(7,62 sterline) “Credo che questa foto riassuma l’intera serie,” dice Mike. “Una rappresentazione della realtà—di una comunità specifica—nel sud del Galles.”
Facendo il tassista incontri gente di ogni tipo. È la natura stessa del lavoro. Se non incontri tanta gente vuol dire che non ti sta andando proprio benissimo e probabilmente dovresti riconsiderare le tue scelte di vita.
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Mike Harvey viene dal Galles del sud e ha iniziato a fare il tassista per pagarsi i viaggi in giro per il mondo. Qualche mese passato a scarrozzare gente in giro per Swansea; un paio di mesi in Brasile. Sei mesi a fare il turno di notte, e poi tre in Egitto, in Nepal, a Kathmandu.
A un certo punto ha deciso di documentare le ore passate a guidare il taxi: durante il viaggio parlava coi clienti, li fotografava e a fine corsa li ringraziava. Ha smesso di fare il tassista più o meno un anno fa, ma nel frattempo ha raccolto alcuni dei suoi scatti migliori—scegliendo come titolo il prezzo della corsa—e ha creato un progetto che al momento è in mostra al Monkey Cafe & Bar di Swansea.
L’ho incontrato per fargli qualche domanda.
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VICE: Ciao Mike. Perché hai iniziato a fotografare i tuoi clienti?
Mike Harvey: Mi affascinava molto, il lavoro del tassista. Non puoi mai sapere chi monterà in macchina alla corsa successiva, e i passeggeri e i momenti di imbarazzo mi hanno insegnato molto. Così ho comprato una DSLR e ho cominciato a scattare. Volevo che le foto fossero una testimonianza del viaggio che avevamo condiviso, perché in quel periodo per il mio taxi passavano moltissime persone.
Ed erano contente di farsi fotografare?
Be’, in tutto ho documentato 130 viaggi; solo nove persone hanno rifiutato di farsi fotografare. Lo facevo sempre alla fine della corsa, quando si era già instaurato un certo rapporto. Credo sia stata una delle esperienze più istruttive della mia vita, davvero, dal praticare il massaggio cardiaco a qualcuno sul ciglio della strada alla donna incinta che scappa dal taxi senza pagare, a piedi nudi…
Cos’era successo?
Ero fuori città, verso le tre di mattina, quando sul ciglio della strada trovo una ragazza molto incinta, seduta per terra a piedi nudi. Mi ha fatto fermare, è salita e… a volte guidare un taxi è un servizio di consulenza improvvisato. Le ho detto che ubriacarsi durante la gravidanza non è il massimo, e ci siamo fatti una bella chiacchierata. E poi, quando l’ho fatta scendere, è scappata. Di solito li inseguo, però, capisci, lei era incinta. L’ha fatta franca, ma perché l’ho lasciata andare.
Capitava anche che mi offrissero della droga, tipo ketamina. Insomma, io non mi drogo a prescindere, ma chi è che si fa di ketamina mentre guida?
(3,82 sterline) “Conosco la madre di questi ragazzi, mi ha permesso di scattare una foto affinché potessi mostrare tutti i membri della comunità—anziani, giovani e quelli che stanno nel mezzo.”
Forse chi ha voglia di fare un incidente. Lo facevano per non pagare, o che so, per divertimento?
Così, come se fosse un servizio aggiuntivo. “Ti dispiace se ci facciamo una striscia qui dietro?”, ma mi proponevano anche cose a tre, a quattro… erano una costante fonte di intrattenimento. Oppure, visto che molti erano fatti o ubriachi, mi riversavano addosso la loro vita, mi raccontavano i loro problemi di coppia, la loro vita, dicevano che pensavano al suicidio. Quindi dovevo sforzarmi e uscirmene con qualche riflessione per farli arrivare a fine corsa con un’idea un po’ diversa.
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E questo che conseguenze ha avuto su di te, a livello personale? Immagino che sapessi a cosa saresti andato incontro mettendoti alla guida di un taxi, ma non che qualcuno si sarebbe seduto sul sedile posteriore dicendo “voglio suicidarmi.”
Onestamente non avevo idea di cosa mi aspettava. Ricordo che alla mia prima corsa ero tesissimo, avevo paura di fare qualche incidente. Mi sentivo sempre molto responsabile, e penso che questo senso di responsabilità si sia prestato a quelle situazioni in cui i clienti mi confidavano i loro problemi. Non mi turbavano, volevo rendermi utile. La cosa divertente è molti non li ho mai più rivisti—le persone con cui ho parlato e che spero di aver aiutato, non so che fine abbiano fatto.
