La direttrice della Federal Trade Commission degli Stati Uniti lascia l’agenzia, dopo aver lavorato per sei anni alla tutela della privacy dei consumatori, ha usato parole molto critiche nei confronti dell’industria pubblicitaria.
Intervistata da Ad Age, Julie Brill si è lamentata di come sono stati gestiti il tracking dei consumatori e la raccolta di dati sul web, attribuendo il prosperare degli ad block alla scarsa volontà di cooperazione del settore pubblicitario rispetto agli sforzi portati avanti dalla Commissione per creare sistemi che consentano agli utenti di avere maggiore controllo sulla pubblicità che ricevono.
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“Abbiamo assistito ad un aumento incredibile del numero di consumatori decisi a gestire autonomamente la situazione, si è avverato esattamente ciò che avevo previsto tempo fa,” ha spiegato la Brill, che durante il suo mandato presso la FTC si era occupata di privacy dei consumatori.
La Brill rievoca il tentativo di Do Not Track, il sistema fallito nato con lo scopo di consentire ai consumatori di evitare il tracking invasivo delle attività del loro browser, consentendo loro di abilitare o disabilitare la funzione a piacere. L’industria ha combattuto strenuamente per non concedere questo diritto, rischiando di finire in ginocchio. Secondo l’esperta, la resistenza dimostrata dal settore verso la scelta di operare le scelte più “semplici” è da biasimare vista la risposta ottenuta da parte dei consumatori.
“Credo che lo sforzo da noi compiuto non sia andato a buon fine a causa degli interessi in gioco,” ha dichiarato la Brill parlando del programma fallito del DNT. “Alcuni dei soggetti coinvolti non sostenevano la direzione che stava prendendo il gruppo e hanno sospeso il loro supporto. Si trattava di un lavoro che avrebbe aiutato l’industria e i consumatori a regolamentare almeno in parte il tracking online.”
Da allora, il settore pubblicitario ha registrato una crescita esplosiva in settori significativi attraverso l’uso smodato di tracking ad opera di terzi che raccolgono informazioni sui visitatori di un determinato sito web ad uso dei grandi rivenditori di dati come Acxiom e Experian, i quali utilizzano queste informazioni digitali per costruire i profili degli utenti e guadagnarci sopra.
Oltre a coinvolgere la privacy, recentemente gli ads hanno sollevato anche importanti problemi di sicurezza. Le cosiddette campagne di malvertising colpiscono con frequenza allarmante, esponendo decine di milioni di utenti a malware che infettano le stesse reti utilizzate dagli inserzionisti per convincerci a comprare la loro roba.
Non c’è da meravigliarsi, quindi, che sia sorta un’intera industria specializzata nelle estensioni per ad-blocking che garantiscano maggiore privacy come uBlock Origine, Disconnect, Ghostery and Privacy Badger. Dato che la maggior parte dei produttori di contenuti online (Motherboard incluso) dipendono dalle entrate pubblicitarie, molti siti hanno reagito costringendo gli utenti a disattivare gli ad-block e i tracker-blocker, a volte senza distinguere tra le due.
Come suggeriscono i commenti della Brill, è pazzesco pensare che se solo l’industria pubblicitaria avesse supportato Do Not Track, si sarebbe potuto evitare tutto questo. Ma l’industria è diventata sempre più vorace nella sua fame di crescita e chiunque sarà chiamato a sostituire la Brill dovrà compiere dei sforzi titanici per trovare un qualche tipo di compromesso tra le parti.