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Da un'idea di Stefano Accorsi: Intervista agli autori di 1992

Abbiamo parlato con i creatori e autori della serie tv italiana più discussa e criticata del momento. Ci hanno detto che dentro non ci sono solo le idee di Stefano Accorsi, Tea Falco e gente che scopa.

In vista di 1993 , in onda da questa sera, riproponiamo la nostra intervista agli autori di 1992.

Anche se non l'avete mai vista, ormai è molto probabile che abbiate sentito parlare di 1992—quantomeno perché le polemiche scatenate dalla serie Sky sarebbero state sufficienti a far cadere quattro governi tecnici. In questo preciso momento, a qualche giorno dall'ultima puntata, un numero n di video di Tea Falco rimbalza nell'etere augurando buona Pasqua passata o uccidendo Peter Griffin con la sola forza della propria recitazione.

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La verità—che la serie vi sia piaciuta o meno—è che tutto questo interesse è un fatto abbastanza inedito per l'Italia, dove in genere i prodotti televisivi vengono evitati come un virus particolarmente aggressivo e infausto da parte di chiunque sia in grado di contare fino a dieci. Per questo motivo abbiamo deciso di fare due chiacchiere con i creatori e autori della serie: Stefano Sardo, Ludovica Rampoldi e Alessandro Fabbri, per parlare con loro di 1992, delle serie tv italiane e delle idee di Stefano Accorsi.

VICE: Il fatto che la serie sia stata così discussa la rende un caso unico nel nostro panorama televisivo, no? Penso alle tonnellate di fiction italiana che viaggiano ogni anno inosservate dallo studio Rai alla tomba senza che nessuno se ne accorga
Ludovica Rampoldi: Be' è stato sicuramente un bene. Come hai detto tu il rischio più grande è l'irrilevanza, il passare sostanzialmente inosservati. Noi sapevamo che sarebbe stata una serie discussa, anche per il modo in cui è approdata. Eravamo stati a Berlino per l'apertura, nella sezione delle serie, che è ovviamente molto prestigiosa. Venduta in cinque paesi europei, venduta a HBO Nordic bla bla…

C'era sicuramente un'aspettativa alta e quando arrivi carico di aspettative chiaramente hai sempre il plotone pronto a sparare. E in effetti ha sparato. Però ci aspettavamo che avesse un'accoglienza controversa, non ci aspettavamo che questa criticità si concentrasse tutta su tre topic che onestamente il livello dello spessore è davvero… boh: da un'idea di Stefano Accorsi, Tea Falco e quanto scopano.

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Quindi le avete vissute con tranquillità.
Ma sì. Anche perché si sono accompagnate a un sacco di critiche ultra positive non solo della stampa italiana, ma anche di quella internazionale. Direi che sul piatto della bilancia i pro sono molti più dei contro.

Probabilmente anche il fatto della copertura della stampa internazionale, che per una serie italiana è una cosa rara, ha messo in moto tutta quest'ansia da opinione.
Stefano Sardo: È anche una serie che è stata ferma ai box per un anno e mezzo. Anche il fatto che si sapesse che c'era questa serie di cui veniva continuamente spostata la messa in onda ha creato una sorta di attesa messianica, come se avesse dovuto risolvere la situazione dell'intera serialità televisiva italiana in un colpo solo, a un certo punto capisci che…

Mentre per Gomorra la gente è stata sorpresa positivamente perché sapeva cosa avrebbe visto, la camorra, un crime ambientato a Napoli, Scampia, le vele… Poi ovviamente loro hanno fatto le cose al meglio nonostante le aspettative fossero tutto sommato limitate. Lì il pubblico è stato sorpreso positivamente mentre nel nostro caso l'attesa ha creato tutta una serie di reazioni del tipo "eh ma questa non è Mani Pulite" etc etc. Noi sapevamo di aver osato su moltissimi livelli, ci siamo concessi di sperimentare moltissimo come formula di concept, ma anche come approccio ideologico alla storia italiana.

