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Perdersi in questa foresta è un buon modo per salvarsi dalla fine del mondo

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In un’epoca in cui la crisi climatica sta sottolineando tutti gli errori che l’umanità ha compiuto nel rapporto con la natura, è inevitabile chiedersi anche quale ruolo giochi la tecnologia nello scenario attuale. Sappiamo che i rifiuti tecnologici—dai vecchi tubi catodici agli smartphone oggi—sono tra i più complessi da smaltire e la loro sovrapproduzione comporta molto spesso l’alimentazione di conflitti e sfruttamenti in paesi in via di sviluppo ma ricchi di terre e metalli rari.

Allo stesso tempo, l’innovazione e la rete sono elementi fondamentali di un futuro sostenibile e socialmente organizzato. Non ha senso pensare che il modo migliore per salvare il pianeta sia tornare a vivere a lume di candela, eppure è chiaro che qualcosa deve cambiare. Come affrontare questo discorso senza cadere in polarizzazioni? È possibile usare la tecnologia, piuttosto, per riscrivere completamente il nostro rapporto con la natura, senza apocalissi in mezzo?

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Lo scorso luglio, all’ultima edizione del festival Sónar+D di Barcellona il collettivo teamLab—“un gruppo interdisciplinare di ultratecnologi la cui pratica collaborativa cerca di esplorare la confluenza tra arte, scienza, tecnologia, design e mondo naturale”—ha tenuto un talk sulla propria pratica artistica e si è trattato a tutti gli effetti di un viaggio verso mondi digitali mai visti prima, che intersecano e amalgamano perfettamente natura e tecnologia, riposizionando l’essere umano in un nuovo rapporto con il mondo.

Abbiamo parlato con teamLab per capire come l’immersione in queste nature aumentate dalla tecnologia, fatte di corpi che entrano in relazione e si trasformano, possa diventare la traccia da seguire per raggiungere un lontano futuro possibile che cerca di superare la nostra attuale crisi climatica distruggendo del tutto quel confine artificiale che abbiamo creato per posizionarci, come signori incontrastabili, sopra la natura.

La seguente intervista è stata editata per ragioni di brevità e chiarezza.

MOTHERBOARD: Il nostro rapporto con la natura è al centro delle vostre opere. Cosa significa natura per teamLab?
teamLab: teamLab mira a esplorare una nuova relazione tra uomo e natura e tra se stesso e il mondo attraverso l’arte. La tecnologia digitale ha permesso all’arte di liberarsi dai confini fisici e trascendere. teamLab non vede alcun confine tra uomo e natura e tra sé e il mondo; l’uno è nell’altro e l’altro nell’uno. Tutto esiste nella continuità di una vita che è lunga, fragile ma miracolosa, e senza confini.

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teamLab, Four Seasons, a 1000 Years, Terraced Rice Fields-Tashibunosho, 2016, Digital Work, 6 channels, 1000 years © teamLab — immagine per gentile concessione di teamLab e Pace Gallery

Come influisce sulla vostra arte l’attuale crisi climatica? Molte delle vostre installazioni mostrano elementi naturali che reagiscono alla presenza dell’essere umano—nel mondo reale è qualcosa che la natura sta facendo in risposta all’economia capitalista.
Anche se teamLab non si considera consapevolmente un Artista Ambientale, un tema comune alla maggior parte delle nostre opere d’arte è quello della cooperazione e dell’armonia tra l’uomo e la natura, e l’esplorazione di questo rapporto. Abbiamo un’opera in cui, quando le persone toccano la natura, i fiori appassiscono e muoiono, ma quando le persone sono attente alla loro distanza dai fiori, gli esseri umani in realtà nutrono la natura.

Una delle nostre opere meno recenti, 100 Years Sea, del 2009, è un’opera digitale con un tempo di esecuzione di 100 anni, che ritrae l’innalzamento del livello del mare a causa del riscaldamento globale e la distruzione di bellissimi paesaggi naturali. Questo è stato fatto tenendo a mente l’ambiente, ma l’ambientalismo non è l’unico tema principale dell’esplorazione di teamLab.

La natura ci porta sia benedizioni che disastri, e con il progresso della civiltà ci sono benefici e implicazioni negative; natura e civiltà sono sempre collegate. Non c’è il male assoluto o la vera bellezza. Non c’è un modo semplice per capire, non c’è un modo semplice per organizzare i nostri sentimenti e le nostre sensibilità. Dobbiamo affrontare ogni situazione così come si presenta, per non disperare, per affrontare il futuro e per continuare a vivere.

