Nonostante la sconfitta nelle primarie democratiche, Bernie Sanders non ha intenzione di dire addio alla sua ‘rivoluzione progressista’.
Il programma liberale di Sanders che ha ispirato la sua campagna politica verrà portato avanti da una nuova organizzazione, chiamata Our Revolution (La Nostra Rivoluzione). Ad annunciarlo è stato lo stesso senatore nel corso di un comizio tenuto in settimana.
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“La domanda che molti si chiedono questa sera è ‘va bene, abbiamo fatto una buona campagna, abbiamo risvegliato gli americani, ma cosa facciamo adesso?’”, ha detto Sanders dalla sua città natale di Burlington, in Vermont.
“Stasera voglio presentarvi Our Revolution, una nuova organizzazione no profit indipendente, ispirata dalla storica campagna presidenziale di Bernie Sanders 2016.”
Come spiegato da Sanders, il gruppo si impegnerà a far eleggere candidati progressisti nelle amministrazioni locali, statali e federali e a promuovere petizioni di ispirazione liberale in tutto il paese.
Gli obiettivi prefissati non si discostano molto da quelli discussi durante la sua corsa alla candidatura democratica: la lotta contro la disuguaglianza economica, la riduzione dei soldi spesi nella politica, la riforma del sistema di giustizia criminale, il taglio dei trattati commerciali internazionali.
Era da mesi che il team di Sanders pensava a come far fruttare la sua base di sostenitori (e donatori) e la sua preziosa lista di indirizzi email.
La futura nascita di Our Revolution è stata inizialmente annunciata lo scorso luglio, all’indomani della vittoria di Hillary Clinton nel contest democratico. A partire dall’inizio di agosto la nuova organizzazione ha cominciato a ricevere donazioni.
Tuttavia, la creazione di questo nuovo soggetto politico non è stato accolta con entusiasmo da tutti i membri del suo staff. Manifestazioni di dissenso e scontri interni hanno segnato i giorni precedenti al suo lancio ufficiale.
Otto persone, tra cui due dei collaboratori più vicini a Sanders, hanno abbandonato il gruppo all’inizio della settimana.
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Le dimissioni sono principalmente dovute alla nomina di Jeff Weaver, l’ex manager della campagna di Sanders, a presidente di Our Revolution.
Oltre ad aver definito ogni minimo dettaglio della sua candidatura, Weaver è da anni il consigliere più fidato di Sanders.
La sua, però, è anche una figura controversa all’interno del Team Bernie. Weaver rappresenta “la vecchia guardia” che spesso si è scontrata con i membri più giovani della sua compagine politica.
I più giovani collaboratori di Sanders hanno avuto l’impressione che questo ‘cerchio magico’ non fosse aperto alle nuove idee che provenissero dal basso: questa, a detta loro, sarebbe la ragione principale della sconfitta subita alle primarie.
La 26enne Moumita Ahmed è l’organizzatrice di Millennials for Bernie, un gruppo che ha lavorato con Sanders durante la campagna ed è ora impegnato a diffondere il suo messaggio.
Ahmed racconta che, durante la campagna, ci sono stati diverse occasioni in cui “non capivamo perché le persone ai piani alti non volessero collaborare con noi.”
Secondo lei, quest’intransigenza nei confronti dei giovani attivisti ha allontanato Sanders dai social media e dalla promozione digitale – proprio quelle piattaforme che avevano contribuito al suo successo iniziale.
Ahmed dice che, all’indomani delle elezioni, “stiamo pensando a cosa fare e speriamo che il suo team abbia imparato dagli errori commessi.”
“La mia preoccupazione è se [Our Revolution] possa funzionare visto che chi aveva creato il successo della campagna di Bernie ora se ne è andato.”
Due dei membri dello staff che hanno abbandonato Our Revolution questa settimana sono Claire Sandberg e Kenneth Pennington. Entrambi avevano supervisionato le operazioni digitali durante la campagna per poi assumere lo stesso ruolo nella nuova organizzazione.
Nonostante il numero crescente di defezioni, Weaver non sembra essere troppo preoccupato. “Non lo definirei un tumulto,” ha dichiarato Weaver a VICE News.
