tassisti e licenze in italia
Attualità

Un giovane tassista mi ha spiegato come funziona il sistema dei taxi in Italia

Licenze, lotta alla liberalizzazione del mercato, costi: un giovane tassista ci ha spiegato come funziona davvero il suo lavoro.
Andrea Strafile
Rome, IT
LM
illustrazioni di Lorenzo Matteucci

Nelle ultime settimane la questione dei tassisti italiani si è fatta rovente, con scioperi capaci di bloccare il servizio taxi in quasi tutte le città d’Italia e una manifestazione sotto palazzo Chigi che ha avuto il ‘merito’ di affondare l’articolo 10 del nuovo DDL Concorrenza. Se fosse passata così com’era scritta, quella norma avrebbe dato modo alle piattaforme online—Uber, per dirne una—di inserirsi nel tessuto del trasporto nazionale.

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L’articolo 10, inoltre, avrebbe cambiato le carte in tavola su turnazioni e tariffe, e allargato alla concorrenza il conferimento delle licenze. Anche se, di fatto, l’app di Uber sta penetrando un po’ alla volta nei sistemi precostituiti: a Roma, per esempio, sarà possibile prenotare un normale taxi dall’app statunitense

Al di là di queste proteste possiamo genericamente affermare che, tra tutte le categorie di lavoratori italiani, quella dei tassisti sia tra le più detestate. Salire su un taxi fa spesso scattare quel pensiero sordido per cui il tassista in qualche modo ci fregherà: allungando la strada, facendo partire strane tariffe, negando il pagamento con carta.

Ma della professione ci sono molte cose che la maggior parte dell’utenza ignora. A partire dalla fantomatica licenza, a causa di cui molti tassisti (soprattutto giovani) si indebitano. “Io ho pagato la mia licenza quasi 100.000 euro,” mi ha detto Antonio (di 32 anni, che preferisce rimanere anonimo) durante una corsa a Napoli. “Se ora liberalizzano il mercato, come dovrei fare a pagare un mutuo del genere?”

Per cercare di capire come funziona questo lavoro, per cosa lotta la categoria e quali sono i loro problemi, ho dunque contattato un giovane tassista. 

Giuseppe aka Beppe Gagliardi è un tassista di Milano di 36 anni che fa questo mestiere dal 2015. In una chiamata lunga ha affrontato alcuni luoghi comuni sulla sua categoria, dal fatto che siano una lobby a quello per cui tentano di fregarci in ogni modo. Ovviamente, abbiamo iniziato dalle licenze. 

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Come funzionano le licenze dei Taxi in Italia

Il prezzo delle licenze varia a seconda del comune: chiaramente se sei a Milano può arrivare anche a 150.000 euro, se sei a Casal Pusterlengo molto meno

Quello delle licenze è il problema più spinoso. Il classico argomento da bar sport che si risolve con un mettete in giro più licenze e nessuno si farà male. Ma non è proprio così che funziona.

“Le licenze,” mi dice Beppe Gagliardi, “vengono di base rilasciate dal comune di appartenenza. In pratica viene calcolato quanti taxi servono in una determinata città.” Quindi è difficile che un comune rilasci licenze nuove, se è già stato raggiunto il numero limite di auto. Come si fa a ottenerne una? Comprandola, naturalmente, ma non solo.

“Le licenze vengono rivendute da chi smette di lavorare,” continua Giuseppe Gagliardi. “E il prezzo varia a seconda del comune: chiaramente se sei a Milano può arrivare anche a 150.000 euro, se sei a Casal Pusterlengo molto meno. C’è da capire che non è la truffetta di una lobby che si rivende le licenze sotto banco. Sono licenze come qualsiasi altra: è come se rilevassi un bar. Ovviamente ci paghi le tasse, è tutto fatto alla luce del sole.” 

