Qualche considerazione sul caso di Insinna e Striscia la Notizia

Non ho grande interesse né dimestichezza con il mondo dello spettacolo italiano. Benché sapevo vagamente chi fosse, a Flavio Insinna, ex conduttore del defunto programma Affari Tuoi (o più comunemente quello-dei-pacchi) ho associato definitivamente un volto e una voce solo due mesi fa, per effetto di una valanga di status e articoli.

Sì trattava del volto e della voce di un personaggio estremamente “positivo”, perché allora Flavio Insinna era un eroe di sinistra. Il conduttore era stato infatti stato ospite di Carta Bianca, il talk show di Bianca Berlinguer, dove aveva parlato di umanità, di oppressi e del “paese in cui credo.” All’epoca il filmato era stato condiviso sulla pagina Facebook di Sinistra Italiana con centinaia di commenti euforici, e il Corriere aveva descritto il conduttore coi toni di uno Steve Jobs provvisto dell’”Alleluja che zittisce gli haters.”

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Fast forward di due mesi e mi ritrovo di nuovo, mio malgrado, ad avere a che fare con Flavio Insinna—anche se di lui ora si parla in tutti altri termini. Da 48 ore, infatti, Insinna è l’argomento del giorno (ieri nei trending topic di Twitter ha superato anche l’incredibile coppia Trump-Papa Francesco) per un video che lo vede protagonista negativo.

Per ripercorrere brevemente la faccenda, martedì sera Striscia la notizia ha mandato in onda un servizio nel quale mostra i fuorionda di Flavio Insinna ai tempi in cui conduceva Affari Tuoi. Si tratta obiettivamente di uscite forti, nelle quali il presentatore, con una intensità invidiabile, spara a zero un po’ contro tutti: i collaboratori che non sanno fare il programma e non sanno “lavorare la merce,” le regole del programma che andrebbero cambiate (“del resto hanno truccato le votazioni per fare la Repubblica”), i concorrenti che sono “cinque simpatici iellati” o anche “una nana che parla con le mani davanti alla bocca.”

Data l’altissima confusione sul tema e il fatto che non imbattersi nella vicenda sembra impossibile, ho provato fare chiarezza analizzando quattro punti che ne emergono.

IL MESSAGGIO POLITICO TRASMESSO DAL SERVIZIO DI STRISCIA

La cosa a mio parere più interessante—al di là della polemica in sé, che lascia un po’ il tempo che trova—è il modo in cui è costruito il servizio di Striscia. A partire dalla sua lunga durata—nove minuti, più un altro servizio di dieci andato in onda ieri sera, con altre registrazioni e fuorionda—a cui si aggiungono la struttura semplice ma efficace e la cattiveria chirurgica.

L’alternanza tra le frasi “di sinistra” dette da Insinna in onda in occasione della sopracitata ospitata a Carta Bianca—spesso prese in giro tramite l’accostamento a epiteti ridicoli, tipo “il subcomandante Flavio” o “dice cose marxiste-leniniste”—e il comportamento ipocrita del conduttore nei fuorionda in cui insulta concorrenti e dipendenti RAI è studiata a uno scopo preciso.

Questo scopo è dichiarato esplicitamente da Striscia nel secondo servizio: da una parte, mostrare l’ipocrisia e le menzogne del conduttore; dall’altra, mostrare come la sinistra italiana sia stata pronta a bersi tutte le sue bugie.

Insomma, Striscia sembra dire di voler aiutare la sinistra a non fidarsi di “uno dei tanti che si fingono compagni solo per trarne qualche vantaggio” (segue una grafica di Insinna nei panni di Che Guevara). Ma la verità è un’altra: il messaggio che si vuole far passare è che non esistono buoni, ma solo “buonisti” che parlano bene in pubblico e poi, quando le telecamere sono spente, sono i primi ipocriti. E questo è un messaggio politico abbastanza preciso.

NO, NON È CHE “SON COSE CHE DICIAMO TUTTI” E QUINDI VA BENE

Il commento che ho letto forse più spesso in queste ore, sui social e in articoli, è quello di chi giustifica Insinna dicendo che “sono cose che diciamo tutti in privato.”

Il sottotesto di questo tipo di commento è che stupirsi di quello che si sente dire nella registrazione è da ipocriti buonisti, in quanto si tratta di uno sfogo e chiunque in privato si lascia andare a commenti e giudizi che cozzano con la sua immagine pubblica. La conseguenza logica di questo tipo di commento è che siccome son cose che diciamo tutti, Insinna è giustificato.

Ma anche qualora succedesse a tutti di essere particolarmente stronzi in privato, questo vorrebbe dire che alle volte siamo tutti particolarmente stronzi, non che siamo tutti giustificati.

SEMPLICEMENTE, INSINNA NON ERA UN EROE, E OGGI NON È UN MOSTRO

Come già detto, il servizio di Striscia ruota tutto attorno a una contrapposizione: il buon Flavio Insinna che parla come fosse il nuovo pioniere di una sinistra utopistica— guadagnandosi così l’appoggio e lo sguardo fiero di esponenti della sinistra vera quali Michele Emiliano e Maurizio Landini—e quello del Flavio Insinna dietro le quinte, che sembra la versione incazzata di un dittatore latinoamericano.

Che Striscia abbia giocato su tale contrapposizione non rappresenta di certo una sorpresa, ma il fatto che la gente abbia creato le premesse per cui questa contrapposizione fosse così evidente dovrebbe far riflettere. Anche perché Insinna non è il primo e non sarà l’ultimo personaggio del mondo dello spettacolo a incarnare queste dinamiche.

Molto probabilmente, Insinna è sia quello delle frasi alla Steve Jobs che quello degli insulti a concorrenti e collaboratori. Del resto il fatto che le persone di solito non siano solo bianche o nere è una cosa che nella vita reale vediamo costantemente e che non fatichiamo ad accettare, ma che per qualche ragione non riusciamo ad applicare al mondo dello spettacolo.

Tanto che capita, come emerge oggi dai commenti su Twitter, che la gente si senta “tradita personalmente” da Insinna.

STRISCIA C’È

Per me come per molti altri, Striscia è morto verso i 16 anni, quando dopo qualche mese in cui rappresentava un appuntamento regolare, mia madre si è rifiutata di continuare a far cenare me e i miei fratelli di fronte a Canale 5. Non mi ricordo da cosa sia stato sostituito, ma di fatto se mi basassi semplicemente sulla mia vita e su quella delle persone che mi circondano Striscia potrebbe essere descritto come un programma super trash degli anni Novanta famoso solo per le veline, che non ha alcun valore e nessuna influenza nello scenario pubblico italiano. Del resto, lo stesso discorso vale per la televisione, che ci sentiamo costantemente dire non conta più.

Bene, non è così.

Martedì 22 maggio, il giorno del servizio di Insinna, Striscia si è posizionata al primo posto degli ascolti con il 23,57 percento di share. E nonostante lo share sia calato in modo sensibile dal 2001, il programma continua a macinare numeri che sfiorano il 20 percento, con una media che nella stagione 2015-2016 ogni sera metteva davanti ai teleschermi quasi 5 milioni di telespettatori.

Magari tra quei 5 milioni di telespettatori non c’è nessuna delle persone che conosco, eppure forse il punto è questo: Striscia è la realtà e siamo noi che la ignoriamo, non il contrario.

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