Dopo aver accettato l’offerta di diventare presidente del gruppo, Weaver ha detto che “alcuni membri dello staff volevano seguire una strada diversa… Ovviamente, quella è la loro prerogativa.”
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“Jeff ha lavorato con me per buona parte degli ultimi 30 anni, fin da quando si è impegnato per una campagna governativa che ho lanciato nel 1986,” ha spiegato Sanders. “[All’epoca] era appena stato espulso dalla Boston University per aver protestato contro le politiche dell’apartheid che esistevano in Sud Africa.”
“Ho ritenuto che quelle fossero delle buono credenziali per il lavoro.”
Ma non è soltanto il ruolo di Weaver che ha spinto alcuni sostenitori di Sanders ad allontanarsi dal suo nuovo organismo politico.
Diversi dubbi sono stati sollevati riguardo alla gestione finanziaria del gruppo. Our Revolution, infatti, è un’organizzazione formata in base alla sezione 501(c)4 del codice fiscale: ciò vuol dire che non deve rivelare i nomi dei suoi donatori o porre un tetto ai contributi che può ricevere.
Le organizzazioni 501(c)4 dovrebbero normalmente contribuire al “welfare sociale” e non possono essere esplicitamente politiche, né essere direttamente coordinate da candidati o persone elette a ruoli pubblici.
Secondo quanto dichiarato da Weaver, il suo compito è anche quello di assicurarsi che l’organizzazione rispetti le normative federali. Tuttavia, ha aggiunto, che il gruppo non diffonderà i nomi dei donatori e non metterà un limite ai contributi.
Al momento sembra che la maggior parte delle attività di Our Revolution abbiano a che fare con la politica. Come annunciato da Sanders, nelle prossime settimane il gruppo annuncerà tutti i candidati e le iniziative che sosterrà. Nel frattempo, però, diverse campagne hanno già ricevuto il supporto dell’organizzazione.
In particolare, il gruppo sta aiutando due ‘battaglie’ politiche: la candidatura alle primarie in Florida di Tim Canova e la campagna liberale di Zephyr Teachout per il 19esimo distretto di New York.
Non è la prima volta che un’organizzazione nasca dalle ceneri di una campagna presidenziale.
Dopo il grande successo della corsa di Barack Obama alla Casa Bianca nel 2008, il Comitato Nazionale Democratico, l’organizzazione principale del partito, ha provato a tenere accesa la fiamma dell’attivismo formando Organizing for America, un gruppo modellato sul 501(c)4.
Howard Dean, ex presidente del Partito Democratico, ha fondato l’organizzazione Democracy for America dopo la sua candidatura alla presidenza del 2004.
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A detta di Weaver, Our Revolution prenderà come esempio questi gruppi, oltre ad altre no profit di sinistra come Move on.
Alla festa organizzata a Manhattan per celebrare comizio di Sanders non c’è stata traccia di queste lotte intestine.
Tra un boccone di hummus e patatine e un bicchiere di vino, decine di sostenitori di Sanders hanno seguito attentamente il suo discorso.
Prima che Bernie prendesse la parola, una donna ha dichiarato che, se non avesse già un marito, sarebbe ben contenta di sposare Sanders.
“Non se lo sposo prima io, però,” l’ha interrotta un’altra donna.
L’amore per Sanders si poteva percepire in tutto il locale. Al di là della sconfitta contro Clinton nelle primarie e della confusione del lancio di Our Revolution, la maggior parte dei suoi sostenitori sono ancora soddisfatti.
“La sinistra cercava un luogo in cui potersi esprimere da tempo,” ha detto Duncan Wall, un ingegnere informatico di 36 anni che aveva organizzato un hackaton per Sanders durante le primarie.
“[Questo movimento] l’avevamo intravisto con Occupy Wall Street, ma non esisteva niente a livello nazionale.”
Wall spera che ora Our Revolution possa tenere in vita quello spirito progressista contribuendo all’elezione di democratici liberali al Congresso.
Anche Claudia Brown, un’insegnante di danza in pensione, si sente ispirata dai progetti futuri di Sanders.
Elettrice di sinistra da sempre, Brown spiega di aver partecipato alla campagna di Sanders dopo essersi accorta che “non puoi lagnarti di tutto quello che non va, se poi non fai niente per migliorare le cose.”
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