C’è una discrepanza tra le mostre di teamLab e il mondo esterno. Ed è per questo che c’è arte. Sperimentando le nostre mostre, lo standard di ciò che è “bello” può espandersi leggermente. È difficile da spiegare con le parole, ma se le persone vivono la bellezza del mondo senza confini, e capiscono che non avere confini è bello, il loro standard di bellezza potrebbe trarne ispirazione. Questo non risolverà ancora i problemi di domani, ma dopo 10 o 50 anni, pensiamo che il comportamento delle persone possa cambiare inconsciamente a poco a poco grazie al loro nuovo standard di bellezza.

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teamLab, Universe of Water Particles on a Sacred Rock, 2017, Digitized Nature © teamLab — immagine per gentile concessione di teamLab e Pace Gallery

State realizzando un progetto artistico chiamato Digitized Nature, dove la natura diventa arte. Il concetto del progetto è che la tecnologia digitale non-materiale può trasformare la natura in arte, senza danneggiarla. Come è nato questo progetto? Potrebbe aiutarci a ri-immaginare il nostro rapporto con la natura?
Gli esseri umani hanno creato molti artefatti diversi prendendo in prestito il potere della natura. Non solo opere d’arte come le sculture, ma anche capanne e strade. Ogni artefatto è fatto con la natura. Ma pensavamo che l’uomo potesse creare qualcosa usando la natura così com’è, senza alcun intervento fisico. L’arte digitale usa cose come il software, i sensori, la rete, la luce e il suono. Queste cose sono immateriali e non hanno alcun impatto fisico.

Usando queste tecnologie digitali non-materiali possiamo trasformare la natura stessa in arte senza distruggerla, mantenendo la natura viva.

Uno dei nostri progetti più importanti, e il lavoro di una vita di teamLab, è il nostro progetto Digitized Nature a Mifuneyama Rakuen, in Giappone: teamLab: A Forest Where Gods Live – earth music&ecology e teamLab: A Forest Where Gods Live, Ruins and Heritage – THE NATURE OF TIME.

In passato le persone erano più consapevoli del fatto che siamo parte della natura. Lo si può vedere a Mifuneyama Rakuen, dove il confine tra la foresta naturale e le aree che l’uomo ha toccato è ambiguo.

A Mifuneyama Rakuen, la foresta, le rocce e le grotte si sono formate nel corso di milioni di anni, e le persone vi hanno trovato un significato nel corso di migliaia di anni. L’enorme roccia che racchiude la divinità Inari Daimyojin, dove abbiamo proiettato una cascata, e la grotta che ospita i Cinquecento Arhat e le Tre Figure di Buddha sono alcuni degli esempi. Una lunga, fragile e miracolosa continuità che la natura e l’uomo hanno sviluppato nel corso di migliaia di anni rimane ancora in questo luogo, rendendo ambiguo il confine tra noi stessi e la natura. Si tratta di un ciclo continuo di vita tra i due dove l’uno è nell’altro e l’altro nell’uno.

Tuttavia, è piuttosto difficile per noi percepirlo nella nostra vita quotidiana. Ci sentiamo come se Mifuneyama Rakuen fosse un luogo dove possiamo ancora vedere questo rapporto tra gli esseri umani e la natura, qualcosa che può essere diverso da quello che vediamo nella nostra vita moderna.

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teamLab, Drawing on the Water Surface Created by the Dance of Koi and Boats – Mifuneyama Rakuen Pond, 2015, Interactive Digitized Nature, 13min 24sec, suono: Hideaki Takahashi © teamLab — immagine per gentile concessione di teamLab e Pace Gallery

A differenza di una pittura fisica su tela, la tecnologia digitale non-materiale può liberare l’arte dal fisico. Inoltre, grazie alla sua capacità di trasformarsi liberamente, può trascendere i confini. Usando questa tecnologia digitale, crediamo che l’arte digitale possa espandere il concetto di bello. E rendendo l’arte digitale interattiva, la tua presenza e quella degli altri diventa un elemento che trasforma l’opera d’arte, creando così una nuova relazione tra le persone all’interno dello stesso spazio.

Applicando l’arte digitale all’ambiente unico di Mifuneyama Rakuen, che celebra la continuità della vita, abbiamo voluto creare uno spazio dove si può sentire di essere connessi con altre persone nel mondo.

