Fabio Tasca ha fotografato i luoghi della cronaca nera milanese


Ricordo che da bambino passavo ore a sfogliare un almanacco de L’Europeo che raccoglieva il meglio della cronaca nera comparsa sulla rivista—articoli di gente come Alberto Moravia, Giorgio Bocca e Camilla Cederna, che raccontavano alcune delle storie più cruente avvenute in Italia dalla Seconda Guerra Mondiale all’inizio degli anni Duemila. C’erano il caso di Leonarda Cianciulli, “la saponificatrice di Correggio,” la morte di Pier Paolo Pasolini, il delitto dell’Olgiata.

Insomma, anche se non ho mai capito come possa essere considerata rilevante in termini giornalistici, ho sempre subito il fascino della cronaca nera come narrazione. Per questo quando mi sono imbattuto in LIFE Milano (Artphilein Editions, Lugano, 2015), un libro fotografico che racconta le principali vicende di cronaca nera avvenute a Milano fotografando gli angoli della città in cui si sono svolte, ne sono rimasto subito colpito.

Videos by VICE

L’autore del libro è Fabio Tasca, un fotografo che si occupa prevalentemente di fotografia paesaggistica e architettonica. Una specializzazione che si riflette anche nelle foto contenute nel libro, in cui l’elemento umano è totalmente assente—anche se, in realtà, è il motore da cui prende avvio tutto quanto. Dopo aver visto le sue foto, ho deciso di chiamarlo per parlare del suo lavoro, di cronaca nera e di quanto è cambiata Milano negli ultimi anni.

(© Fabio Tasca)

PIAZZA DELLA SCALA, 29 AGOSTO 1925
Ester Ghezzi, giovane sposa di 22 anni, si sta scambiando effusioni amorose con l’amate quando scorge il marito Virginio de Fabritiis, 35enne ufficiale di artiglieria. Cerca di andargli incontro sotto il porticato del Teatro alla Scala, quando questi estrae la pistola d’ordinanza e le spara sei colpi a bruciapelo, uccidendola. Al processo verrà assolto per aver agito “in stato di totale infermità mentale.”

VICE: Ciao Fabio. Raccontami un po’ com’è nato questo progetto.
Fabio Tasca: È nato intorno al 2000. All’epoca vivevo ancora a Milano, dove sono nato, e avevo iniziato a uscire in bicicletta per esplorare meglio la città. Uscivo dopo mezzanotte, per potermi muovere più liberamente e in un paesaggio deserto. Così, in queste notti ho iniziato a fare fotografie, senza avere progetti in mente. Girando per la città in bicicletta alle tre-quattro di notte ho avuto modo di vedere scorci di Milano che non conoscevo.

Poi mi è capitato tra le mani un libro, 365 delitti, uno al giorno, che racconta fatti di cronaca nera avvenuti in ogni parte del mondo ma che trattandosi di un libro italiano privilegia quelli italiani. E in questo libro ho trovato una storia che mi ha colpito e che sarebbe andata a far parte del mio progetto: il cosiddetto “delitto della Milano bene,” l’assassinio dell’industriale Enzo Isola. Mi ha colpito perché il giorno in cui l’ho letto mi sono trovato a passare proprio nella zona dov’era avvenuto—in un box in via Morigi, in centro a Milano. È stato da questa circostanza che ha preso l’avvio tutto il progetto.

Come sei arrivato a conoscere i fatti di cronaca nera che hai fotografato?
Ho usato varie fonti: ho cercato tra vecchi lanci d’agenzia e consultato vecchie copie del Corriere della Sera alla biblioteca Sormani. Non ero partito con l’idea di coprire 600 anni di storia, ma alla fine ho trovato notizie e luoghi interessanti molto indietro nel tempo e sono finito per arrivare a fotografare anche una vicenda risalente a quella data—l’uccisione di Giovanni Maria Visconti nei pressi dell’odierno Arengario, nel 1412.