Noi abbiamo scelto di avere un approccio totalmente astorico nei confronti della ricostruzione, romanzandola totalmente, non assegnando a noi stessi come autori una posizione giudicante su qualsiasi cosa facesse il personaggio nelle situazioni di quell'epoca. Questa è una cosa totalmente non comune nel nostro panorama culturale e molto spesso le critiche sono state proprio su quello sconcerto lì.

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Miriam Leone in 1992.

Però un po' è vero che sia 1992 che Gomorra sembrerebbero dimostrare che le persone hanno voglia di vedere delle serie italiane belle. Secondo voi questo può bastare a dare una scossa al mercato generale italiano?
Alessandro Fabbri: Questo lo puoi dire solo col tempo. Però ci sono state delle novità soprattutto per quanto riguarda il contenuto politico. Secondo me è uno dei motivi di tanto interesse, ci sono delle ferite che si sono aperte quell'anno che oggi sono ancora sanguinolente. Il 1992 è stato l'inizio del presente dell'Italia. Del presente per quanto riguarda il modo di fare politica, il tema della guerra sempre aperta fra politica e magistratura etc etc. Ed è stata una novità anche per il modello produttivo. Gli autori, cioè noi tre, in questo caso sono stati per fortuna molto più al centro del processo creativo. Credo che anche questo elemento sia stato importante, quantomeno fra gli addetti ai lavori
Stefano: E poi questa è un'idea originale. In Italia non si investe mai in idee originali. Anche le altre produzioni Sky erano adattamenti di romanzi e film di successo (pensa a Romanzo Criminale e Gomorra). Qui si è investito su un'idea che non aveva nemmeno padri nobili, non è che era la serie di Sorrentino per HBO. Noi eravamo tre autori abbastanza giovani rispetto al panorama italiano e anche sprovvisti di chissà quale palmares da sfoggiare. In questo senso è un grande salto, la cosa di investire su un'idea perché piace. È la cosa che abbiamo cercato di sottolineare scrivendo nei credits "creato da".

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Infatti "creato da": in che senso?
Ludovica: Di solito in una serie lo sceneggiatore consegna gli script e poi finisce lì. Magari sul set poi cambia il regista, o l'inviato del network o gli attori improvvisano…Molto spesso si perde il senso originario. È ovvio che se ci sono mille interferenze tutto perde autenticità e diventa un polpettone misto mare. Noi abbiamo ottenuto un maggiore coinvolgimento in tutte le fasi. Abbiamo chiesto di poter lavorare con persone che conoscevamo e stimavamo, e i nostri suggerimenti sono stati accolti, abbiamo avuto un ruolo nella scelta del cast ed eravamo sempre presenti sul set durante le riprese.
Stefano: Partecipavamo ai provini, andavamo alle prove costumi, le prove di luce… Anche perché nel caso di un progetto come il nostro si parte da un'idea originale, non c'è già un regista assegnato. Per cui per forza di cose il referente naturale di tutto è l'autore, come è anche più sensato che sia. All'inizio magari c'è un po' di resistenza, temi l'imbarazzo, quelle situazioni per cui, "Ecco, c'è lo sceneggiatore sul set, adesso rompe il cazzo."

Ma mano a mano che si andava avanti col lavoro era chiaro che per una serie piena di dettagli e intrecci come questa era necessario che gli autori fossero assolutamente presenti. Alla fine si è creato un clima perfetto, di grande partecipazione. Tutti hanno cercato di lavorare al meglio e io credo che, quale che sia il giudizio che uno ha su 1992, nel prodotto questo si veda. Le uniche differenze con gli showrunner americani erano che noi non abbiamo avuto l'ultima parola sul montaggio e non avevamo la possibilità di scegliere come allocare le risorse. Ad esempio non potevamo dire, "Ok, rinunciamo alla scena del ballo, ma compriamo questo pezzo dei Rage Against The Machine."

