Personalmente, ho sempre diffidato dalle persone che sostengono che nella vita basta la volontà per diventare o fare qualsiasi cosa si voglia. Certo, ci sono delle eccezioni, ma per la stragrande maggioranza le cose non funzionano così. In particolare se sei italiano, stai in bolletta e brami il giorno in cui tutto questo sia solo un brutto ricordo.
Stando ai dati del database della Banca Mondiale e il conseguente rapporto Fair Progress? sulla mobilità sociale nel mondo, è piuttosto probabile che se nasci povero in Italia, lo sarai per il resto della tua vita. Il rapporto si focalizza, in particolare, sulla mobilità sociale da un punto di vista intergenerazionale, su come questa si è evoluta nel tempo e su quali siano i fattori che potrebbero essere associati a una maggiore mobilità.
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In Italia, quasi la metà del reddito dei figli è determinata dal livello di quello dei padri—rappresentando, insieme al Regno Unito, una condizione unica nell’Europa continentale. Oltre a questo, se si consulta il sito equalchances.org—creato dal Dipartimento di economia dell’università di Bari e partner nel progetto—è possibile tracciare l’ascensore sociale in ogni paese del mondo e la mobilità intergenerazionale del reddito, dei titoli di studi e matchare i risultati di un singolo paese rispetto ad un altro.
Quanto ai titoli di studio, per l’Italia il titolo di studio dei nostri genitori è meno importante di prima nel definire quello che avremo o abbiamo noi, ma è anche poco importante nel determinare le nostre opportunità sul lavoro, di reddito e di benessere. La spiegazione, stando sempre al rapporto, sta nel fatto che in paesi come l’Italia—dove persiste un’alta percentuale di disoccupazione—“status sociale, conoscenze e relazioni amicali” hanno un maggiore peso rispetto a paesi dove la disoccupazione è minore.
Nel rapporto, la Banca mondiale cita anche un sondaggio condotto nel 2016 sulla percezione stessa della mobilità. Quello che emerge è che gli italiani sono al penultimo posto, seguiti solo dalla Slovenia, in quanto a pessimismo. Infatti, otto italiani su dieci non credono minimamente che “i bambini che nascono oggi staranno meglio di noi”. Be’, se volete potete divertivi a guardare i dati—ma tendenzialmente quello che ne viene fuori è che il punto di partenza della vita ha un peso che difficilmente uno riesce a scrollarsi di dosso. Il problema è proprio che, come dice il rapporto stesso, quel punto di partenza “è una lotteria”.