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Nella periferia di Roma sono iniziati i pogrom contro i migranti

L'assalto al centro d'accoglienza di Tor Sapienza di lunedì è solo l'ultimo episodio di intolleranza nella rivolta delle periferie romane.
Leonardo Bianchi
Rome, IT

​Manifestazione di CasaPound, comitati di quartiere e Mario Borghezio a Roma, giugno 2014. Foto di ​Niccolò Berretta.

A meno di due mesi dalla "caccia al nero" a Corcolle (quartiere nel quadrante est di Roma), in un'altra borgata della Capitale si è tornati ad assistere a scene degne degli anni Trenta. Per due giorni di fila, infatti, a Tor Sapienza un centinaio di residenti italiani ha assaltato con sassi, spranghe e petardi il centro d'accoglienza di viale Giorgio Morandi, che al suo interno ospita sessanta rifugiati nigeriani.

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La situazione in questo quartiere a ridosso del GRA è tesa ormai da tempo, e i cittadini hanno protestato a più riprese sia contro le istituzioni che contro rom e immigrati.

Lo scorso ottobre, ad esempio, si era sparsa la voce della possibile apertura di un nuovo centro d'accoglienza in uno stabile abbandonato. L'indiscrezione—rivelatasi ​infondata—aveva causato la rabbiosa reazione dei residenti, che prima avevano presidiato la struttura, e poi erano scesi in piazza (accompagnati da figure di spicco come Gianni Alemanno) per protestare contro l'abbandono della zona, l'insicurezza, i roghi tos​sici provenienti dal vicino campo rom di via Salviati e i centri d'accoglienza.

Dopo le proteste non è però cambiato granché, e i cittadini hanno continuato a denunciare furti, scippi, aggressioni e presunti  ​tentati stupri nei parchi. E sono stati proprio questi episodi di cronaca a provocare la rivolta.

Verso le undici di sera di lunedì 10 novembre alcuni residenti ​scrivono in un gruppo Facebook che in via Giorgio Morandi c'è "molta confusione, forti esplosioni, molta polizia" e che è in corso una fitta sassaiola contro il centro d'accoglienza. Sulla strada ci sono anche cassonetti bruciati, messi lì dai manifestanti per bloccare il passaggio delle auto. La polizia in assetto antisommossa arriva dopo una decina di minuti, evitando il peggio.

Le ​cronache riportano che il tentato pogrom viene portato avanti al grido di "bruciamoli!", "negri di merda" e "andate a casa vostra a violentare le donne." I residenti presenti sul posto si lamentano con i cronisti dicendo che "non ne possiamo più, gli zingari di là, dall'altra parte i negri" e che gli immigrati "vengono a fare i porci comodi loro a casa nostra. […] A casa nostra fai come dico io." Se a questo punto non fossero abbastanza chiare le parole d'ordine, secondo il sito ​RomaToday tra i manifestanti c'erano anche "personaggi inneggianti al Duce."

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Sempre in un ​gruppo su Facebook, inoltre, un utente si riferisce ai rifugiati come "bestie da cancellare" e afferma che siano stati loro ad aver iniziato il lancio di oggetti contro i residenti.

Questa versione, tuttavia, è stata categoricamente smentita dalle forze dell'ordine: per non essere colpiti dai sassi, i nigeriani si sono rifugiati ai piani più alti dell'edificio.

Dopo il primo assalto Tommaso Ippoliti, presidente del comitato di quartiere Tor Sapienza, ha spiegat​o così le ragioni di questa esplosione di collera: "Questa notte è stata un'iniziativa spontanea di alcuni abitati esasperati. Non è una questione di razzismo né di ronde, siamo solo stanchi, non ne possiamo più." I cittadini, dal canto loro, continuano a ​ripetere di "non essere estremisti."

L'11 novembre la protesta è ulteriormente degenerata. ​In mattinata, come ​riporta Fanpage, un migrante minorenne è stato aggredito da diversi sconosciuti alla fermata dell'autobus. Nel pomeriggio si è tenuta una breve assemblea di quartiere, seguita poi da un "corteo spontaneo" dei residenti di fronte al centro d'accoglienza. Tra questi c'era anche chi ​rilasciava alla stampa dichiarazioni del genere: "Appena la polizia e le telecamere se ne vanno, entriamo nel palazzo degli immigrati e li buttiamo giù dalla finestra uno dopo l'altro."

