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La raccolta fondi contro l'esclusione dei bambini 'stranieri' a Lodi ha superato l'obiettivo

Lanciata dal "Coordinamento Uguali Doveri" in risposta alla delibera discriminatoria della giunta leghista, la campagna ha raggiunto 60mila euro in appena 48 ore.
Leonardo Bianchi
Rome, IT
Protesta a Lodi contro la delibera della giunta della Lega che esclude i bambini stranieri dalle mense scolastiche della città.

All’inizio, dell’“apartheid scolastico” a Lodi non si era accorto praticamente nessuno. Nel giugno del 2017, la sindaca leghista Sara Casanova—eletta dopo che la precedente giunta di centrosinistra era stata travolta da uno scandalo giudiziario—aveva firmato una delibera che modificava il “vigente regolamento per l’accesso alle prestazioni sociali agevolate.”

Prima di allora, infatti, i benefici per la mensa e lo scuolabus venivano concessi in base all’Isee (Indicatore della situazione economica); mentre per l’anno scolastico 2018-2019, quello iniziato a settembre, i genitori nati fuori dall’Unione Europea devono presentare altra documentazione—estremamente difficile da reperire—che attesti la loro nullatenenza nel paese d’origine.

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Grazie a diversi resoconti giornalistici che hanno fatto scoppiare il caso a livello nazionale, il risultato l’abbiamo visto in queste settimane: i figli nati in Italia di genitori stranieri non possono accedere agli stessi servizi garantiti ai figli di genitori italiani. Senza le agevolazioni, le prime famiglie—si stima che siano 318 quelle coinvolte, per un totale di circa 200 bambini—sono inserite nella fascia economica più alta e costrette a pagare 5 euro per ogni pasto, oltre ai 210 euro a trimestre per l’uso dello scuolabus.

E visto che non tutti si possono permettere tali cifre, i genitori stranieri si sono trovati costretti o a prendere i figli da scuola durante i pasti, o dar loro cibo da casa. Come ha mostrato un servizio di Piazza Pulita, in alcune scuole i bambini “non italiani” sono addirittura separati dai loro compagni “italiani” che mangiano in mensa.

Inoltre, l’amministrazione leghista ha inflitto un vero e proprio calvario burocratico anche a chi ha presentato la documentazione. Una donna di origini marocchine, ad esempio, ha raccontato di essere andata in Marocco (a sue spese) per ottenere i documenti richiesti; dopo averli trovati e presentati, il comune di Lodi li ha però rifiutati senza spiegare il perché.

Casanova ha però sempre difeso la delibera. In un’intervista a Repubblica dello scorso settembre, ad esempio, si chiedeva: “Perché devo agevolare queste persone o questi stati che non producono questa documentazione a discapito invece dei cittadini che normalmente devono presentare una marea di carte e documenti e ne hanno diritto?”

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Fortunatamente, fin dall’inizio dell’anno scolastico l’opposizione a questa misura si è fatta sentire in diversi modi. Il 15 settembre, centinaia di persone—tra cui genitori e studenti—hanno protestato sotto la sede dell’amministrazione comunale. A livello legale, poi, l’ASGI (Associazione giuridica per gli studi sull’immigrazione) ha promosso un’azione civile al tribunale di Milano “contro la discriminazione su base etnica.” Secondo Il Fatto Quotidiano, il comune di Lodi avrebbe già stanziato circa 10mila euro per la difesa.

Infine, c’è stata anche la forte risposta di associazioni e società civile. Nel corso di questo fine settimana, il Coordinamento Uguali Doveri—nato proprio in seguito alla delibera leghista—ha lanciato una raccolta fondi per poter garantire l’accesso a tutti i bambini esclusi dai servizi.

In appena 48 ore più di 2mila persone hanno donato da tutta Italia, facendo raggiungere molto presto il traguardo di 60mila euro. In un post su Facebook il coordinamento ha ringraziato “per la grandissima solidarietà ricevuta” e sospeso la raccolta, annunciando di avere i fondi necessari fino a dicembre del 2018—“data in cui speriamo che il ricorso presentato al Tribunale di Milano contro il Comune di Lodi avrà annullato questa discriminazione.”

La notizia è stata accolta dalla politica in vari modi. Da un lato c’è chi ha esultato per questo scatto d’orgoglio dell’“Italia solidale”; e dall’altro Matteo Salvini—tanto per cambiare—se l’è presa con il Partito Democratico, accusandolo di “delirare” e di usare “a sproposito” termini come “razzismo” o “apartheid.”

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Per non essere da meno Giorgia Meloni ha preferito spostare il focus da Lodi a Peschiera Borromeo, dove a suo dire si sarebbe eliminato il maiale in una scuola del luogo per far posto al “cous-cous, alimento tipico nordafricano” (e chissà cosa dirà la leader di Fratelli d’Italia, quando scoprirà che il cous-cous fa parte della tradizione culinaria della Sicilia).

Ma la reazione più stupefacente è arrivata da Luigi Di Maio, che fino a ieri non aveva mai aperto bocca sul caso. Sulla propria pagina Facebook, il vicepremier ha scritto che “i bambini non si toccano!” e si è detto “contento perché gli italiani hanno [dato] prova della loro grande solidarietà e del loro grande cuore, alla faccia di chi si diverte a dipingerli in altra maniera.” Lo stesso ha poi aggiunto che parlerà con il ministro dell’istruzione Marco Bussetti (in quota leghista) e “troverà una soluzione.”

In pratica, sembra quasi che Di Maio si sia intestato il successo della raccolta fondi. Qualcuno dovrebbe però avvertirlo che la delibera non è una calamità naturale piovuta dall’alto, ma è opera di una sindaca della Lega. Partito che fino a oggi ha sostenuto a spada tratta la misura, cercando di replicarla altrove, e incidentalmente sta governando l’Italia insieme al Movimento Cinque Stelle.

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