei negozi di Kotti pattugliano la zona nottetempo.

E poi, Tuncer fa parte dell'iniziativa "Kotti & Co.", che si oppone all'aumento degli affitti nella zona. Tra il 2010 e il 2016, il suo affitto è salito di 380 euro. Lì vicino, al Café Kremanski, un barista con la barba curata serve un caffè corretto a un ragazzo che lavora al suo MacBook e ricarica contemporaneamente un iPhone e un iPad. Il menù della caffetteria dice che fanno "acerola power shake". Fuori, un uomo dall'età incomprensibile preferisce della vodka. Mi offre un sorso. In generale, molti nei negozi e nei bar mi hanno offerto degli assaggi. Per le sette di sera ho avuto biscotti al pistacchio, tre tazze di tè nero, una pesca e due bottiglie di birra.

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Murat Cavan

"Kotti è una nazione a sé," dice Murat Cavan, che sta avvolgendo delle fette d'anguria nella pellicola fuori dall'Istanbul Supermarket. Vive qui da 18 anni e "non vuole andarsene." Si è anche abituato allo spaccio che avvieve proprio davanti a lui perché "per alcuni è l'unica soluzione." I tre spacciatori qualche metro più in là annuiscono, "Non c'è lavoro, è per questo che siamo qui."

Per ore, a tutti quelli che arrivano offrono "hashish, erba, coca, ecstasy" con i toni bassi e minacciosi che usavano i bulli a scuola—abbastanza forte perché tu riesca a sentirli ma abbastanza piano per non farsi beccare. Uno viene dal Libano, uno dall'Egitto e il terzo dalla Palestina. Il ragazzo libanese dice, "Preferirei vendere cose da mangiare, ma non ho il permesso di lavoro, quindi niente." Il ragazzo egiziano si intromette, "La vita in Germania non è bella come pensavo."

Quando comincia la partita degli Europei tra Francia e Germania, alle 9 di sera, tutto all'improvviso sembra parte di una stock image dedicata all'integrazione. Uomini con grandi baffi tifano la Germania insieme a skinhead muscolosi e con le bandiere disegnate addosso. Si sentono urla in tedesco, turco, arabo, inglese e russo quando la Germania va a tanto così dal gol. Un ragazzo che mi ha offerto dell'eroina poco prima esulta a pochi passi da un gruppo di addetti alla sicurezza che fumano una sigaretta.

Violette Dieblume

Qualche decina di metri più avanti, la parrucchiera francese Violette Dieblume beve con i suoi amici gay al Möbel Olfe. "Per me, Kotti è il posto più figo di tutta la Germania."

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Dopo la mezzanotte, comunque, cambia tutto. Una donna ubriaca fino quasi all'incoscienza balla davanti a una decina di uomini seduti su un gradino. Incespica, ondeggia, quasi cade e poi riprende a ballare. I corpi sembrano tesi e il mix di lingue ha un tono aggressivo.

A mezzanotte e mezza, un uomo di mezza età in tuta corre per la piazza, urlando in russo, "Non voglio problemi, non voglio la crystal meth!" Succede tutto in un istante. Urla e passi sull'asfalto. Un gruppo si avvicina al baracchino delle verdure. Tre uomini ne spingono un quarto, gli uomini più anziani si fanno in cerchio intorno; alla fine riescono a togliergli di mano qualcosa.

"Il vecchio ci ha minacciato con una bottiglia rotta," spiega Seyar, vent'anni. È un ragazzone con il naso e il corpo di un pugile. Viene fuori che è davvero un pugile. "Quanto è pericoloso Kotti?" gli chiedo. Per tutta risposta, mi indica la cicatrice che ha sulla gola.

Seyar

Seyar a volte mi parla in inglese, a volte in tedesco e a volte in russo. Mi dice che viene dall'Afghanistan e che ha l'asilo politico in Germania da tre anni. Toglie la maglia per mostrarmi delle ferite da coltellate sopra i reni, sulla laringe e sul braccio.

- "Mi hanno aperto quattro volte," dice.
- "Chi?" chiedo.
- "Non importa."
- "Perché?"
- "Qui funziona così."

Anche se tutti volevano mettermi in guardia, non posso dire di essermi sentita in pericolo. Ma altri, quelli che lavorano di notte, si lamentano spesso; della criminalità, dei giornalisti che alternativamente dipingono questo posto o come un rifugio di drogati o come un paradiso hipster e dei politici a cui importa di Kotti solo quando arriva in prima pagina. "Qualcuno impiccherebbe volentieri la Merkel a uno di questi alberi, così che possa vedere la multiculturalità di Kotti da sé," dice una donna.

Sono le cinque del mattino e tutto è abbastanza tranquillo. Una ragazza punk con i dreadlock sta dietro al suo cane, mentre alcuni francesi ubriachi si mettono in coda per un falafel dopo una notte di sbronze. Il ragazzo del kebab, Mutlu, dice di aver trovato delle buste di droga nei vasi davanti al suo negozio. "Mi hanno ucciso le piante. Mi piace Kotti, ma a volte sono senza speranza." Comunque, ha piantato nuovi bulbi.

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