L’Antropocene ci obbliga ad affrontare la morte. Noi esistiamo come parte di un’eterna continuità di vita e morte, tuttavia, come avete scritto nel vostro sito web, è difficile per noi percepirlo nella nostra vita quotidiana, forse perché l’uomo non può riconoscere un tempo più lungo della propria vita. Come affrontano i vostri progetti la morte e l’estinzione?
Morte ed estinzione non sono al centro dei nostri progetti. Più che di queste finalità, vorremmo esplorare la continuità del tempo e il fragile, miracoloso, ma continuo rapporto tra l’uomo e la natura.

“Noi esistiamo come parte di un’eterna continuità di vita e morte, un processo che continua da molto tempo”

Il Mifuneyama Rakuen Park di 500.000 metri quadrati è stato creato nel 1845, alla fine del periodo Edo. Al confine del parco si trova il famoso albero sacro Okusu di Takeo Shrine, che ha 3.000 anni. Sempre nel cuore del giardino si trova un altro albero sacro di 300 anni. Conoscendo il significato di tutto questo, i nostri antenati hanno trasformato una parte di questa foresta in un giardino, utilizzando gli alberi della foresta naturale. Il confine tra il giardino e la foresta selvaggia è ambiguo, e quando si vaga per il giardino, prima che ce se ne accorga, la gente si trova ad entrare nei boschi e nei sentieri degli animali.

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teamLab, Memory of Continuous Life, 2017, Digitized Nature, Sound: Hideaki Takahashi © teamLab — immagine per gentile concessione di teamLab e Pace Gallery

Nella foresta è custodita la divinità Inari Daimyojin circondata da una collezione di massi quasi soprannaturali nella loro formazione. E 1.300 anni fa il famoso sacerdote Gyoki venne a Mifuneyama e scolpì 500 Arhats. All’interno delle grotte della foresta ci sono le Figure del Buddha che Gyoki ha direttamente scolpito nella parete rocciosa—che rimangono ancora oggi.

Persi nella natura, dove i confini tra giardino artificiale e bosco non sono chiari, possiamo sentire di esistere in un rapporto continuo e senza confini tra natura e uomo. È per questo motivo che teamLab ha deciso di creare una mostra in questo vasto spazio labirintico, in modo che le persone si perdano e si immergano nella mostra e nella natura.

Noi esistiamo come parte di un’eterna continuità di vita e morte, un processo che continua da molto tempo. Per noi è difficile, tuttavia, percepirlo nella nostra vita quotidiana, forse perché l’uomo non può facilmente concettualizzare il tempo per periodi più lunghi della propria vita. C’è un limite nella nostra comprensione della continuità del tempo.

Quando si esplora la foresta, le forme delle rocce giganti, delle grotte e della foresta ci permettono di percepire e comprendere meglio quel tempo travolgente e lungo su cui tutto si è formato. Queste forme possono trascendere i confini della nostra comprensione della continuità del tempo.

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teamLab Exhibition view of MORI Building DIGITAL ART MUSEUM: teamLab Borderless, 2018, Odaiba, Tokyo © teamLab — immagine per gentile concessione di teamLab e Pace Gallery

Nelle vostre opere presso Mifuneyama Rakuen, un santuario abbandonato si trasforma in un’opera d’arte e questo ricorda un po’ l’analogia del libro Arts of Living on a Damaged Planet: Fantasmi e mostri dell’antropocene in cui i fantasmi dei luoghi del passato continuano a perseguitare il presente e i mostri suggeriscono nuove possibilità di evoluzione per le nostre società. Pensate che le tecnologie digitali possano evidenziare significati nascosti in quei luoghi lasciati vuoti dagli esseri umani?
Non sono le tecnologie digitali a sottolineare i significati di questi luoghi, ma l’arte. Per noi, la tecnologia digitale è solo uno strumento che usiamo per creare arte, ed è attraverso quest’arte che possiamo esplorare il significato in questi luoghi.

Piuttosto che vedere le rovine di Mifuneyama Rakuen come “infestate” dal passato, le vediamo come reliquie della storia, contenenti i loro spaziotempi che possiamo vedere e utilizzare per superare il confine nella nostra comprensione della continuità del tempo. Non tutti i siti di Mifuneyama Rakuen sono “rovine” o “abbandonati,” alcuni di essi rimangono frequentati dai visitatori e sono ben tenuti.