Ho cercato di lavorare tenendo sempre presente una sorta di progettualità che mi aiutasse a capire in che direzione mi stavo muovendo. Mi documentavo su ogni fatto e poi andavo sul posto. Non si trattava per forza di fatti eclatanti, preferivo che fossero legati a un luogo interessante dal punto di vista fotografico. Alla fine sono venute fuori circa 150 immagini, anche se il libro ne raccoglie 39. L’evento più recente che ho fotografato risale al 2003. Nel libro ogni foto è accompagnata da una didascalia che racconta il fatto di cronaca ad essa collegato.

(© Fabio Tasca)


VIA OSOPPO, 27 FEBBRAIO 1958
Una banda di sette rapinatori assale un furgone blindato della Banca Popolare di Milano che trasporta banconote, azioni e assegni circolari per un valore complessivo di mezzo miliardo di lire. Il progetto criminoso viene studiato nei minimi particolari per ben dieci mesi. I banditi, a bordo di una Fiat 1400, un camion “Leoncino,” un furgone e una Giulietta Sprint hanno la meglio sull’autista del blindato e i due agenti di scorta. Tre minuti di terrore sconvolgono questa strada di Milano. I rapinatori si dirigono quindi in un box situato in via Plinio, dove si spartiscono i contanti, 114 milioni di lire, abbandonando il resto della refurtiva. Appostamenti e pedinamenti consentiranno alla Polizia di effettuare l’arresto di tutti i rapinatori. Tutti gli arrestati confesseranno il ruolo avuto nella vicenda.

In base a cosa hai selezionato i luoghi e le storie da fotografare?
Allora, non volevo fare un trattato di criminologia, volevo fare un libro fotografico. Per cui il criterio principale che mi ha guidato è stato estetico: ho scelto le immagini che mi sembravano più pregnanti dal punto di vista fotografico. Poi, oltre a questo, ho anche cercato di distribuire in modo omogeneo le immagini sui sei secoli che avevo coperto.

Mi sono concentrato soprattutto sugli eventi dimenticati, di cui magari avevo trovato un lancio d’agenzia e nulla più: per esempio, ho fotografato una strada dov’era morto un meccanico che stava lavorando sotto un’auto mentre questa veniva rubata—non un fatto eclatante, ma mi piaceva l’atmosfera del posto dov’è successo. Ma in generale, ho cercato di seguire sempre un criterio estetico. Non volevo che venisse fuori una cosa ridondante, troppo densa di fatti.

(© Fabio Tasca)


VIA QUARANTA, 16 MARZO 2005
Un uomo fa irruzione in un garage e dopo aver minacciato un meccanico sale a bordo di una Audi A4 nera. Il meccanico si aggrappa al cofano e viene trascinato fino in via Quaranta, dove viene sbalzato a terra, mentre l’auto prosegue la sua corsa. Scattano i soccorsi per il malcapitato e sul posto giungono i carabinieri, che condurranno le indagini del caso.

Quali sono stati gli episodi che ti hanno più colpito tra quelli che hai incontrato nelle tue ricerche?
Le storie che mi hanno colpito di più—che ho trovato più interessanti in generale, non dal punto di vista fotografico—sono quelle che vanno più indietro nel tempo. È stato interessante notare come esse si muovano su livelli temporali.

Il primo è ovviamente quello in cui è avvenuto il fatto: io fotografavo un luogo che al momento dell’evento avrà avuto un certo aspetto. Il secondo è il livello del momento in cui ho scattato la foto, e cioè ormai circa dieci anni fa: anche in quel caso, il posto aveva un certo aspetto molto diverso da quello che aveva prima. E poi c’è anche un terzo livello, quello del presente: Milano è cambiata moltissimo dai tempi in cui lavoravo a questo progetto, e molti dei luoghi che ho fotografato ora sono diversi.

Inoltre, le cose che ho trovato più affascinati sono i delitti insoliti. Quello di Enzo Isola, per esempio, mi ha affascinato molto perché rimane ancora sospeso nel tempo. E anche il luogo in cui è avvenuto è interessante, un garage in centro a Milano. Un’altro luogo a mio parere molto suggestivo è piazza Vetra, dov’è avvenuta l’ultima esecuzione capitale di due streghe che sono state arse sul rogo.

