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Italia

Come gli attentati di Parigi stanno già cambiando la vita degli italiani

Il 65,4 per cento degli italiani ha ammesso di aver cambiato le proprie abitudini dopo gli attacchi del 13 novembre.
Foto tratta dalla pagina Facebook dell'Esercito Italiano

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A pochi giorni dagli attacchi di Parigi del 13 novembre, che hanno portato alla morte di 137 persone, il presidente del Consiglio Matteo Renzi aveva invitato gli italiani a non cambiare le loro abitudini—perché sarebbe stato, in qualche modo, un 'regalo ai terroristi.'

"Quando non riescono a ucciderti, provano a farti vivere nel terrore come vogliono loro," aveva spiegato: attaccano "I luoghi della nostra normalità." E in effetti, una delle reazioni più ricorrenti è stata ripromettersi di non modificare il nostro stile di vita, perché avrebbe avuto lo stesso significato di 'dargliela vinta'.

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Dopo quasi due mesi, il Censis ha pubblicato una nuova ricerca che analizza il rapporto fra gli italiani e la paura di attentati terroristici.

Attraverso i numeri dell'istituto, si scopre che in molti nel nostro paese - malgrado i proclami - sembrano effettivamente aver modificato il proprio stile di vita in modo sostanziale: ad ammetterlo è il 65,4 per cento degli italiani, un dato che cresce enormemente se si scorpora in base alle diverse attività, e che appare ancora più significativo se si pensa al fatto che la percentuale sale al 77 per cento tra i giovani tra i 18 e i 34 anni.

— istituto ixè (@istitutoixe)9 Dicembre 2015

Il 73 per cento degli intervistati dall'istituto di ricerca, per esempio, avrebbe finora evitato i viaggi all'estero per paura di attacchi, il 53 per cento si terrebbe alla larga da luoghi simbolo, e rinuncerebbe più facilmente a cinema, concerti, musei e teatri.

In questo senso, spiega la ricerca, "Il numero non elevatissimo di partecipanti all'apertura del Giubileo in piazza San Pietro dimostra che la paura ha generato la ritrosia a partecipare a eventi pubblici anche di grande rilievo e pacifici, come prolungamento della più generale scelta di evitare luoghi affollati."

Grandi eventi a parte, sono anche i luoghi più comuni della quotidianità a restare sottoutilizzati: il 27 per cento degli intervistati preferisce - e ha preferito - non utilizzare mezzi come metro, treni e aerei per spostarsi, il 18 per cento avrebbe addirittura deciso di restare a casa di sera.

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"È come se gli attentati al caffè e allo stadio di Parigi avessero instillato nel cuore degli italiani la convinzione che il pericolo viene anche dallo stile di vita e dal modo di gestire gli spostamenti," continuano i ricercatori del Censis.

Non a caso, fra gli intervistati, quelli che hanno ammesso di aver modificato almeno quattro o più abitudini dopo gli attacchi sono circa il 15,9 per cento: si tratta di 8,3 milioni di persone, che ammettono di aver stravolto le proprie abitudini ridefinendo completamente la propria vita.

A sottolineare la tendenza tracciata dal Censis - e in qualche modo confermare l'idea che gli italiani siano effettivamente terrorizzati da qualcosa - sarebbero anche altri dati empirici, pubblicati nei giorni e nelle settimane scorse. E che parlano di una popolazione quanto meno reticente all'idea di riprendere a vivere come qualche mese fa.

Secondo una ricerca di Allianz Global Assistance, che ha coinvolto quasi 200 agenzie di viaggio, la quasi totalità degli italiani - il 98 per cento - già questa estate sarebbe stato influenzato dalla paura di attentati al momento di scegliere la destinazione delle proprie vacanze, durante le quali si registra un crollo dei viaggi verso le mete nord africane con punte del meno 74,8 per cento di prenotazioni per paesi come il Marocco—in realtà uno di quelli nei quali la minaccia terroristica è stata finora più lieve.

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La stessa Federalberghi, nel novembre scorso, ammoniva sul sicuro "contraccolpo nelle nostre località turistiche," che cominciava già a sentirsi qualche settimana prima: il presidente della Federazione delle Agenzie di Viaggio, Maurizio Giovannoni, parlava di cali di prenotazioni nell'ordine del 10/15 per cento—un trend che, secondo un sondaggio di Skuola.net, avrebbe influenzato persino la flessione delle gite scolastiche.

A Capodanno, secondo la stessa federazione, l'80 per cento degli italiani sarebbe rimasto in Italia, contro il 69 per cento del 2014, e solo il 20 per cento avrebbe festeggiato all'estero—contro il 31 per cento nel 2014.

A trarre beneficio dalla preferenza per le mete italiane, però, non sembrerebbe essere stata la Capitale, che secondo Federalberghi Roma avrebbe conosciuto una flessione nelle presenze turistiche nel periodo natalizio del 5 per cento circa rispetto al 2014.

Secondo Giuseppe Roscioli di Federalberghi Roma, i fatti di Parigi avrebbero "condizionato il settore in maniera abbastanza incisiva, e poi l'avvio del Giubileo l'8 dicembre. Il combinato disposto tra questi due eventi non ci ha favorito. Se non ci fosse stato il Giubileo dopo gli attentati di Parigi forse avremmo avuto dati diversi."

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Nel novembre scorso, una ricerca dell'Istituto Demos evidenziava come la paura di attentati - e in particolare, la frequenza con cui gli intervistati si sentivano preoccupati da rischi terroristici - era salita da gennaio a novembre di quasi 20 punti, passando dal 37 per cento al 51.

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Secondo questo studio, una persona su due riteneva fosse decisamente più saggio evitare per un po' manifestazioni, eventi o luoghi pubblici (46 per cento), portando a raddoppiare - da marzo 2003 ad oggi - il numero delle persone disponibili a limitare le proprie libertà individuali, e rendere più facile l'accesso a posta, email e telefonate da parte dell'autorità - e senza il consenso delle persone - in nome della difesa personale (dal 21 al 46 per cento).

Stando alla ricerca Demos, il terrore di attacchi era in qualche modo richiamabile alla paura per il diverso: rispetto a gennaio dello stesso anno, l'impressione negativa o molto negativa degli intervistati sull'islam era cresciuta di 3 punti (dal 55 al 58).

Una tendenza che secondo lo studio Censis presentato questa settimana sembrerebbe essere abbastanza costante, fino a portare al 44 percento coloro che hanno un giudizio negativo sulle persone di fede musulmana, e a quota 31 per cento il numero delle persone convinte che l'immigrazione - in generale - sia un problema.


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Foto tratta dalla pagina Facebook dell'Esercito Italiano