Intervista ai ragazzi che hanno preso la prima multa in Italia per Pokémon Go

Ok, Pokémon Go ha già assunto dimensioni mastodontiche e molto probabilmente vi sarete stufati di leggere articoli sul tema, vedere video di gente che impazzisce per un Vaporeon trovato in un parco e sopportare quei 20-30 grab di Pokémon Go che compaiono ogni giorno sulla vostra home di Facebook.

L’aspetto più interessante del fenomeno—sociologicamente parlando—sono però i modi in cui la app è già arrivata, in un modo o nell’altro, a intaccare la vita reale delle persone che ci giocano. Il primo caso noto è quello degli undici ragazzi finiti in mezzo a una rapina a mano armata per colpa di Pokémon Go. Il primo caso italiano invece sembra risalire a ieri: a Padova due ragazzi si sono beccati una multa per essere andati a catturare Pokémon in motorino, senza patente.

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A riportare la vicenda è il Mattino, il quotidiano locale di Padova, con un articolo dall’incipit incredibile: “Sveglia alle 5, in due sul cinquantino, tablet alla mano e via alla caccia di Pokémon.” Come si legge più avanti, “La coppia di amici era in giro per Padova all’alba […] e i carabinieri li hanno beccati in sella ad un cinquantino, entrambi con uno smartphone in mano e per di più senza documenti.” Secondo il quotidiano, il risultato sarebbe stato una multa di 210 euro e un verbale che riporta la seguente dichiarazione: “mi sono dimenticato sia dell’assicurazione che della patente perché mi sono svegliato alle 5 per cercare i Pokémon.”

I ragazzi coinvolti in questa storia sono Arthur e Marcello—”Atamiyo” e “Armadilloso”—di 19 e 20 anni, entrambi studenti universitari ed entrambi tanto fissati con Pokémon Go da svegliarsi la mattina presto “perché a quell’ora c’è meno gente e si gioca meglio.” Siccome nelle ultime 24 ore sono diventati alternativamente gli eroi o le persone più insultate su Facebook, non ho esitato a contattarli per farmi raccontare nel dettaglio tutta la storia.

VICE: Allora, mi spiegate per bene la vicenda?
Atamiyo e Armadillo: Tutto è iniziato quella sera. Abbiamo passato la solita serata in centro, con l’aggiunta della novità rappresentata da Pokémon Go. Quando siamo tornati a casa alle tre non ci sentivamo soddisfatti: avevamo entrambi voglia di continuare a giocare. Così ci siamo presi una pausa per ricaricare i rispettivi telefoni e siamo ripartiti proprio prima dell’alba. All’alba la città è diversa e di conseguenza lo è anche Pokémon Go: server puliti, nessun bug, totale libertà di movimento. Stava filando tutto liscio: palestre, Pokémon, uno Scyther, finché non abbiamo visto la volante della polizia.

All’improvviso siamo tornati sulla terra. Eravamo su un marciapiede, alle otto di mattina, a dover giustificare cosa diavolo stessimo facendo e perché lo stessimo facendo con quella tranquillità. Alla fine siamo stati graziati, ci hanno dato solo un avvertimento e una multa per questioni burocratiche. Nelle tasche avevamo solo pokéball e iperpozioni, forse qualche aroma, ma niente documenti. I carabinieri sembravano abbastanza increduli.

L’articolo de Il Mattino riporta qualcosa di sbagliato?
Sul Mattino hanno fatto confusione tra titolo e contenuto: siamo stati fermati alle otto vicino a corso Milano, non alle cinque in Prato della Valle. Prato della Valle e le sue palestre ce lo siamo fatti alle sette per colazione.

Quando i vigili vi hanno fermato avete provato a spiegargli cosa stavate facendo?
Certo. Tra l’altro i vigili sembravano essere già informati sull’applicazione, anche se forse era la prima volta che si trovavano ad averci a che fare sul campo. Probabilmente le prossime volte saranno più preparati ad affrontare questa nuova minaccia.

Non vi siete sentiti un po’ stupidi in quel momento?
Probabilmente eravamo increduli pure noi, non sapevamo come sentirci, da un lato preoccupati per l’infrazione che era alla luce del sole. Dall’altro lato ci sentivamo innocenti, perché andavamo a ritmo Slowpoke in modo che il gioco non rilevasse la nostra velocità innaturale (cosa che avrebbe compromesso i nostri progressi) e perché, in fondo, non stavamo facendo nulla di male, solo in modo inusuale e contrario al codice della strada.

Ma fatemi capire, come vi eravate organizzati?
Armadilloso [Marcello] guidava, Atamiyo [Arthur] era il passeggero. Usavamo rispettivamente un cellulare e un tablet, il primo perché è più comodo e meno ingombrante alla guida, il secondo perché ha una batteria che regge molto più tranquillamente l’app—che comunque consuma un sacco perché mantiene attivi contemporaneamente gps, internet e fotocamera. Il tablet dietro faceva da “radar” anche per il telefono, così da distrarre meno la guida. Se da dietro captavamo qualcosa di buono, andavamo entrambi sulla preda. Se non ci fermavano chissà dove arrivavamo, eravamo ben organizzati.

Stavate cercando qualche Pokémon in particolare?
Siamo partiti con due obiettivi, questi:

“Per il primo abbiamo dovuto schiudere molte uova da 10 km—uova che si schiudono dopo aver camminato per 10 km rilevati dal gps—mentre per il secondo abbiamo dovuto catturare 100 Magikarp.”

Siete sempre stati così fissati con i Pokémon?
In realtà, i Pokémon ce li siamo sempre portati dentro. Un tempo eravamo malati per il Game Boy, crescendo l’abbiamo messo da parte ma siamo sempre rimasti affezionati a questo mondo—comprando ogni tanto qualche oggetto a tema, oppure provando a immaginare quanto stravolgerebbe il mondo l’esistenza di creature del genere. Ora è esploso tutto, hanno reso più realistico quello su cui avevamo sempre fantasticato unendo la realtà e le città in cui trascorriamo le nostre vite al gioco con cui abbiamo passato la nostra infanzia. Così, in questo mondo, possiamo quasi dimostrare che, se ce ne fosse davvero la possibilità, “andremmo a prenderli tutti.”

Cosa pensate invece dei vari commenti in cui vi scrivono cose tipo, “ma guarda questi che invece di andare a cacciare figa vanno a cacciare pupazzi”?
È una frase fatta e come tutte le frasi fatte ha un fondo di verità. Ma questa non va molto lontano. Sicuramente è legata al concetto di nerd e quindi fa appello a tutto quel mondo di videogiochi e tecnologia che appunto rientra nella classe degli sfigati.

In questo caso non ha più molto senso dire frasi del genere perché in Pokémon Go la linea che divide il nerd dal ragazzo “normale” è pressochè inesistente. Ho visto giocare a questo gioco persone di ogni genere e classe sociale. Da bambini giovanissimi a rugbisti impettiti fino a trentacinquenni appena usciti da lavoro e tossici da parchetto o fighetti da bar. È un fenomeno globale. Mi spiace se odiate il nostro gioco e sentite il bisogno di sminuirci, ma noi le ragazze le abbiamo sempre avute e siamo sempre stati anche allenatori di Pokémon, bambini troppo cresciuti che si gasano per un Gengar.

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