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Black Mirror con Miley Cyrus è palesemente una puntata di Hannah Montana

La puntata 'Rachel, Jack and Ashley Too' sarebbe potuta iniziare benissimo con il ritornello “Tu vivi in due moooondiiii.”
Vincenzo Ligresti
Milan, IT
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Grab via Netflix.

Attenzione: Questo è un articolo pieno zeppo di spoiler.

Ieri sera, dopo aver finito di guardare Rachel, Jack and Ashley Too, terzo e ultimo episodio della quinta stagione della serie antologica Black Mirror, la persona seduta accanto a me, con un tono piuttosto piccato, mi ha detto: “Se avessi voluto vedere Hannah Montana non avrei aperto Netflix, mi sarei sintonizzata su Disney Channel.” E, per quanto sia uno di quelli che hanno cercato di giustificare la graduale trasformazione pop di Black Mirror—persino la puntata interattiva Bandersnatch, che è un disastro da un punto di vista di game design, ma è una metafora riuscita del controllo che ha Netflix sulle nostre scelte—mi sono dovuto arrendere e dire: “sì, ma con una parrucca più fica.”

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La trama di Rachel, Jack and Ashley Too, per l’appunto, è questa: c’è una pop star di fama internazionale con un parruccone in testa. Tutti i fan la amano, amano Ashley O (Miley Cyrus). Le sue canzoncine sono felici e basate su bei messaggi su quanto bisogna credere in se stessi. La popstar però, tolte le sovrastrutture, è anche una ragazza come tutte le altre—che guardando dal finestrino oscurato di una macchina in corsa vorrebbe tanto andare a ballare spensierata come fanno i coetanei lì fuori.

Del resto, come in tutti in teen movie—perché di un mini teen movie stiamo parlando—Ashley è tutta travagliata: vorrebbe far uscire fuori il suo lato RUOCK e cantare quanto la vita sia una merda. Ma non può: perché è il fantoccio nelle mani dello star system, della zia manager (Susan Pourfar) che ha creato l’immagine della idol perfetta, dalla personalità così piatta da poter essere persino sintetizzata in una sorta di robottino—un misto tra Alexa di Amazon, un furby e Wall-E della Disney—da vendere alle fan più incallite, come la quindicenne Rachel.

Anche Rachel crede che la vita sia una merda, non ha amici e odia la sorella ROUCK con cui condivide la stanza. Così si affeziona al suo robottino Ashley Too, il quale però, a causa di un malfunzionamento—e grazie alle strabilianti capacità da programmatrice-principiante della sorella—assume le vere caratteristiche caratteriali di Ashley, diventando la sua reale e scurrile fotocopia.

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A quel punto Ashley Too chiede istantaneamente che le venga tolto “il cavo USB” dal culo, cosa che mi ha fatto ridere di gusto, perché ammettiamolo: l’aiutante simpatico—vuoi che si chiami Genio della Lampada, Spugna o Ashley Too—è simpatico per definizione. E ammetto anche che mi sono ritrovato più volte a ridere durante l'episodio, ma il problema è che non è esattamente la reazione che vorrei avere guardando BM. E soprattutto da quando la risata, in Black Mirror—ripeto: in Black Mirror—è fine a se stessa? Al massimo è amara, inaspettata. Persino in San Junipero, che per adesso era la puntata più “felice” della serie antologica, ogni scena era per condurti alla riflessione, e al E tu, cosa avresti fatto?

In ogni caso, dico che Ashley Too è una sorta di aiutante Disney, perché è proprio lei a un certo punto a far notare a Rachel e alla sorella ROUCK che tutto quello che riportano i media è falso: la vera Ashley-depressa non è in fin di vita a causa di un’allergia, ma perché voleva licenziare quella cattivona della zia, che giocando d’anticipo l’ha mandata in coma chimico.

Perché tanto the show must go on: la zia cattivona avrebbe continuato a estrarre dal cervello della nipote nuove canzoni e l’avrebbe presto rimpiazzata con un ologramma, Ashley Eternal—un po’ come è successo con la versione olografica di Tupac Shakur al Coachella 2012, o continua a succedere con Hatsune Miku, seguitissima popstar fittizia giapponese la cui voce è creata al computer.

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In un’intervista rilasciata a EW, il creatore Charlie Broker ha spiegato che ha preso ispirazione da “una sitcom su una band punk del 1977, i cui membri sono tutti morti, uccisi in un'impiccagione di massa” e, per l’appunto, “dell'ascesa di versioni olografiche di artisti: Prince e Whitney Houston e Amy Winehouse” e “masticati dall'industria della fama e che ora vengono resuscitati.”

Adesso: il presupposto è piuttosto evidente, e cercare di fondere un po’ la questione del Club dei 27, di come lo star system sia più finto di una foto su Instagram, e che la tecnologia può acuire il tutto è piuttosto pregevole.

Il problema è che la seconda parte dell’episodio non sviscera questi temi: si trasforma in una vaccata incredibile, titolabile robot miley and her friends’ wacky adventures. Robottino, Rachel e sorella RUOCK si introducono in un villone per salvare Ashley popstar, la risvegliano, e tutte insieme si palesano davanti a una sala gremita di persone che un attimo prima guardavano sul palco una Ashley ologrammata e la zia tutta contenta. Tutti in sala sconvolti. La vera Ashley fa il dito medio alla zia. Titoli di coda inframezzati da una scena finale in un pub, in cui finalmente Ashley canta il RUOCK con la sorella RUOCK di Rachel. E vissero felici e contente.

Black Mirror, cosa volevi dirci con questo lieto fine? Che abbiamo imparato? Che i cattivi perdono sempre? Doveva essere una critica su come i ragazzini vengono prelevati e allevati per diventare pop star ed escono di cervello per questo? Abbiamo capito le buone intenzioni. Avrebbe dovuto esserlo, sì. Ma non lo è—è Hannah Montana, ma con una parrucca viola.

P.s. Però Miley è sempre bravissima.

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