Cibo

Ho vissuto per una settimana con 2 euro al giorno

Stando al rapporto Coop 2014 “Consumi e Distribuzione”, gli italiani spendono in media per cibo e bevande il quattro percento in più rispetto agli altri paesi europei, ovvero il 18 percento delle spese totali.

Statisticamente la mia natura di consumatore è perfettamente rappresentativa della popolazione: quando sono andato ad abitare per la prima volta in un’altra regione, vivevo con profonda acredine l’affronto del fatto che al banco dei salumi del supermercato non avessero il salame che ero abituato a comprare, e che al suo posto mi propinassero quel misto nauseante di cartongesso e ciccioli noto come “salamella”. Per riavere il mio salame ho dovuto girare tutta la città, e quando finalmente l’ho trovato, in una piccola gastronomia, sono stato felice e grato di pagarlo quanto un grammo di californio

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A conti fatti, credo addirittura che quel 18 percento a me vada stretto. L’età della maturità, però, mi ha spinto a riconsiderare il mio atavico rapporto con il cibo.

Dall’inizio della crisi, sui settimanali scandalistici che mia nonna arraffa come se non ci fosse un domani (e che io leggo religiosamente), subito dopo le rubriche sui miracoli di Padre Pio e quelle in cui Crepet spiega come vessare i figli, sono comparsi articoli che illustrano strategie per massimizzare il risparmio. Tempo fa lessi anche di un libro, realizzato dalla Società Italiana di Gerontologia e Geriatria, pensato appositamente per spiegare ai pensionati come fosse possibile mangiare in modo soddisfacente con soli due euro al giorno.

La storia dei due euro, però, non era esattamente veritiera: la stima che il libro proponeva andava da un minimo di 1,60 a un massimo di cinque euro al giorno, quindi una spesa che oscillava fra i 50 e i 150 euro mensili. Ho deciso allora di sottopormi personalmente, e in modo immersivo, a un esperimento sociale: provare a vivere per cinque giorni con due euro al giorno da destinare al cibo.  

Qualsiasi studente squattrinato potrebbe spiegarvi come si riesce a campare con così pochi soldi: ovvero riempiendosi la pancia di pasta condita con l’Ortolina. Ma il mio obiettivo era testare il fatto che fosse effettivamente possibile mettere insieme cinque pasti al giorno, comprensivi di tutti gli apporti nutrizionali, potendo fare affidamento solo su quei due sghei.

Il requisito fondamentale del risparmio è un’attenta pianificazione, quindi nei giorni precedenti all’inizio della mia dieta economica ho visitato vari hard discount, confrontando prezzi e cercando le opportunità migliori. Durante la mia visita alla Lidl il fatto che mi aggirassi fra gli scaffali con un taccuino in mano, fotografando i cartellini dei prezzi, deve aver spinto i dipendenti a credere che fossi una spia industriale, perché uno di loro ha cominciato a pedinarmi guardingo a bordo del suo transpallet.

Sono stato in un tutti i discount della mia zona, ma dopo essermi goduto anche la super freschezza del Superfrescato, non ero arrivato ancora a capo della questione: quindi ho deciso di affidarmi al parere di esperti. Sul sito di Altroconsumo, la più nota associazione di consumatori italiana, c’è un servizio che permette di individuare il posto più economico dove poter fare la spesa nella vostra zona. Ho scoperto quindi che l’Eurospin è in cima all’Olimpo degli hard discount, battendo di un punto il Penny Market in tutte le regioni. Il che era perfetto, visto che oltre a essere il più economico era anche quello più vicino a casa mia.

Per quanto riguarda l’acqua, invece, mi sarei servito della fonte gratuita comunale. Individuate le sorgenti di approvvigionamento, è iniziata la mia preparazione spirituale.

Durante il fine settimana precedente all’inizio dell’esperimento ho cercato di far fruttare al meglio tutte le opportunità di vita sociale, visto che mi erano precluse non solo le cene fuori, ma praticamente tutto l’apparato delle attività ricreative. Considerando infatti che anche solo l’euro e venti del frizzantino scrauso preso al Circolo Arci del mio paese avrebbe compromesso irrimediabilmente il mio budget, per cinque giorni avrei dovuto rinunciare all’alcol contando solamente su gratuiti rapporti umani non mediati da sostanze: la peste bubbonica del Ventunesimo secolo.

