Mercoledì 7 settembre l’imam supplente di Treviso, Hmidane Fagrouch, è stato espulso dall’Italia con un volo diretto in Marocco, suo paese d’origine.
Per il ministero dell’Interno, che ha firmato il provvedimento, si tratterebbe di una persona “ostile alle nostre tradizioni” e “animato da sentimenti di avversione verso le nostre regole.”
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Fagrouch, segretario della comunità islamica della provincia veneta, però, non è mai stato accusato di nessun reato né di aver fatto proclami terroristici.
La sua unica colpa sarebbe quella di essersi rifiutato di prestare giuramento alla Costituzione.
Dopo dieci anni di lavoro come elettricista, nel 2013 il marocchino aveva avviato la pratica per ottenere la cittadinanza italiana. Superati tutti gli ostacoli burocratici, dopo due anni ha ottenuto il nulla osta del ministero dell’Interno.
Fagrouch però non si è presentato al giuramento solenne che avrebbe chiuso la procedura.
Una scelta che, secondo la lettura del Viminale, sarebbe “maturata sulla base del convincimento secondo cui c’è piena incompatibilità tra l’osservanza dei precetti salafiti e la fedeltà alla Repubblica.”
L’imam marocchino è finito così nel mirino della Digos, che ha fatto scattare un’indagine culminata con il decreto di espulsione di settimana scorsa.
Sentita da VICE News, l’avvocato Laura Mattucci, difensore d’ufficio di Fagrouch, sostiene che il decreto di espulsione non contenga prove o documenti che supportassero le accuse. Fagrouch – secondo la sua versione – non si sarebbe rifiutato di giurare sulla Costituzione ma non sarebbe semplicemente andato a ritirare la cittadinanza.
Mercoledì sera Fagrouch è stato spedito a Casablanca, dove ora si trova rinchiuso in carcere in attesa che le autorità italiane comunichino le accuse a suo carico. I magistrati marocchini potranno poi decidere se procedere con un processo penale nei suoi confronti.
Normalmente un provvedimento di espulsione non prevede l’incarcerazione nel paese di arrivo e, come sottolineato dal suo legale, non è chiaro perché l’imam si trovi dietro le sbarre.
Fagrouch – e tutti quelli che lo conoscono da vicino – negano che lui fosse in qualche modo radicalizzato. “Un credente devoto, ma non un estremista,” hanno detto al Corriere della Sera i fedeli della sua moschea trevigiana.
Dalla cella di Casablanca in cui si trova, l’uomo ha espresso incredulità per la vicenda — sostenendo di essere pronto anche a fare un passo indietro. “Non capisco cosa ho fatto di male, sono innocente e non sono un estremista,” ha detto lo stesso 33enne. “Dovete liberarmi. Se vogliono che giuri sulla Costituzione lo faccio subito, per me non è un problema.”
Puntualmente come in ogni caso simile, l’espulsione di Fagrouch è finita per essere strumentalizzata per puri fini politici.
Congratulando la questura per il suo “pressing”, il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia (Lega Nord) ha detto che “nessuno, nemmeno per motivi religiosi può permettersi né di violare le nostre leggi, né di mettere in discussione i fondamenti della Costituzione.”
“Se a questo signore non andavano bene le nostre regole avrebbe fatto bene a non venire proprio,” ha concluso Zaia. “Bene che ora sia stato rispedito al mittente.”
A partire dagli attentati terroristici contro la rivista francese Charlie Hebdo nel gennaio 2015, l’espulsione è diventato lo strumento principale della lotta al terrorismo di matrice islamica.
Un’arma legale voluta fortemente da Alfano, che l’ha inserita nel pacchetto antiterrorismo varato nell’aprile 2015.
Complice il fatto che tenere in carcere presunti terroristi si è rivelato abbastanza difficile, gli inquirenti hanno fatto sempre più ricorso all’espulsione — un procedimento immediato e con pochissime possibilità di appello.
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Da allora a oggi il ministero dell’Interno ha eseguito 115 rimpatri forzati nei confronti di presunti soggetti radicalizzati o vicini a idelogie jihadiste. Dodici degli espulsi – tra cui lo stesso Fagrouch – erano imam.
Trattandosi di una misura a maglie larghe, i motivi che spingono il Viminale a chiedere l’espulsione possono essere svariati.
Ma è possibile che qualcuno venga rimpatriato per il solo motivo di non aver giurato sulla Costituzione?
Per Guido Savio, avvocato dell’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI), quello dell’imam marocchino è un caso “veramente paradossale.”
“Francamente, una cosa del genere non si è mai vista,” commenta Savio a VICE News. “Questo sembrerebbe un uso abnorme di uno strumento eccezionale di alta politica.”
Savio si domanda come sia possibile che lo stesso Ministero abbia prima dato il via libera alla sua richiesta di cittadinanza e, poi nel giro di pochi mesi, abbia trovato gli estremi per espellerlo dal territorio italiano.
“Se uno non giura la Costituzione, la conseguenza è che non diventa cittadino italiano,” aggiunge l’avvocato. “Da lì a decidere di espellerlo è un passaggio che stupisce.”
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Foto in apertura di European People’s Party via Flickr, pubblicata su licenza Creative Commons