Quello che però abbiamo letto negli anni scorsi, su diverse testate, è che un mercato nero delle licenze per i taxi esiste. Qualche anno fa, per esempio, fece notizia un giro di licenze a Firenze comprate ufficialmente a cifre di facciata, circa 800 euro, e pagate in nero realmente circa 200mila euro. 

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Ci sono però altri modi per poter lavorare con un taxi, mi spiega Beppe Gagliardi. “Le licenze possono essere anche affittate a un secondo guidatore, che deve prima aver passato gli esami per guidare un taxi (come quello sulla conoscenza delle vie).” E puoi affittare la tua licenza se hai 60 anni o almeno cinque di licenza sulle spalle. “Poi c’è la modalità di cui usufruisco, almeno a Milano: il padre o la madre possono eleggere il figlio a secondo guidatore, che deve comunque superare degli esami. Venne fatto dall’ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia ai tempi dell’Expo per creare nuovi posti di lavoro e turnazioni più lunghe.”

I tassisti sono una lobby?

Si legge un po’ dappertutto dei tassisti come di una potente lobby, una categoria in grado di influenzare con le sue manifestazioni i meccanismi della politica. Beppe Gagliardi mi spiega che dal suo punto di vista loro combattono le lobby, soprattutto dopo quello che è successo con gli Uber Files, l’inchiesta che mette sotto i riflettori i vertici di Uber e le loro manovre per eludere le tasse, sfruttare i lavoratori e condizionare i governi.

“Non siamo una lobby secondo me,” dice Giuseppe Gagliardi “perché a differenza di queste multinazionali noi in parlamento non ci siamo andati a parlare. Siamo lavoratori che hanno difeso i loro diritti.”

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Perché i taxi costano così tanto

Se noi arriviamo e voi non ci siete non ci dovete dei soldi. Con Uber, se cancellate la corsa pagate

Parliamo anche dei prezzi pompati dei taxi italiani. “A regolare i prezzi non siamo noi, ma le regioni: c’è una tabella che trovate nel sedile posteriore in ogni taxi,” mi dice ancora Beppe Gagliardi. “I prezzi sono regolati in base alle città e allo stipendio medio di quelle città.” 

Per calcolare i prezzi di una corsa bisogna vedere l’orario, il giorno e aggiungere alla tariffa base (3,50 di base in un giorno feriale a Milano, per esempio) un’altra cifra (1,14 euro per km a Milano). Il tassametro calcola i km se si è in movimento e va invece a tempo quando si è fermi.

Quando pensate che il taxi che avete chiamato parta da una cifra troppo alta, ecco come funziona: “Voi pagate da quando noi ci muoviamo,” mi dice Beppe Gagliardi. “Quindi si parte dalla tariffa di base (3,50 euro di giorno per esempio) e poi paghi a km. Quando ti dicono che arriviamo in 3 minuti, facciamo circa 1,5 km e quindi la cifra è di 5 euro circa.”

E se vi state chiedendo perché il tassametro stia già a 7,50 euro anche se è arrivato in tre minuti: “Stesso discorso, si paga al km. Quindi ho impiegato meno tempo per arrivare ma magari ho fatto più km. E comunque anche le chiamate sono una garanzia e, da un certo punto di vista, un doppio vantaggio dell’utente: intanto non posso fare come Uber e cancellare la corsa dopo averla accettata; poi se noi arriviamo e voi non ci siete non ci dovete dei soldi. Con Uber, se cancellate la corsa dovete pagare.” 

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Gagliardi parla poi dei costi fissi: “Sono quelli della benzina, che paghiamo come gli altri, di assicurazione nella sua fascia più alta e poi di manutenzione e pulizia dell’auto: non siamo solo obbligati ad avere il POS; siamo anche obbligati ad avere la macchina pulita e in ordine. E poi ovviamente ci sono le tasse, INPS, INAIL e anche una quota mensile alla cooperativa Radio Taxi che ci passa le chiamate.”