Quando al baretto ho accennato ai miei amici la mia intenzione di rinunciare all’alcol per cinque giorni, nonostante millantassi nobili scopi sociologici, lo stigma è stato fortissimo. Ma non mi sono fatto abbattere.

LUNEDÌ

La mattina del primo giorno, determinatissimo, ho fatto il mio ingresso all’Eurospin. Mi sono accorto subito che la mia presenza stonava fra le massaie veterane, e dopo un po’ ho cominciato a temere atti di nonnismo, tipo che mi speronassero con il carrello.

Sapendo di avere a disposizione dieci euro in totale, ho deciso che avrei investito un capitale iniziale che potesse permettermi di colmare più vuoti alimentari possibili, dovendomi preoccupare solo delle cene e delle verdure nei giorni successivi. Ho schiacciato di prepotenza nel cestello un pacco da 500 grammi di penne lisce per 37 centesimi, assicurandomi così 100 grammi di carboidrati al giorno. 

A questo punto mancava solo il condimento, così mi sono avvicinato allo scaffale dei sughi pronti. La scelta si riduceva a due sughi soltanto: Pomodoro e Basilico VS Sugo alla Salsiccia (in offerta). Entrambi venivano 99 centesimi. Ho deciso di investire nel secondo, anche se il colore non era proprio allettante, perché nonostante il rischio ciofeca, con il suo 12 percento di salsiccia rappresentava un apporto di proteine che non potevo trascurare. Ho preso anche del sale grosso (17 cent), risolvendo definitivamente (presumevo) il problema pranzo.

Mi sono poi accaparrato un litro di latte intero per 59 centesimi e una confezione di pane in cassetta a 35. Cercando qualcosa da mangiare a metà mattina, ho preso anche quattro yogurt da 19 centesimi l’uno, sfruttando sempre il fattore offerta. Per la merenda del pomeriggio, invece, sono andato al reparto ortofrutta e ho messo in un sacchetto cinque mele Gala (69 cent): l’unico apporto di frutta che potevo permettermi. 

Tutto sommato era più facile di quanto immaginassi. Ero riuscito a mettere insieme quattro pasti al giorno con 3,92 euro. Avevo ancora la bellezza di 6.08 euro da spendere in cene e verdura.

Per la prima sera mi sono preso una confezione da 6 uova a 85 centesimi (riutilizzabili) e una di pomodori ciliegini per 70. Dovevo però rimediare qualcosa per friggere le uova, e visto che l’olio e il burro mi sembravano una spesa superflua, ho optato per della economica margarina (45 cent). Non l’avevo mai provata, ma ho pensato che avrei potuto anche spalmarla sul pane in cassetta la mattina.

Tornato a casa mi sono cucinato il primo pasto da attento consumatore, 100 grammi di penne lisce con due cucchiai di sugo alla salsiccia. Non è stata una grande epifania: quel 12 percento di salsiccia proteica che all’Eurospin mi era sembrato tanto allettante, si è rivelato abbastanza gommoso e maleodorante. Prima mossa sbagliata.

Nel pomeriggio, mentre sbrigavo alcune cose, mi sono accorto che a differenza di quanto è mia abitudine, non ero molto stimolato dall’avvento del prossimo pasto. Mi sono dunque chiesto se fosse una sorta di tecnica di risparmio anche quella: sottoporsi ad un regime di cibo nauseante per ridurne il bisogno. In un’ipotesi del genere devo ammettere che il Sugo alla Salsiccia sarebbe un ottimo alleato.

A metà pomeriggio ho mangiato una mela, e il suo sapore fresco mi è parso sano e rigenerante come niente che avessi mangiato prima.

Arrivato a casa la sera mi sono cucinato due uova. La margarina aveva dato alle uova un sapore metallico e strano, che ho dovuto coprire con i pomodorini sconditi.

Alla fine del primo giorno l’euforia per la facilità con cui ero riuscito a procurarmi il cibo era notevolmente diminuita. Sazio ero sazio, ma una zona sottocorticale del mio cervello inviava impulsi di protesta.

