È una via di mezzo fra Dungeons and Dragons, Risiko e Diplomacy: si chiama ISIS Crisis, ed è un gioco da tavolo canadese che parte dell’esercito locale considera molto utile per elaborare strategie militari da adottare in Iraq e Siria.
Il gioco, sviluppato da un sergente dell’esercito inglese e da un professore di un’università del Canada, è stato testato dal Defence Research and Development Canada (DRDC), l’unità dell’esercito che si occupa di ricerca e tecnologia.
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Il team di ricercatori ha provato in prima persona il gioco di strategia per vedere se e come avrebbe cambiato il loro modo di pensare ai problemi militari, sociali, economici o culturali della regione.
Le regole del gioco sono in realtà poche. Si comincia con sei squadre: lo Stato Islamico, il governo Iracheno, il Governo Regionale del Kurdistan, le milizie sunnite, l’Iran e gli Stati Uniti.
I giocatori che impersonificano uno di questi team devono dichiarare cosa vogliono fare, argomentando le loro intenzioni e aspettandosi una replica verbale da parte degli altri concorrenti. Il moderatore, o arbitro, decide sul risultato della partita, spesso lanciando dei dadi.
Giochi del genere esistono da secoli. I militari prussiani giocavano a un gioco chiamato Kriegsspiel per pianificare le loro campagne militari, e pare che Diplomacy – un gioco da tavolo in cui si deve far ricorso a molta strategia per conquistare l’Europa – fosse uno dei preferiti di Henry Kissinger, segretario di Stato americano durante le presidenze di Richard Nixon e di Gerald Ford.
Anche la stessa DRDC ha già avuto a che fare con passatempi del genere — specie in occasione delle olimpiadi di Vancouver, per preparare e organizzare la sicurezza pubblica.
ISIS Crisis può diventare straordinariamente complesso. Stando al report della DRDC, chi gioca con l’esercito curdo – per esempio – doveva professionalizzare subito le sue armate; chi impersonificava gli iracheni ha dovuto lavorare sulle forze aeree.
Con il proseguire del gioco, uno squadrone dello Stato Islamico ha cercato di portare delle armi chimiche di contrabbando dentro Mosul, mentre l’Iran – nel frattempo – doveva convincere il governo di Assad a bombardare il sedicente califfato.
“È un interessantissmo antidoto contro la hubris.”
“Alla fine questa simulazione ci ha condotti ad assistere a un’offensiva irachena per riconquistare Falluja,” spiega il report. “Ma malgrado il supporto americano e l’avvertimento di USA e Iran, i limitatissimi mezzi dell’Iraq si sono dimostrati ancor più limitati nel moemnto in cui l’offensiva ha miseramente fallito.”
Tutti i giocatori hanno dato feedback positivi sul gioco: informazioni che la DRDC ritiene “utili” per la missione, e che contribuiranno a creare un gioco basato sull’impiego delle forze armate canadesi.
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L’esercito del Canada potrebbe quindi fare tesoro di questa esperienza ludica: una delle prime decisoni prese dal governo Trudeau, per esempio, è stata porre fine alla missione canadese in Iraq e Siria, per concentrarsi sull’addestramento dei peshmerga curdi nel nord dell’Iraq — ricevendo anche alcune critiche. Rex Brynen, professore della McGill University di Montreal che ha aiutato assieme ad altri a sviluppare le regole del gioco e le storie di background, dice che la natura analitica del gioco – in questo senso – può essere molto utile in fase di pianificazione militare.
“È molto utile: aiuta pensare a una serie di questione e interrogativi,” ha spiegato a VICE News.
Non lo chiama, però, gioco da tavolo: la definisce più una “discussione narrativa,” con tabelloni, carte e miniature.
Tuttavia, stando Brynen, il gioco sarebbe sia divertente che profondamente frustrante.
In realtà, infatti, non si “vince” mai nel vero senso del termine. “Migliori la situazione, o la peggiori,” ha spiegato parlando dello scenario ambientato in Libia — uno di quelli che lui, un gruppo di acacdemici, e esperti militari stanno svilppando, insieme al blog tematico PAXSims.
Mettendo alla prova le tattiche militari, la pianificazione infrastrutturale e la diplomazia – fra le altre metriche applicabili -, il gioco evidenzia quanto sia necessario il pensiero collaborativo e creativo, ma fa anche capire come non esistano bacchette magiche o soluzioni definitive.
“È un interessantissmo antidoto contro la hubris.”
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