Ci sono immagini a cui sei particolarmente legato?
Per non essere troppo didascalico, non ho fotografato sempre il luogo preciso in cui è avvenuto un delitto. E proprio le immagini che non ritraggono i luoghi del delitto sono quelle a cui mi sento più legato.

In generale, direi che i miei scatti preferiti sono due: quelli che documentano le morti di Pinelli e del giornalista del Corriere della Sera Walter Tobagi. Nel primo caso ho fotografato via Scaldasole, il luogo dove sorgeva il circolo anarchico da cui Pinelli è stato prelevato da Calabresi per essere portato in questura, dove poi sarebbe morto. Nel secondo caso, l’immagine è quella in copertina, che raffigura il piazzale di porta Genova. Lì non è accaduto niente, ma è il posto in cui si è riunito il commando di brigatisti che poi si è diretto verso via Salaino per uccidere Tobagi.

Insomma, le cose che mi interessano di più sono queste—sempre per il discorso della stratificazione temporale. Non tanto i luoghi in cui è avvenuto il delitto, ma quelli in cui il delitto si è formato, in cui si sono formati i suoi presupposti.

(© Fabio Tasca)


VIA SCALDASOLE, 12 DICEMBRE 1969
Nel pomeriggio, due ore circa dopo l’attentato di piazza Fontana, Giuseppe Pinelli, ferroviere, si trova nella sede del circolo anarchico “La Comune” di via Scaldasole. Il commissario Luigi Calabresi, incaricato delle indagini, fa un sopralluogo al circolo e invita Pinelli a seguirlo in Questura per un interrogatorio da parte di alcuni funzionari dell’Ufficio Politico. Pinelli verrà trattenuto fino alla notte del 15 dicembre, quando morirà precipitando da una finestra del quarto piano nel cortile interno della Questura.

Tornando alla stratificazione temporale di cui parlavamo prima, quanto è cambiata la città da quando hai realizzato questo progetto ad oggi?
Le zone centrali e quelle intorno al centro sono cambiate molto, sono state oggetto di molti interventi anche in vista di Expo. Una zona come quella tra Centrale e Garibaldi, che era una sorta di terra di mezzo molto particolare e che portava ancora i segni dei bombardamenti, si è completamente persa, diventando una sorta di centro direzionale pieno di grattacieli. Non dico che sia per forza un male, dico solo che si è uniformata.

Lo stesso discorso vale per la zona di via Tortona, che si è un po’ omologata alle vie Tortona di Parigi, Londra, New York. Il mio non vuole essere un discorso contro il cambiamento e contro il progresso, però senza dubbio tutto questo ha rappresentato una perdita di identità. Questi luoghi hanno perso quelle caratteristiche che li rendevano “Milano.” Le periferie, invece, non hanno beneficiato della stessa attenzione e degli stessi interventi, e questo è stato sia un male che un bene—perché oggi sono gli unici posti che hanno mantenuto intatta la loro identità.

Grazie, Fabio.

PIAZZALE STAZIONE GENOVA, 28 MAGGIO 1980


La Brigata 28 marzo si compone nel piazzale davanti alla stazione ferroviaria di Porta Genova. Marco Barbone porta nel giaccone una calibro 9 corto con silenziatore montato e una .38 Special Smith & Wesson, Mario Marano è armato con una 7,65, Francesco Giordano carica la sua .357 Magnum, Daniele Laus infila nelle tasche una .38 Special. Paolo Morandini è in bicicletta, disarmato. Il gruppo si avvia verso la casa di Walter Tobagi, giornalista del Corriere della Sera, poco distante, in via Salaino, dove verrà ucciso con sei colpi di pistola. (© Fabio Tasca)

Per vedere altre foto di Fabio Tasca, visita il suo sito. LIFE Milano è uscito nel 2015 per Artphilein Editions, Lugano. A Milano, è distribuito da Micamera Bookstore.

Segui Mattia su Twitter