Poco dopo le dieci e mezza di sera una trentina di manifestanti incappucciati è tornata ad ​attaccare il centro con un fitto lancio di oggetti e petardi, ​dando alle fiamme diversi cassonetti. La polizia, che presidiava il centro, ha caricato e lanciato lacrimogeni (alcuni residenti ​dicono "ad altezza d'uomo") per fermare gli assalitori. Il bilancio finale degli scontri è di qualche agente e manifestante ferito e una ​volante sfasciata.

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Quello che è successo a Tor Sapienza è sicuramente l'episodio più grave e violento dell'"​autunno caldo" delle periferie romane, che da diversi mesi sono scosse da una serie di proteste che originano dall'esasperazione dei cittadini (costretti a vivere in condizioni oggettivamente difficili) e finiscono (o sono fatte finire) su posizioni xenofobe ed estremiste.

Il punto d'approdo di queste "rivolte" dovrebbe essere la "grande manifestazione" nel centro della Capitale fissata per il prossimo 15 novembre, organizzata dal ​Caop—un comitato di cittadini che si è già fatto notare per aver ​organizzato delle "ronde" a Ponte di Nona—e da altri comitati di quartiere.

Nel ​volantino dell'evento si legge che "le periferie di Roma si uniscono per dire basta" a "degrado e criminalità," "campi rom fuori controllo" e "immigrazione incontrollata." Per lanciare la mobilitazione è stato anche diffuso un video pieno di bandiere italiane e immagini di apocalisse urbana alla Roma fa schifo.

Ad ogni modo, questa ondata di mobilitazioni si sta verificando in un momento in cui la conclamata incapacità delle istituzioni locali di gestire la situazione sta aprendo una sconfinata prateria politico-elettorale, che partiti come Lega Nord e CasaPound (ma non solo) stanno cavalcando a più non posso.

Sabato scorso, giusto per fare un esempio, CasaPound ha allestito un banchetto proprio a Tor Sapienza "per firmare contro il centro d'accoglienza nel quartiere e i roghi tossici nei campi rom."

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Il 28 ottobre 2014 Mario Borghezio e un gruppo di militanti di CasaPound hanno compiuto un blitz razzista in una scuola media di Casalbertone dove studiano anche immigrati adulti. L'aggressione è stata descritta in questa maniera da una docente: "Sono entrati con la forza inter­rom­pendo le lezioni e spa­ven­tan­doci, hanno comin­ciato a urlare, a offen­dere, chia­ma­vano gli stu­denti 'que­sti cosi' e 'negroni', li minaccia­vano e minac­cia­vano noi. […] Non è solo interruzione di pubblico servizio, ma sospensione della democrazia."

Più in generale, inoltre, la svolta lepenista della Lega Nord sta anche avendo l'effetto di far rialzare la testa a formazioni come Forza Nuova.  Pochi giorni fa la sezione veronese del partito guidato da Roberto Fiore ha postato uno status su Facebook in cui minaccia di intervenire "fisicamente con i propri militanti" per sgomberare "due famiglie di immigrati marocchini" che hanno "occupato abusivamente alloggi comunali." Questo "ultimatum" è stato lanciato non semplicemente per ottenere il rispetto della legge tout court, ma piuttosto perché "i locali e stabili sfitti devono essere destinati solo e soltanto alle famiglie italiane."

Insomma: tra pogrom organizzati nelle estreme periferie romane, partiti che vogliono sostituirsi alle forze dell'ordine e una Lega Nord che secondo gli ​ultimi sondaggi è oltre il 10 percento, in questo paese non potrebbe tirare aria peggiore.

Ma del resto che ci sia "un bruttissimo clima" l'ha ​conferm​ato anche Matteo Salvini—e se lo dice uno degli artefici di questo clima, c'è da crederci.

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