Le rovine di Mifuneyama Rakuen ospitano diversi spaziotempi. All’interno della foresta c’è un enorme megalitico, quasi soprannaturale nella sua formazione, noto come Iwakura (dimora di un dio nel culto dell’antica natura giapponese, o “animismo”) che è stato conservato come un piccolo santuario. Intorno al VII secolo, uno stregone di nome En-no-gyouza-ozunu scolpì una figura alta 23 metri su tutta la superficie di una rupe a strapiombo sul monte Mifuneyama. E 1.300 anni fa, il sacerdote Gyoki, che creò il Grande Buddha a Nara, venne a Mifuneyama, scolpì 500 figure di Arhat e Buddha direttamente sulla parete rocciosa delle grotte all’interno della foresta, che rimangono ancora oggi. Ai margini della foresta, il cancello di pietra del castello di Tsuzaki e altre rovine rimangono all’interno e lungo il confine della foresta.

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teamLab, Megaliths in the Bath House Ruins, 2019, Interactive Digital Installation © teamLab

Il bagno nel giardino è stato costruito in tempi moderni, ma dopo solo un breve periodo, è stato abbandonato, diventando uno spazio in cui il tempo si era completamente fermato.

All’interno delle rovine di Mifuneyama Rakuen realizziamo opere d’arte con i loro propri spaziotempi separati, creando così un luogo dove questi spaziotempi variabili si intersecano e si sovrappongono, permettendoci di trascendere il confine nella nostra comprensione della continuità del tempo.

Quale pensate che sia il ruolo dell’arte nell’Antropocene e nei prossimi anni?
Vogliamo che le persone siano coinvolte nel mondo. Vogliamo ripensare il più possibile il confine tra il mondo e noi stessi. Vivendo in città, ti senti come se ci fosse un confine tra te e il mondo, ma il mondo è davvero destinato a coinvolgerci. Potrebbe anche trattarsi solamente di una piccola modifica, ma il mondo è qualcosa che cambia a causa della tua esistenza. Crediamo che ci sia un rapporto continuo e senza confini tra noi e il mondo.

Vogliamo creare un’esperienza che trasformi l’esistenza di altri estranei in qualcosa di positivo, in cui il rapporto tra il mondo e il sé è senza confini e continuo. Non c’è un confine perfetto tra le persone, ma piuttosto, è più ambiguo e relazionale, anche se l’altro è un estraneo.

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teamLab, Floating in the Falling Universe of Flowers, 2016-2018, Interactive Digital Installation, Endless, Sound: Hideaki Takahashi © teamLab — immagine per gentile concessione di teamLab e Pace Gallery

In altre parole, vogliamo creare un’esperienza che trasformi l’esistenza di persone che non hanno alcun rapporto tra di loro in qualcosa di positivo.

La nostra intenzione è di cambiare lo standard di bellezza delle persone, anche se richiede molto tempo. Ad un certo punto della storia, gli esseri umani hanno visto fiori e pensato “bello.” Ma in realtà non comprendiamo questo fenomeno di “bellezza.”

L’evoluzione spiega alcuni esempi: è naturale che percepiamo gli altri esseri umani come “belli” dal punto di vista riproduttivo. Ma questo non spiega perché gli esseri umani hanno trovato i fiori “belli.”

Nel periodo che precede la nascita delle civiltà, la gente non vedeva la bellezza in qualcosa di insignificante come i fiori. In altre parole, noi umani abbiamo attribuito la stessa idea di “bello” sia a ciò che desideravamo produrre che a cose totalmente altre come i fiori. In teoria, avremmo dovuto usare parole diverse per questi due concetti completamente estranei, quindi il fatto che li concepiamo allo stesso modo è abbastanza miracoloso.

Crediamo che l’arte sia un atto della civiltà moderna che crea i propri fiori e amplia la nozione di “bello” con quei fiori, proprio nel modo in cui gli antichi esseri umani vedevano i fiori come “belli” e ampliavano l’idea di bellezza. Non capiamo immediatamente le ragioni o il significato di questa espansione. Tuttavia, attraverso queste espansioni positive di bellezza, tra 30 o 50 anni, le persone potranno comportarsi in un modo che non possiamo capire con le conoscenze limitate di oggi, permettendo all’umanità di continuare a crescere e prosperare.