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reportage

I biker ex-nazi della Schwarze Schar non sono così cattivi come sembrano

Alla scoperta della Schwarze Schar, un club di simpatici motociclisti ed ex-nazi alle porte del Mar Baltico.
Tutte le foto di Martin Fengel.

Se per una ragione qualsiasi vi siete mai imbattuti nel sito Schwarze Schar Wismar Motorcycle Club, avrete sicuramente notato in home page un sacco di ritagli di giornale riguardanti diversi attacchi a studi di tatuaggi. Forse è proprio a causa di questi episodi che il sindaco della vicina Grevesmühlen ha definito gli appartenenti al clan di biker di Wismar dei tipacci fascisti, coinvolti in "storie di spaccio e affari loschi." Bene, il comando investigativo Meclemburgo-Pomerania Anteriore si è spinto ben oltre, immaginando legami tra il club degli Schwarze Schar e il crimine organizzato.

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In realtà ero un po' scettica riguardo l'ultima osservazione, ma questo è dovuto al fatto che nelle mia mente l'idea di "crimine organizzato" trova immediatamente posto vicino alle parole Mafia e Triade cinese, mentre il concetto di "gang di biker nazi" non mi ricorda altro che violenza gratuita, orge e Altamont. I membri della Schwarze Schar si considerano appartenenti a quel famoso "1%"—nato come risposta alle dichiarazioni della American Cyclist Association, che nel 1947 assicurava il rispetto della legge da parte del 99% dei motociclisti americani—riferito a gang di fuorilegge che, a torto o ragione, tra gli anni Cinquanta e Sessanta, fecero cagare sotto gli Stati Uniti (il gruppo più famoso del mondo in merito a questo "1%" è ovviamente quello degli Hells Angels).

Diciamo che, date le circostanze, ero leggermente spaventata quando i ragazzi del club mi hanno invitata a trascorrere un venerdì sera nel loro quartier generale. Alla fine la curiosità mi ha fatto muovere il culo e mi sono diretta al club, nei pressi di un parco industriale lontano da tutto.

Quando la porta si è chiusa dietro di me e mi sono ritrovata di fronte una fila di omaccioni tatuati, rasati e vestiti di pelle nera, mi sono un po' spaventata. Contrariamente a ogni mia aspettativa, i membri del club si sono rivelati estremamente gentili, tanto quanto il loro Staffordshire Bull Terrier che ha continuato a seguirmi implorandomi di accarezzarlo.

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Dopo qualche sigaretta e il consueto saluto con ognuno dei presenti, regola della casa, il presidente, Philip Schlaffer, ci ha suggerito di sedere e imparare qualcosa sulla storia del club. Nei successivi cinque minuti sono passata dall'essere spaventata all'essere sorpresa e colpita dalla serietà con cui questi tipi affrontano la faccenda.

Per diventare un membro a tutti gli effetti e ottenere il tatuaggio SSFI (Schwarze Schar Für Immer—Schwarze Schar Per Sempre) all'interno del labbro inferiore, si devono affrontare una serie di passaggi e iniziazioni. Dopodiché, il club diventa la tua priorità numero uno, per sempre. Se arrivi in ritardo per una riuninone devi pagare una tassa e l'obiettivo di tutti è, sempre e con ogni mezzo, sostenere il club. In più, il loro sperduto covo mi è sembrato uno dei posti più puliti del mondo.

Se ne vanno in giro cinque o sette volte la settimana, fanno attività fisica ogni due giorni e seguono le lezioni obbligatorie di Krav Maga ogni mercoledì sera. C'è ovviamente anche tutta un'altra serie di regole, come non toccare la tipa di un tuo socio o non rubare soldi dal club. Come per molti altri MC, i membri si chiamano vicendevolmente fratello e, cosa che ancora non riesco bene a capire, per la maggior parte di loro il club significa molto più della famiglia. Se uno dei ragazzi finisce in prigione viene aiutato economicamente, sia durante la detenzione che al momento del rilascio. È il caso di Chris, uno del club.

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Il presidente Schlaffer non si fa problemi riguardo al suo passato neo-nazista. Gestiva due negozi in stile neo-fascista a Wismar chiamati H8 e Werwolfshop. Nel 2005 creò il "Werwolf Club", una variegata combriccola di skinhead noti per aver terrorizzato i tranquilli residenti della zona. "Mi viene da ridere se ci penso oggi," ammette, "ma tutto questo non esisterebbe se non ci fosse stato il Werwolf. Per questo non vogliamo dimenticare o rinnegare quel periodo. Ecco perchè non copriamo i nostri tatuaggi."

Essendo inoltre perfettamente consapevole del fatto che oggi chiunque può rintracciarti inserendo i tuoi dati su Google, ha aggiunto: "Perché dovremmo fare finta di essere un gruppo di buoni samaritani o spiegare chi sono gli appartenenti alla cerchia dell'un percento? Non vogliamo far parte della società, vogliamo vivere secondo le nostre regole, fatte da noi. Abbiamo avuto dei bei periodi in passato, ma poi l'aspetto politico ha perso valore e alla fine ci si sbronzava e basta. Il momento di massima tensione arrivò un capodanno, quando un esponente della destra radicale venne ucciso. Noi non avevamo alcuna responsabilità nella cosa, ma il seme dell'anarchia stava diventando un problema e realizzammo che così non potevamo andare avanti."

Due anni fa hanno fondato la Schwarze Schar (Legione Nera). Il nome viene dalle truppe di volontari unitesi nel diciannovesimo secolo per combattere Napoleone, e le iniziali 'SS' si addicono alla variopinta reputazione del gruppo. Ad oggi, gli appartenenti al club includono sia membri neo-nazi che non. Organizzano barbecue giganti aperti al pubblico, con tanto di falò, cameriere in topless e saluti speciali per ogni ospite. Non sono interessati a alle ideologie altrui, qualsiasi esse siano. Sono però particolarmente orgogliosi di fare parte di una comunità unita, nella quale è difficile inserirsi.

La cerchia dell'un percento si governa con leggi proprie. Questo non comporta necessariamente che i membri vadano contro la legge o che siano dei criminali. Quel che vogliono è costruire una realtà parallela e, permettetemi l'eufemismo, non gliene frega un cazzo di chi legifera e di chi governa, spiega al vice-presidente. Carlo, il cerimoniere addetto al rispetto della disciplina dentro e fuori dal club, aggiunge: "Noi seguiamo le regole del Paese, ma quelle all'interno del nostro club, per noi, sono più importanti. Se una regola va infranta per il bene del club, io la infrango."