La testimonianza di un giovane migrante sopravvissuto alla tragedia nel Mediterraneo

Per il sedicenne Said, uno dei quattro minorenni sopravvissuti all’incidente più grave nella storia delle migrazioni nel Mediterraneo, la tragedia di domenica è stata solo l’ultimo episodio di un incubo durato mesi.

Said ha lasciato la Somalia la scorsa estate. Ha salutato le cinque sorelle, i tre fratelli e i genitori, speranzosi che il figlio potesse trovare una via d’uscita alla confusione e alla povertà del paese natale raggiungendo gli zii in Norvegia. Affidatosi a un gruppo di contrabbandieri sudanesi, il suo viaggio è cominciato con migliaia di chilometri attraverso il deserto, passando per l’Etiopia e il Sudan fino a raggiungere il confine con libico.

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In Libia i trafficanti lo hanno tenuto prigioniero per nove mesi, fino a quando i genitori hanno raccolto il denaro per la prima tappa del suo percorso. Con lui c’erano molti altri ragazzi, ha dichiarato Said in una testimonianza rilasciata alla ONG britannica Save the Children. Alle dure condizioni della prigionia si univa la malnutrizione: alcuni dei suoi coetanei imprigionati sono morti di fame di fronte agli occhi occhi di Said.

Una volta che i genitori hanno pagato l’intera somma, Said si è messo in viaggio verso Tripoli. Gli era stato detto che una volta lì si sarebbe potuto imbarcare. Ci sono voluti sei giorni per raggiungere la città, giorni durante i quali è rimasto nascosto, terrorizzato all’idea di essere catturato.

Attorno alle 23:00 del 18 aprile Said è stato indirizzato su un gommone. Insieme a molti altri migranti è stato trasportato su un grosso peschereccio ancorato vicino alla costa libica. Ha sentito i contrabbandieri dire che speravano di riuscire a far salire 1.200 migranti, e sembra che nelle procedure di imbarco molti passeggeri siano stati picchiati. Alla fine hanno dovuto fermarsi a 800 persone poiché non c’era spazio per altri, ha dichiarato Said.

I passeggeri, di provenienza varia—tra cui Sierra Leone, Niger, Nigeria, Etiopia e Bangladesh—sono stati distribuiti su tre livelli. Non c’erano né cibo né acqua e alcune persone sono state chiuse nella stiva.

Quasi 24 ore dopo la partenza, nel mezzo della notte, i trafficanti avrebbero chiesto soccorso. Quando i migranti hanno visto le luci della nave di salvataggio che si avvicinava alla loro imbarcazione si sono riversati tutti su un lato della barca, causandone il ribaltamento. Said è svenuto.

Sulla barca di Said c’erano più di 800 persone (950, secondo un altro passeggero). Solo in 28 sono arrivati a destinazione sani e salvi. Si stima che abbiano perso la vita anche 100 bambini.

Martedì il comandante tunisino del barcone è stato arrestato con l’accusa di omicidio plurimo, e adesso si trova nelle mani dei procuratori italiani con un membro siriano dell’equipaggio. Gli uomini si chiamano Mohammed Ali Malek, 27 anni, e Mahmud Bikhit, 25 anni.

Questo disastro è l’ultimo di una lunga serie di tragedie che vedono protagonisti i migranti decisi a mettere a rischio le loro vite per raggiungere l’Europa, in fuga da povertà estrema e conflitti. Con il tentativo dei contrabbandieri di imbarcare più persone possibili su imbarcazioni vecchie e inadatte al fine di massimizzare i profitti, gli incidenti fatali sono frequenti.

Prima di essere interrotta, l’operazione Mare Nostrum avrebbe salvato 100.000 vite. Lo scorso anno è stata sostituita a seguito della mancanza di fondi e delle critiche di chi sosteneva incoraggiasse gli arrivi. È stata parzialmente sostituita dall’iniziativa europea Triton, un’operazione che, con un terzo dei fondi, opera in un’area molto più limitata.

Dalla fine di Mare Nostrum, il bilancio dei morti nel Mediterraneo è salito. L’ultima tragedia ha portato molti ad accusare l’Unione Europea, alla quale viene chiesto di intervenire per scongiurare altri incidenti e di rispettare le convenzioni internazionali su asilo e rifugio. I ministri europei hanno convocato un incontro di emergenza che si terrà giovedì a Bruxelles.

Save the Children stima che, a questi ritmi, nel 2015 nel Mediterraneo potrebbero perdere la vita 2.500 bambini. “I bambini che arrivano sono esausti e traumatizzati da ciò che hanno passato, non soltanto in mare ma anche durante il lungo e pericoloso viaggio via terra,” ha detto la portavoce Gemma Parkin a VICE News. “Ma dicono anche di essere grati di essere vivi e al sicuro: sanno di essere stati fortunati.”

Al momento Said si trova in un centro di accoglienza per minori a Catania, con gli altri tre minorenni sopravvissuti alla tragedia. Sono tutti maschi: un ragazzo somalo di 17 anni e due coetanei dal Bangladesh. I ragazzi somali hanno chiamato i genitori per comunicare loro che sono sopravvissuti.

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