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I fisici hanno creato una nuova forma di luce

Considerando tutto il lavoro che c’è dietro alla creazione dell’universo di Star Wars, viene prestata relativamente poca attenzione al suo realismo dal punto di vista fisico. Indubbiamente, la violazione più grave delle leggi fisiche all’interno di Guerre Stellari sono le super-iconiche spade laser degli Jedi. Queste armi non dovrebbero esistere perché le particelle di luce, che si chiamano fotoni, non interagiscono tra loro allo stesso modo della materia comune. Questo è il motivo per cui voi e i vostri amici non potete rievocare gli scontri con le spade laser dei film con un paio di torce elettriche. Ovviamente, potreste farlo, ma solo per fare un po’ i cazzoni.

Una ricerca pubblicata su Science dà “una nuova speranza” (scusate la gag) ai fan delle spade laser. Un team di fisici ha creato una nuova forma di luce che consente di unire fino a tre fotoni. Forse, la tecnologia può non essere pronta per sconfiggere il lato oscuro della forza, ma potrebbe avere fatto un enorme passo avanti riguardo ai computer quantistici basati sui fotoni.

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I due ricercatori principali del progetto, il fisico del MIT Vladan Vuletic e il fisico di Harvard Mikhail Lukin, dirigono il MIT-Harvard Center for Ultracold Atoms e hanno passato gli ultimi anni a cercare di far interagire i fotoni tra loro. Il loro primo grande successo è stato nel 2013, quando sono riusciti a far sì che due fotoni si unissero per creare una nuova forma di luce — da allora, hanno cercato di capire se esiste un limite alle interazioni fotoniche.

”Si possono combinare molecole di ossigeno per formare l’O2 e l’O3, ma non l’O4. Con alcune molecole, non si può formare neanche una molecola composta da tre particelle,” ha spiegato Vuletic in un comunicato. “La questione è aperta: si possono aggiungere altri fotoni a una molecola per realizzare strutture sempre più ampie?”

La maggior parte delle particelle acquisiscono massa interagendo con il campo di Higgs, un campo energetico che permea tutto lo spazio vuoto dell’universo in qualsiasi istante. I fotoni, d’altra parte, non interagiscono con il campo di Higgs e non hanno massa, motivo per cui due fotoni sono in grado di passare l’uno attraverso l’altro come fantasmi nel caso in cui, per esempio, ne vengono emessi due fasci uno contro l’altro.

Per fare in modo che queste particelle di luce senza massa interagiscano come la materia comune, Vuletic e Lukin hanno creato un set-up sperimentale che prevede di emettere un laser attraverso una serie di atomi a temperature estremamente basse. Nello specifico, hanno sfruttato una nube di atomi di rubidio raffreddati ad appena un milionesimo di grado sopra lo zero assoluto, in modo che i suoi atomi fossero quasi immobilizzati. I ricercatori hanno quindi emesso un debole raggio laser attraverso la nube atomica superfredda, perché solo pochi fotoni la attraversassero per essere osservati in uscita dalla nube.

Così, hanno scoperto che i protoni sono emersi dalla nube in gruppi di tre fortemente connessi tra loro e avevano effettivamente acquisito una quantità di massa estremamente piccola (pari a una frazione della massa di un elettrone). Di conseguenza, questi gruppi di fotoni si sono mossi 100.000 volte più lentamente rispetto alla velocità di un fotone normale, che viaggia a 300.000 chilometri al secondo.

Ma non finisce qui.

Vuletic, Lukin e colleghi hanno sviluppato una teoria sulla causa di questo genere di legami. Secondo questo modello, fondamentalmente, i fotoni saltano da un atomo di rubidio all’altro. Mentre un fotone si trova su un atomo di rubidio, può creare un ibrido atomo-fotone chiamato polaritone. Se si formano più polaritoni nella nube, questi possono interagire tra loro attraverso l’elemento rubidio compreso nell’ibrido mentre continuano a muoversi attraverso la nube di rubidio. Quando i polaritoni raggiungono il “bordo” della nube, gli atomi di rubidio rimangono nelle nuvole, mentre i fotoni ancora legati insieme ne escono. Secondo i ricercatori, l’intero processo si svolge nel giro di un milionesimo di secondo.

L’aspetto notevole è che questo processo consente ai fotoni di interagire tra loro quando altrimenti non lo farebbero mai. Essenzialmente si trovano nello stato di entanglement, una proprietà fondamentale nella manipolazione dei qubit all’interno dei dispositivi quantistici. In particolare, le triplette di fotoni ottenute da Vuletic e Lukin rappresentano un passo avanti rispetto ad altri qubit fotonici perché sono legati più strettamente e, di conseguenza, possono trasportare informazioni in modo molto più efficiente.

Data la natura altamente sperimentale della ricerca di Vuletic e Lukin, probabilmente ci vorrà un po’ di tempo prima che venga messa in pratica. Infatti, i ricercatori stessi hanno dichiarato di non sapere cosa attendersi dai loro esperimenti ma intendono scoprire altri modi per causare delle interazioni tra fotoni, ad esempio, per farli respingere tra loro.

”È una novità completa, nel senso che, in certi casi, non sappiamo neanche cosa attenderci dal punto di vista qualitativo,” ha spiegato Vuletic in una dichiarazione. ”Se ottenessimo la repulsione dei fotoni, formerebbero un motivo regolare, come un cristallo di luce o succederebbe qualcos’altro? È un territorio davvero inesplorato.”

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