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Ci sono viaggi che hanno avuto un significato particolare?
Una volta mi sono ritrovato sul luogo di un incidente. Avevano investito diverse persone; ho provato a fargli il massaggio cardiaco, ma non ce l’hanno fatta. Quella è stata un’esperienza diversa—abbastanza straziante, a dir la verità. Dall’altra parte invece, dato che la compagnia per cui lavoravo aveva un contratto con una casa di tolleranza, era sempre molto interessante portare le ragazze che ci lavoravano. Con alcune avevo costruito un bel rapporto, mi dicevano cose tipo, “Nottata difficile, Mike?” Non sapevo mai se fare anche a loro la stessa domanda.
(4,66 sterline) “Questa signora è parente della mia matrigna. Di tutta la raccolta, è una dei pochi clienti che conosco personalmente.”
Hai imparato anche qualcosa sulla tua città natale?
Se ci pensassi un po’ potrei elencare molti particolari specifici, ma direi che in linea di massima quest’esperienza mi ha fatto apprezzare le persone, i loro pensieri, interessi e preoccupazioni. Sono giunto alla conclusione che siamo tutti uguali—ognuno ha i suoi problemi e i suoi complessi, nessuno escluso.
Pensi che fare il tassista abbia fatto di te un osservatore più attento?
Sì—tanto fare il tassista che visitare posti come Delhi o Kathmandu. Penso che mi abbia dato la capacità di analizzare le persone più da vicino, anche se sono sempre stato un buon osservatore. Penso che venga proprio da lì l’idea di questa raccolta, e anche il fatto che alla fine il lavoro di tassista mi sia piaciuto così tanto.
(42,94) “Mi piace questa posa.”
Pensi di essere giunto a qualche conclusione particolarmente importante sull’umanità?
Ho capito che nel mondo ci sono persone gentili e per bene, e anche persone che non lo sono per niente.
Hai avuto parecchi problemi?
Quasi mai. Anche se una volta un passeggero stava discutendo animatamente con quella che penso fosse la sua ragazza, e ha cominciato a darle delle testate. Io ho detto, “Ehi ragazzi, smettetela. Altrimenti vi porto dalla polizia.”
A quel punto il tizio si è rivolto verso di me e ha cercato di prendermi per il collo. “Ferma la macchina, ferma la macchina,” gridava. Così ci siamo fermati, lui è uscito e voleva tirarmi fuori, ma sono ripartito. La ragazza era ancora sul sedile posteriore e piangeva a dirotto. Le ho chiesto, “Va bene non ci fermiamo e ti lascio a casa?” E lei ha risposto, “Sì, grazie, non ti fermare.”
Ma questa ad essere sinceri è stata più un’eccezione.
(5,15 sterline) “Queste sono fantastiche. Si vestono sempre uguali e hanno un modo di parlare tutto loro. Le ho viste in giro—in coda al supermercato, anche—ma non penso che si ricordino di me.”
Per concludere, quando hai iniziato a fotografare non avevi intenzione di farne una mostra, giusto? Doveva essere un progetto personale?
Esatto. Le immagini sono rimaste a lungo su un hard disk, è stato il mio compagno, Tim, a dire, “Dovresti farci qualcosa.” Adesso non mi dispiacerebbe ampliare la raccolta. Mi piacerebbe farla in altri luoghi, trovare qualche tassista che mi permetta di accompagnarlo e di scattare le foto ai passeggeri, per mostrare tante culture diverse nel contesto del taxi, che è uno spazio comune.
Sì, lo spazio è fondamentale—è molto intimo.
È uno spazio molto ravvicinato trattandosi di sconosciuti, sì. Di solito dico semplicemente, “Rilassatevi, siate voi stessi—non dovete né sorridere né niente.” Potrebbe sembrarti banale o di cattivo gusto, ma guardandoli negli occhi sono riuscito a vedere le loro debolezze, ne ho percepito la natura. E questa cosa mi piace moltissimo.
Le foto ti permettono di vedere anche un po’ dello spazio circostante—il lato socio-economico delle immagini. Siccome le foto le ho scattate sempre alla fine delle corse, spesso si intravede il contesto a cui appartengono i passeggeri. Anche questa è una cosa che adoro.
Per vedere altre foto di Mike visita il suo sito. Se vuoi delle stampe, vai qui.
Segui Jamie Clifton su Twitter: @jamie_clifton