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'Camerata Todini, presente!' - I saluti fascisti durante un funerale a Sassari

Per commemorare il professore Giampiero Todini, una trentina di persone ha fatto il saluto romano di fronte al feretro.
Leonardo Bianchi
Rome, IT
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In questi giorni a Sassari si è celebrato il funerale di Giampiero Todini, professore di storia del diritto italiano morto a 72 anni. L’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga l’aveva insignito dell’onorificenza di cavaliere, e in seguito era anche diventato commendatore.

Il docente non ha mai fatto mistero della sua fede politica, e girava sempre con la spilla del Movimento Sociale Italiano. Il figlio, Luigi, è un attivista di CasaPound ed è stato candidato al Senato nel corso delle ultime elezioni politiche.

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Non sorprendentemente, le esequie che si sono tenute alla chiesa di San Giuseppe sono diventate un “presente”—il rituale fascista per ricordare i camerati caduti. A un certo punto circa trenta persone si sono infatti schierate in ordine militare, e il responsabile di CasaPound a Sassari ha posato il tricolore della Repubblica Sociale Italiana di Salò sul feretro. Poi c'è stata la triplice invocazione (“Camerata Giampiero Todini, presente!”) seguita dai saluti romani.

La scena è stata diffusa su Facebook dalla consigliera comunale di Città Futura Lalla Careddu, che ha commentato così: “Nella nostra città, sul sagrato di una chiesa, senza vergogna. Fascisti sdoganati.” La stessa ha poi aggiunto: “Mi dicono che sono fissata con il ritorno del fascismo, ma quanto accaduto ieri è la prova che il pericolo esiste. Qualche mese fa ho chiesto che si vietasse l'utilizzo degli spazi pubblici a chi utilizza simbologia fascista e questo funerale è una prova di forza.”

Luigi Todini, parlando con l'Ansa, ha spiegato che un tale "omaggio funebre" è stato fatto per "rispettare un'espressa volontà di mio padre," e che "non è stato commesso alcun reato." Il figlio ha anche ricordato che "c'è una sentenza della Corte di Cassazione del febbraio 2018 che dice che il gesto del saluto romano è consentito in occasioni come le commemorazioni funebri."

L’episodio ha posto di nuovo sotto i riflettori l’opportunità o meno di punire i gesti direttamente riconducibili al regime fascista. Nonostante i vari tentativi di riforma—l’ultima, in ordine cronologico, è stata la legge Fiano (non approvata) nella scorsa legislatura—il divieto di fare il saluto romano non è espressamente previsto dalla normativa, ma rientra più in generale nell’articolo 5 della legge Scelba del 1952, che punisce le “manifestazioni usuali del disciolto partito fascista.”

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Nel 1958 la Corte Costituzionale aveva stabilito che non tutti i simboli e le manifestazioni esteriori di apologia del fascismo sono punibili, ma solamente quelle idonee a “provocare adesioni e consensi e a concorrere alla diffusione di concezioni favorevoli alla ricostituzione di organizzazioni fasciste.”

Secondo la Consulta, infatti, il legislatore aveva compreso che la riorganizzazione del partito fascista può anche essere "stimolata da manifestazioni pubbliche capaci di impressionare le folle"; ed ha voluto colpire "le manifestazioni stesse, precisamente in quanto idonee a costituire il pericolo di tale ricostituzione."

Più recentemente, nel 2009, la Corte di Cassazione—nel confermare le condanne ad alcuni esponenti di CasaPound che avevano fatto il saluto romano durante una manifestazione per le vittime delle foibe—ha invece detto che il saluto romano è un reato a tutti gli effetti e ha fissato alcuni principi.

Tra questi c'è il fatto che "l'esigenza di tutela delle istituzioni democratiche non risulta erosa dal decorso del tempo," e che nulla “autorizza a ritenere che il decorso di ormai molti anni dall'entrata in vigore della Costituzione renda scarsamente attuale il rischio di ricostituzione di organismi politico-ideologici aventi comune patrimonio ideale con il disciolto partito fascista o altre formazioni politiche analoghe.”

Dal dopoguerra ad oggi le sentenze in materia sono state parecchie, ma non c’è mai stata uniformità nella giurisprudenza. Nel senso che in alcuni casi i giudici hanno ritenuto che fosse reato, in altri no.

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