“Questo è il concerto più emozionante della mia carriera, e io ho cantato a San Siro” dice J-Ax, dopo aver cantato circa metà delle 39 (sì, trentanove) canzoni in scaletta e lanciando quella che per chiunque sia appassionato di gossip è quasi una frecciatina degna di entrare in un articolo di Chi.
Per una serie di coincidenze più o meno sfortunate, a seconda che siate fan di J-Ax o persone a cui il lunedì sera piace guardare The Walking Dead su Fox, mi trovo da solo al Fabrique di Milano per assistere alla prima di 10 date in cui la metà col pizzetto degli Articolo 31 prova a raccontare il suo punto di vista su 25 anni di carriera che, volenti o nolenti, hanno travolto l’Italia come un fiume in piena.
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Mentirei se dicessi di essere entrato a questo concerto con lo stesso spirito di uno qualsiasi tra le centinaia di fan dello “Zio Ax” che sono presenti nel locale, ma intorno a me nel corso delle quasi tre ore di spettacolo riesco a cambiare un pochettino idea.
Il concerto riassume tutta la carriera di J-Ax e, tramite intermezzi video, cerca di raccontare (non sempre in ordine cronologico) una parte della storia di questo Paese, in parallelo con la storia del musicista che ha provato a raccontarne alcune sfaccettature. In questi stacchetti viene mostrato un po’ di tutto: il terremoto dell’Aquila, ma anche Wanna Marchi; Britney Spears e i Backstreet Boys, ma anche la guerra civile in Siria — accolta da un bel “Ma che cazzo me ne frega a me della guerra civile in Siria?!” di qualcuno alle mie spalle, nell’area riservata alla stampa (un’altra grande vittoria per l’Ordine dei Giornalisti!).
La contrapposizione tra gli avvenimenti è spesso volutamente grottesca e le reazioni del pubblico (i fischi per Matteo Renzi, gli applausi per Marco Simoncelli) riescono a evidenziare con successo quali siano le corde dell’anima che J-Ax riesce a toccare, con più successo rispetto a ogni altra popstar italiana.
Penso che sia questo escamotage narrativo il primo elemento del concerto che riesce a conquistarmi: la voglia di J-Ax di raccontare una storia lunga 25 anni, con i suoi alti e i suoi bassi, senza troppe menate e paraculate. Da un lato c’è l’Italia che vince i Mondiali nel 2006, dall’altro un ponte dell’Autostrada che crolla sul traffico in carreggiata. Da un lato c’è “Non è un film”, “Intro” e una selecta di pezzi degli Articolo 31 e dall’altro “Piccoli Per Sempre” e Di Sana Pianta, cioè quella parte di discografia che il suo stesso autore non ha mai fatto grande mistero di apprezzare un pochino di meno. Questa sincerità anche nei confronti dei fan, che comunque non si risparmiano di sgolarsi su alcuno dei 39 pezzi in scaletta, è qualcosa che riesce a tenermi incollato alla transenna.
Prima ancora che Jad salga sul palco vengono suonati diversi pezzi degli Articolo 31, ma è nelle vecchie perle che viene davvero a galla quel sentimento genuino di chi è riuscito a guardare prima nel proprio passato e poi nello specchio di un camerino senza rimanere lì a giudicarsi troppo. J-Ax è un essere umano, un cantante e un rapper in grado di rimettersi a cantare alcuni pezzi in cui spiega che il suo cervello “ha un sistema operativo innovativo come il Windows ’95” senza scadere nella paraculata e, al tempo stesso, senza provare a farti crede che è stato facile fare le prove per una decina di tracce in cui tutti i riferimenti culturali coinvolti sono morti, quasi morti, spariti dalle scene o profezie effettivamente avverate (mi riferisco, più o meno nell’ordine di cui sopra a: Mike Bongiorno, Umberto Bossi e Internet + il punto di non ritorno per il surriscaldamento globale, fissato proprio nel 2030).
Una precisazione: J-Ax ha perdonato (e si è perdonato) tante cose per riuscire a mettere in piedi uno show di questo tipo, ma non ne ha dimenticata nessuna. Se mai ce ne fosse bisogno questa memoria di elefante viene sfoderata prima di cantare “A pugni col mondo” con Jad, quando Ax riesce a mandare un altro sonoro vaffanculo a Rumore e Mucchio Selvaggio (per i minori di 18 anni, si tratta di due magazine a tema musica colpevoli di non aver supportato gli Articolo circa vent’anni fa).
Ho avuto la fortuna di nascere nel 1992 in una famiglia abbastanza lontana dal disastro da considerare l’ascolto in walkman di Domani Smetto come uno dei miei primi atti di “ribellione” nei confronti della mamma, oggi ho 26 anni e non sono sicuro di considerarmi un fan degli Articolo 31 o di J-Ax, ma ho sicuramente fatto un pezzo di strada insieme a lui e me ne accorgo con un certo stupore sul finale del concerto, quando Ax si dedica ai pezzi strappalacrime. Durante l’esecuzione di “Intro” J-Ax ha il fiato a zero, ma le emozioni a mille e gli applausi iniziano ad invadere anche i momenti dedicati alle canzoni.
“Maria Salvador” con il Cile occupa il penultimo posto della scaletta e ha un po’ il sapore di un altro puntino su qualche i, se c’è un fondo di verità ai motivi della fine del progetto precedente (che pare riguardino anche la qualità di cannabis light lanciata da J-Ax, che si chiama proprio Maria Salvador).
Il gran finale è occupato dall’ultimo singolo del cantante: “Tutto tua madre“. Sì è un pezzo un po’ sdolcinato, no, non sono un grande fan dell’esistenza dei The Styles e sì, probabilmente mi sarei risparmiato alcune cose di questo show, ma al secondo ritornello di “Tutto tua madre” capisco che stasera non ho voglia di rompere i coglioni a nessuno e mi unisco a 25 anni di applausi scroscianti.
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