Totale spesa a lunedì: 5,92 euro.

MARTEDÌ

Martedì mattina mi sono svegliato abbastanza preoccupato. Avevo sottostimato l’impatto della bontà del cibo sul mio umore; e con ormai il 60 percento del budget nel frigo e nella credenza, le mie possibilità di mettere insieme delle pietanze non dico buone, ma almeno decenti, non mi sembravano molte.

Mentre consumavo la colazione mi sono ricordato improvvisamente che latte, pane raffermo e margarina erano una delle principali fonti di sostentamento della famiglia Frank durante la clandestinità, e la cosa non ha ravvivato il mio umore. 

Prima di uscire di casa il mio coinquilino mi ha ricordato che quella sera saremmo dovuti uscire per salutare un amico che partiva per Montreal. La prospettiva di quella sobrietà alienata è stata la mazzata finale, tanto che mi sono anche dimenticato di mangiare lo yogurt a metà mattina. Verso mezzogiorno sono tornato a casa, e il sugo era lì che mi aspettava.

Cominciavo a rimpiangere amaramente il caro vecchio Pomodoro e Basilico, e mentre ingurgitavo rapidamente il pranzo, mi sono appuntato la prima importantissima lezione di questi cinque giorni: in un regime di ristrettezze esasperate NIENTE può essere sottovalutato. L’attenzione che è richiesta durante la spesa è equiparabile a quella di un chirurgo.

Nel pomeriggio sono tornato all’Eurospin. Visto che ormai la giornata era stata pessima, ho deciso di destinare il minimo indispensabile per la cena, e godermi quella sofferenza educativa. Ho comprato dei wurstel al formaggio (59 cent) e due peperoni freschi per 44 cent.

Durante la cena, seduto di fronte al mio coinquilino, mi sono accorto di quanta invidia provavo per il cacciucco fatto dalla nonna che stava mangiando lui. Quando me ne ha offerto un po’, però, ho rifiutato con decisione, simulando una certa dignità scientifica.

Abbiamo raggiunto i nostri amici in un locale del centro, e come previsto dopo poco tempo ero l’unico in grado di articolare proposizioni dotate di senso logico. Ho passato il resto della serata ad ascoltare, da sobrio, la teorie sessuali di un tizio sbronzo, che mi ha spiegato come “sbloccare una limonata che si sta arenando!”, mentre ad intervalli regolari dovevo spiegargli che no, non potevo permettermi di offrirgli del Petrus.

Il secondo giorno è stato senza dubbio il più difficile di questa esperienza.

Totale spesa al martedì: 6,95 euro.

MERCOLEDÌ

Il terzo giorno ho deciso di dare una svolta creativa. I miei villi intestinali minacciavano di prendere la Bastiglia se solo mi fossi azzardato a introdurre altro sugo alla salsiccia nel mio organismo, ma sapendo di non poter spendere altri soldi per il pranzo dovevo fare di necessità virtù.

Quindi ho deciso di utilizzare il wurstel che mi era avanzato e un uovo per cucinarmi una simil-carbonara dei poveri. Il risultato era nettamente più buono del sugo pronto, malgrado l’alto livello di gastro lesività.

Avendo il pomeriggio libero, ho pensato che avrei potuto prepararmi del seitan da solo. Lo avevo visto fare a un’amica vegana, e il risultato era stato ottimo. Molto meglio di quello confezionato. Così sono tornato al discount, e ho preso la farina manitoba (79 cent) e una confezione di dadi vegetali (60). Ho comprato anche una busta di insalata mista per 89 centesimi.

Tornato a casa ho guardato il tutorial di questo signore, rendendomi conto che per insaporire il mio seitan avrei avuto bisogno di molti più ingredienti per il brodo. Partivo malissimo quindi.

Nell’impastare ho dimostrato la stessa maestria e manualità di qualcuno che tenta di autocirconcidersi durante un attacco convulsivo. Dopo un po’ però, a forza di impastare e strizzare amido, ho ottenuto una palletta gommosa che ho avvolto in un pezzo di stoffa. Quindi l’ho buttata nel brodo e l’ho fatta cuocere per un’ora e mezzo: le mie proteine vegetali, grigie, erano pronte.