1992 cast attori tea falco

Domenico Diele e Tea Falco in 1992.

In un'intervista con un altro sceneggiatore che ho fatto qualche tempo fa, lui lamentava soprattutto il fatto che non esiste un mercato, che è impossibile andare da un produttore con un'idea propria e sperare che quello legga e decida di affrontare il progetto. È così?
Alessandro: Sì. E' proprio un'inerzia storica. Un po' è un motivo culturale, quello di considerare solo il regista come autore onnipotente. Poi da parte dei broadcaster scegliere un'impostazione di questo tipo, con uno "sceneggiatore/produttore" significa dare una fiducia e un potere che finora i network hanno invece tenuto a mantenere. L'impostazione anglosassone è più, "Mi piace quest'idea, mi piace il concept, ti affidiamo volentieri la responsabilità di realizzarlo e chiaramente diremo la nostra a prodotto finito." Sono due impostazioni mentali e industriali totalmente diverse. Secondo me con la concorrenza straniera e anche italiana però, anche i maggiori broadcaster tenteranno questo modello
Stefano: Il nostro grande problema è che qui l'originalità non ha un valore commerciale, neanche nel cinema. Dopo una grande stagione di sceneggiatori che è stata però raccontata come una stagione di soli autori—perché è ovvio che se parli di Fellini ma dimentichi Pinelli, Flaiano, se racconti De Sica e ti dimentichi Zavattini, se parli di Rossellini e ti dimentichi di Amidei, e via discorrendo… Invece erano dei team creativi. Di quell'idea lì è stato raccontato l'autore come il regista, tant'è che la generazione successiva ha cominciato a scriversi i film da sola. Siamo arrivati a oggi con un cinema che di fatto è ombelicale, dove non girano sceneggiature originali, dove non c'è disponibilità dei registi a cercare sceneggiature che li rispecchino, ma pretendono di generarle. Questo tipo di impostazione si è tradotta nell'impossibilità di circolazione di idee originali, rinsecchendo tutto.
Alessandro: È che se un'idea arriva dall'alto invece che da un autore è come se fosse sempre proveniente dallo stesso stampino, i bordi vengono stondati anche dove c'era una punta e la punta magari poteva essere quel tratto caratteristico di una serie che le fa avere una personalità come ogni lavoro artistico che si rispetti.
Stefano: Che poi le grandi rivoluzioni le fa la tv generalista. Le fanno gli E.R. , i Lost. Secondo me finché non si produce una competizione interna alla Rai ( che produce il 70 percento della nostra fiction televisiva) di fatto non ci sarà un miglioramento del livello, per quanto magari loro le intenzioni le abbiano. Noi speriamo che comunque questa situazione si crei sempre più velocemente e che si restituisca a Rai Uno, Rai Due e Rai Tre la possibilità di produrre cose diverse per pubblici diversi. Pare anche che Netflix stia per aprire in Italia e che sia già in giro a caccia di idee. Questo sarà un ulteriore elemento di stimolo per tutti.
Ludo: Comunque quello che si sente è che da parte loro [ della Rai] c'è davvero una volontà di innovazione e stanno provando a prendere questa strada.

Raga chiudiamo con un messaggio agli hater di Tea Falco.
Alessandro: Ovviamente la difendiamo. Ha dato una grande interpretazione del personaggio e io penso che il tempo sarà galantuomo. Quell'attenzione che ha provocato deriva anche dal suo magnetismo e dal suo carisma.
Ludo: Tea non è un'attrice televisiva che passa inosservata e pulita. Tea è una vera presenza, un alieno. Il fatto che abbia attirato tutti questi strali vuol dire che la sua alterità è stata percepita. Se vuoi anche in maniera disturbante, ma percepita.
Stefano: E poi noi le vogliamo molto bene.

Segui Laura su Twitter: @lautonini