Abbiamo parlato con Giuseppe Antoci, sopravvissuto a un agguato mafioso in Sicilia

Poche ore fa, il presidente del Parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci – da tempo nel mirino della mafia per le sue attività di contrasto alla criminalità organizzata – è stato vittima di un agguato.

Erano da poco passate le due. Antoci e il suo poliziotto di scorta stavano tornando in macchina da una manifestazione a Cesarò, quando hanno trovato la strada bloccata da alcuni massi.

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Due uomini hanno aperto il fuoco sulla vettura mirando prima ai copertoni poi all’abitacolo: solo la blindatura della carrozzeria ha fermato i pallettoni.

L’agente che accompagnava il presidente ha risposto al fuoco, riuscendo a far allontanare i due sicari anche grazie all’intervento dell’altra volante di scorta, con a bordo il dirigente Daniele Manganaro, commissario di Sant’Agata di Militello e vicequestore di Messina.

Nel conflitto a fuoco nessuno è rimasto ferito. Il commando è però riuscito a fuggire, mentre la scorta portava al sicuro Antoci , ‘colpevole’ di avere siglato un accordo con la prefettura di Messina con l’obiettivo dichiarato di mettere un freno nelle attività delle cosche.

Dopo un primo controllo in ospedale, il presidente del parco è stato immediatamente dimesso.

Vice ha incontrato Giuseppe Antoci il 3 febbraio, in un agriturismo nel cuore del Parco dei Nebrodi, per il documentario “Carne Nostra” sugli interessi della mafia nel mercato della carne.

Anche allora, pur ammettendo le difficoltà di dover vivere sotto scorta, il Presidente ribadiva il proprio impegno contro l’illegalità. “Questa terra non è di nessuno – ci ha detto – se qualcuno pensa che c’ha messo le mani… ha fatto male i conti.”

La nostra intervista a Giuseppe Antoci:

Quello di ieri notte è sicuramente l’attacco più diretto mai lanciato ad Antoci, ma non è certo il primo.

Già a dicembre 2014 nell’ufficio del Parco era arrivata una lettera con un messaggio chiaro: “Ne avete per poco tu e Crocetta. Morirete scannati.”

A luglio del 2015, era stata ‘recapitata’ una molotov con la scritta “ve ne dovete andare.” Poi è stata la vota dei proiettili, inviati via posta non solo ad Antoci, ma a tutti coloro che avevano avuto un ruolo nella firma del protocollo di legalità che l’ente Parco dei Nebrodi ha siglato con la prefettura di Messina, con l’obiettivo dichiarato di mettere un freno nelle attività delle cosche.

E probabilmente non è un caso che l’attentato della scorsa notte sia arrivato poco dopo la decisione del Tar Sicilia di rigettare il ricorso presentato da diversi imprenditori, considerati vicini alla mafia locale, verso le quali si è proceduto con la revoca delle concessioni.

Le loro aziende, infatti, sorgevano su terreni demaniali senza averne il diritto né le necessarie certificazioni antimafia.

Proprio in merito alla decisione del Tar, il sindaco di Troina Sebastiano Fabio Venezia – anche lui sotto scorta ha ammesso una certa preoccupazione “perché sono stati toccati interessi economici ingenti.”

“Si parla di 4.200 ettari di bosco, per affari di oltre un milione e mezzo di euro l’anno legati ai fondi europei,” ha spiegato Venezia, sindaco di Troina. “Queste società agivano senza avere mai partecipato a una gara e, quando queste sono state indette, sono emersi i problemi, con le interdittive della prefettura. È saltato il sistema.”

L’agguato ad Antoci ha fatto subito innalzare la protezione anche per Venezia. “Per il momento ci è stato detto di ridurre al minimo gli spostamenti – ha detto – la tensione è alta.”

Anche il governatore della Sicilia Rosario Crocetta ha manifestato la sua vicinanza al Presidente del Parco: “Occorre rafforzare le misure di sicurezza a favore di Antoci,” ha dichiarato, “e intensificare l’azione di lotta contro la mafia dei Nebrodi, che pensa ancora di essere potente e immune. Dobbiamo liberare la provincia di Messina dalla mafia dei colletti bianchi e da quella che nei territori esercita un potere violento verso i cittadini.”

Il prefetto di Messina ha convocato per oggi il Comitato per l’ordine e la sicurezza, e del caso si sta occupando anche la Direzione nazionale antimafia (DNA).

In un comunicato stampa il presidente Antoci ha voluto innanzitutto ringraziare la Polizia per “avermi salvato la vita”. ha poi aggiunto “Sono certo di chi siano i mandanti: sono i mafiosi dei Nebrodi ma anche la ‘ndrangheta, perché il protocollo che abbiamo messo in atto qui in Sicilia sarà applicato anche in Calabria. Il Consiglio regionale si è già determinato sulla sua approvazione. So chi mi vuole morto.”

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