La Mostra d’Oltremare di Napoli è uno dei più importanti complessi fieristici d’Italia. Esiste da crica ottant’anni, ossia da quando—nel 1937—il regime fascista l’ha pensata per dar lustro alla sua espansione coloniale. Le sue forme lineari e le sue maioliche sono un classico dell’architettura razionalista tipica del Ventennio. Quelle stesse strutture, però, dagli anni Settanta fino al graduale recupero degli anni Duemila hanno conosciuto solo abbandono e degrado, fatta eccezione per alcuni eventi come la Fiera del Fumetto negli anni Ottanta. A una di queste edizioni, nel 1987, ha partecipato anche Andrea Pazienza.
Pazienza è uno dei nomi storici del fumetto in Italia, e che lo si veneri o lo si ritenga sopravvalutato, non ha bisogno di molte presentazioni. Tanto più nell’87, quando, ospite della Fiera insieme ad altri fumettisti, decise quasi dal nulla di realizzare un murale di sette metri per due e mezzo dipingendo un soggetto totalmente inedito all’interno della Mostra.
Videos by VICE
A lungo l’episodio ha avuto quasi del mitologico, specie se si pensa al fatto che si tratta di una delle sue rarissime opere di grandi dimensioni, e che a parte i pochi fortunati che si sono fermati ad ammirare il raptus creativo, l’opera negli anni seguenti è stata praticamente sottratta alla città e tenuta nascosta in un magazzino.
Online si trova qualche video della realizzazione (un esempio dei quali è qui sopra), ma Guido Piccoli, scrittore, giornalista e direttore artistico di quella Fiera, era direttamente tra i presenti. “Prendemmo vari pennelli, trovammo un muro tra l’altro particolarmente fatiscente ed in due o tre ore di frenetica attività, senza neanche allontanarsi per vedere come stava procedendo, Andrea realizzò questa fantastica battaglia con guerrieri, avvoltoi, cavalli, antilopi,” mi ha spiegato Piccoli quando l’ho contattato per parlare di Pazienza, del murale e del giorno del 1987 in cui è stato realizzato.
A quell’edizione avevano partecipato anche Milo Manara, Hugo Pratt ed Enki Bilal, continua Piccoli. “Andrea Pazienza, quasi per scusarsi della sua vita disordinata, di aver sbagliato hotel, di arrivare sempre in ritardo, un sabato pomeriggio realizzò questo murale, così, in maniera estemporanea. E mentre dipingeva, intorno a lui si creò una folla sempre più grande di ammiratori, che stettero a guardare a bocca aperta.”
In quell’anno Pazienza era all’apice della sua ricerca artistica, ma allo stesso tempo nella fase più profonda della sua dipendenza dall’eroina—che lo ha portato alla morte l’anno successivo, a 32 anni. È da questo contesto artistico ed esistenziale che nascono le tavole de Gli Ultimi Giorni di Pompeo, il racconto in fumetti semiautobiografico considerato da molti uno dei suoi capolavori. E forse proprio da questa stessa condizione nasce il murale dell’87.
“Napoli allora non aveva ancora partorito nessun genio del fumetto,” mi dice Piccoli. “L’unico che viveva in città era Attilio Micheluzzi, istriano di nascita. Era un gran signore, l’opposto di Andrea, serissimo. Una notte mi ricordo che Andrea, mentre stavamo in macchina con Milo Manara, bussò al citofono della sua casa di Corso Vittorio Emanuele alle due di notte tanto per fare una mattana delle sue.”
Oggi il murale di Pazienza si trova ancora all’interno della struttura, ed è diventato parte integrante del patrimonio artistico della Mostra. Eppure per quasi tutti i suoi trent’anni di vita è rimasto sostanzialmente nascosto al pubblico, tanto che in molti hanno cominciato a darlo per disperso o a non credere alla sua stessa esistenza.
Ci è mancato poco, effettivamente: da più parti si pensa che umidità e usura l’avrebbero quasi certamente portato via, se nel 2013 la Mostra d’Oltremare—diventata poi una S.p.a. con l’obiettivo di valorizzare il sito omonimo—non avesse pensato di restaurarlo, spostarlo e restituirlo al pubblico nel cosiddetto “Padiglione America Latina” almeno nei giorni del Napoli Comicon.
Nel resto dell’anno e degli anni successivi, il murale rimane in uno stanzone insieme a stand e ad altro materiale fieristico, e finisce per diventare un pezzo da magazzino: fino a qualche mese fa, provando a guardare attraverso lo sporco dei vetri del padiglione si potevano scorgere tavolacci, sedie, cartapesta, qualche lattina vuota e più in là la straziante battaglia ferale fra uomini, leoni, cavalli, antilopi e avvoltoi disegnata da Andrea Pazienza.
“Napoli era, allora come adesso, la città meno inquadrata e più anarchica d’Italia, e Pazienza in questa anarchia ci si trovava bene,” mi racconta ancora Piccoli. “Qui conobbe persone che diventarono suoi amici, coi quali avveniva una specie di scambio: loro lo aiutavano a sballarsi e lui in cambio disegnava.”
“Una cosa meno nota,” continua, “è che Andrea, in una clinica a Napoli, riuscì ad evitare la leva militare spacciandosi per pazzo. Aveva un rapporto con Napoli molto particolare. Ammirava le donne di quella città, con alcune si fidanzò. Insomma, pur non abitandoci, trovava a Napoli la città ideale.”
Mentre scrivo il padiglione America Latina è in ristrutturazione, e il murale completamente impacchettato e messo su un supporto di metallo. L’architetto Iole Lanza, della direzione architettonica della Mostra d’Oltremare, sostiene che tra circa due mesi la struttura potrà ospitare l’archivio storico dell’Enel, che costituirà il primo pezzo di un vasto polo archivistico-museale delle imprese nel Meridione. L’intenzione—come spiega l’architetto—è quella di approfittarne per valorizzare l’opera una volta per tutte.
Dopo anni di rallentamenti e ipotesi mai realizzate, quindi, questo pezzo di muro dipinto si ritrova nuovamente in una fase di transizione decisiva per il suo futuro—che potrebbe sfociare nella consacrazione pubblica definitiva, o nell’ennesimo abbandono all’umido e alla polvere.
Segui Umberto su Twitter.