Il taxi è un servizio pubblico

Non possiamo rifiutarti una corsa, dobbiamo accettare carte di credito e lavoriamo su turni di otto ore che non decidiamo noi, ma le cooperative insieme alle esigenze del comune

Forse ce lo scordiamo, eppure il taxi è un servizio pubblico essenziale. Quando eravamo in lockdown, per esempio, i tassisti erano in strada a garantire un servizio con regolari turni. “Se tu hai un’emergenza, io sono obbligato a portarti,” mi dice ancora Beppe Gagliardi. “Ma sono obbligato anche se mi chiedi di fare 200 metri perché ti fa male una gamba. Non possiamo rifiutarti una corsa, dobbiamo accettare carte di credito (già da prima della nuova legge) e lavoriamo su turni di otto ore che non decidiamo noi, ma le cooperative insieme alle esigenze del comune.”

Sull’annosa questione del tassista che tenta di fregarci i soldi, Beppe Gagliardi risponde: “C’è qualcuno che lo fa, ma sono davvero pochi. Soprattutto perché non ha senso: non allungo la strada di 5 chilometri per prenderti 4 euro in più. Si fanno più soldi facendo più corse, non allungandole. E per chi sostiene che alcuni manomettono il tassametro: quel coso è piombato, c’è un sigillo. Se lo tolgo per manometterlo mi mettono in galera, non si può proprio fare.”

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Sarebbe così bello avere Uber o Lyft in Italia

Diciamoci la verità: quando ci capita di viaggiare in città estere, i servizi come Uber ci piacciono tantissimo. Si spende qualche soldo di meno, l’autista deve seguire una strada prestabilita e possiamo anche vedere la macchinina sull’app spostarsi sempre più vicina a noi per venirci a prendere.

Gagliardi ribadisce che “noi in quanto servizio pubblico siamo una garanzia. Tutto è regolamentato secondo norme stringenti che ci obbligano a fare dei turni, a pagare le tasse e a garantire che al passeggero non succeda niente (per questo abbiamo il massimale più alto nelle assicurazioni).”

Se si apre a servizi dove non serve la licenza e non ci sono norme, prosegue, “non solo si affossa il nostro lavoro, ma si alimenta un divario di classe e si aggravano le diseguaglianze in un settore che non può competere con un servizio che ti chiede in cambio solo il 25% della corsa effettuata. Senza contare che noi ti tuteliamo con dei prezzi stabiliti dalla regione, mentre un algoritmo cambia seguendo delle logiche di business: se c’è un concerto a Milano, il prezzo delle corse di un’app sale quanto vuole.”

Per dovere di cronaca, il guadagno lordo medio di un tassista in una grande città oscilla dai 3000 ai 4000 euro mensili a cui vanno tolte le spese di cui abbiamo parlato sopra e “la pulizia della macchina, dopo che un cliente vomita in macchina post-serata.”

Parlando con Gagliardi mi è parso di capire che i taxi italiani sono rimasti intrappolati in un sistema obsoleto e ingarbugliato: “Ci sono troppe cooperative, alcune di soci, altre sono società per azioni, alcune grandi e alcune più piccole. Io sarei anche per la statalizzazione, ma avrebbe un costo per lo stato enorme: per questo viene affidato a cooperative, regioni e comuni.”

Non sarebbe nemmeno corretto creare una cooperativa con automobili, come accade a New York: “in quel caso crei un disservizio, diventa una cosa scadente,” spiega. Quale può essere la soluzione, insomma? “Secondo me bisognerebbe non tanto statalizzare il servizio, quanto fare un'unica cooperativa di Radio Taxi italiana, invece che locale. In questo modo potrebbe essere tutto collegato.”

Non so se arrivati qui avete smesso di odiare i tassisti o meno; io continuerò a non potermi permettere di prendere spesso un taxi, perché le tariffe—che sia Roma o Milano—rimangono troppo alte. Se non altro, smetterò di pensare che allungano la strada per rubarmi i soldi.

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