Ho deciso di cucinarne un po’ alla piastra con dell’insalata. Nonostante il brodo l’avessi fatto utilizzando solo i dadi, è stata senza dubbio la cosa più buona che abbia mangiato in questi cinque giorni.

Totale spesa al mercoledì: 9,23 euro.

GIOVEDÌ

Il penultimo giorno ho deciso di immolare una parte dei soldi rimasti per comprarmi della pastina da fare in brodo. Al momento di pagare mi sono accorto che la cassiera, al terzo giorno di fila in cui mi presentavo con una spesa esigua, mi guardava con un malinconico sguardo intriso di pietà. Probabilmente è stata un’allucinazione uditiva, ma mentre mi porgeva il mio pacco di ditalini da 37 centesimi mi è sembrato che mi dicesse “ecco il suo scontrino. Buona giornata signor Twist.”

Per consolarmi ho mangiato due yogurt, visto che me ne avanzava uno.

L’idea della pastina si è rivelata disastrosa: il brodo fatto con il dado non è mai buono, ma posso assicurarvi che solo centrifugando una canottiera usata di Giuliano Ferrara con della soluzione salina è possibile ottenere dei dadi da brodo con un odore altrettanto pungente. Il lato positivo è che l’ultimo giorno la pasta con il sugo pronto non mi sarebbe sembrata tanto male.

Durante il pomeriggio mi sentivo stanco e nervoso, ed ero incapace di smettere di pensare al cibo. 

Ed ecco il secondo grande insegnamento empirico: dover fare calcoli così minuziosi su cosa puoi o non puoi mangiare ti mette spiritualmente in contatto con cosa veramente vorresti mangiare ad un livello contemplativo superiore. Arrivato a casa mi sono fatto un’insalata con quello che avevo: le uova rimaste, un peperone, l’insalata e i pomodorini.

La sera sarei di nuovo dovuto uscire con i miei amici, ma ho finto di stare male. 

Totale spesa al giovedì: 9,60 euro.

VENERDÌ

Per pranzo ho deciso di onorare il sugo alla salsiccia rimasto, e quindi sulla pasta ne ho messa una doppia razione. Mentre mangiavo ho notato sull’etichetta con gli ingredienti una scritta entusiasmante: “può contenere tracce di cereali contenenti glutine, crostacei, uova, pesce, latte, frutta a guscio, sedano, senape, anidride solforosa e molluschi.” Insomma potenzialmente il sugo mi aveva anche portato i benefici del pesce, che per motivi di costi uniti a porzionatura non ero riuscito ad acquistare. Per non parlare poi dell’anidride solforosa.

Il sapore del traguardo ha allungato a dismisura le ore del pomeriggio.

Una volta fatta merenda con l’ultima mela sono andato a far fruttare gli ultimi cent che mi rimanevano. Nella mia dieta mancavano i legumi, quindi ho deciso di comprarmi un barattolo di ceci al costo di 35 centesimi. Per il mio ultimo pasto da risparmiatore folle mi sono fatto dell’altro seitan con l’intero barattolo di ceci sconditi. E ho definitivamente chiuso questa esperienza.

Il mio coinquilino era uscito fuori per cena, e gli avevo promesso che una volta scoccata la mezzanotte avremmo festeggiato la riuscita del mio esperimento innaffiandoci di Braulio.

Totale spesa finale: 9,95 euro.

Nonostante la premessa che avevo fatto sull’organizzarsi e il pianificare, non si può certo dire che il mio programma non presenti delle falle. Con una certa disponibilità di supermercati—e tempo a disposizione—avrei potuto scegliere quali prodotti comprare in quali supermercati o affinare le mie doti in cucina. 

Ma d’altra parte io sono il tizio che ha girovagato un’intera giornata in preda alla labirintite per comprare del salame, quindi tutto considerato il mio esperimento è andato a buon fine. Sono riuscito a non sforare il budget, mi è avanzato cibo sufficiente per qualche altro pasto e ho messo insieme una dieta decente dal punto di vista del fabbisogno energetico. Per certi versi è anche una liberazione: limitare i bisogni è la via verso la redenzione dell’anima, e anche un modo per vedere le cose più nitidamente.

Soprattutto perché sarete irrimediabilmente sobri.