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"Los in de pols": è giusto che Renzi continui a parlare inglese?

Da ormai due anni, Renzi si ostina a pronunciare discorsi in inglese. E se all'inizio faceva ridere, ora viene da chiedersi perché, nonostante i risultati, si ostini a fare queste pessime figure.
Niccolò Carradori
Florence, IT

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Sono passati quasi due anni da quando, qui su VICE, uscì un'analisi del primo disastroso scontro di Matteo Renzi con la lingua inglese, seguito poco dopo da un secondo capitolo. Da allora il primo ministro si è cimentato in altre prove del genere, e l'ultimo episodio risale proprio a ieri.

Parlando davanti a 2500 studenti stranieri all'apertura dei lavori dell'Harvard World Model United Nations all'Onu, infatti, il premier ha tentato di spiegare il lavoro svolto durante questi due anni di mandato, e illustrato quello che il governo ha intenzione di portare avanti nel prossimo futuro. Oltre a questo, poi, ha parlato di terrorismo, migrazione, e altri temi di carattere e interesse internazionale. Il problema, appunto, è che lo ha fatto ancora una volta utilizzando l'inglese.

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Secondo la definizione fornita dalla Treccani la coazione a ripetere è una "tendenza incoercibile, e del tutto inconscia, a porsi in situazioni penose o dolorose." E pensando al rapporto fra Matteo Renzi e i discorsi pubblici tenuti in inglese viene effettivamente da chiedersi se questo meccanismo psicologico non sia coinvolto.

Arrivato a questo punto, Renzi in prima persona dovrebbe essere consapevole di questo suo limite. Come noi, nel commentarlo, siamo consapevoli che persino la costruzione esilarante delle sue frasi ha ormai perso qualsiasi vera capacità di far ridere.

È lo stesso tipo di esperienza che si può provare quando si osserva qualcuno inciampare per sbaglio e cadere: lì per lì può fa ridere, ma se la scena si ripetesse per sei volte di fila, nella stessa identica dinamica, comincereste a trovare la cosa semplicemente fastidiosa, e a chiedervi per quale motivo quella persona continui imperterrita a passare da quel punto se sa che alla fine inciamperà.

Ed è proprio qui che volevo arrivare: per quale motivo Matteo Renzi si ostina a presentarsi a eventi del genere senza interprete? Non è affatto scontato, infatti, che un primo ministro debba necessariamente parlare inglese a un incontro che coinvolge partecipanti provenienti da tutto il mondo. Molti politici non lo fanno.

Se sai benissimo, per realizzazione empirica visto che è accaduto innumerevoli volte, che non sai parlare quell'idioma, che sbaglierai e che la stampa ti martorierà ignorando completamente il contenuto del tuo discorso, perché continuare? La verità è che il discorso in sé e per sé, indipendentemente dal valore delle tue parole, passerà alla storia semplicemente come una serie di errori di pronuncia—nulla di più.

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Ed è proprio questa una delle conseguenze più stupide, perché a nessuno importerà cosa hai da dire se il tutto è liquidabile in decine di video YouTube sottotitolati basandosi sulla tua pronuncia imbarazzante.

Ma non solo. Questo tipo di situazioni scatenano quella propensione squisitamente italiana per le questioni scatologiche: vogliamo fare figure di merda, vogliamo evidenziarle, e vogliamo poter urlare contro il cielo a gola spalancata quanto siamo stupidi e inetti rispetto a qualsiasi essere umano sia mani nato oltre i confini del nostro paese.

Quindi l'inciampo di Renzi da questo punto di vista è doppio: se da due anni, per tua stessa ammissione, stai cercando di dare una nuova immagine del paese—e hai appena definito l'Italia una "bella addormentata che ha bisogno di un bacio"—per quale motivo poi corri a tutta velocità verso un burrone in cui sei già caduto innumerevoli volte, e che scatena il massimo piacere italiano dell'autocommiserazione lasciando indietro anche il minimo significato?

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