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I due adolescenti americani diventati sicari per un cartello messicano

Ancora prima di diventare maggiorenni, i Wolf Boys del Texas avevano già ucciso 50 persone per conto dei Los Zetas. Abbiamo intervistato il giornalista Dan Staler, autore del libro che racconta la loro storia.

Le palpebre tatuate del sicario

Gabriel Cardona. Tutte le immagini per gentile concessione di Dan Slater/Simon e Schuster

Quando lo stato del Texas ha condannato Gabriel Cadona e Rosalio "Bart" Reta—detti i Wolf Boys—all'ergastolo, i due sono stati etichettati come semplici serial killer, al pari di John Wane Gacy o Jeffrey Damher. Ed è vero che, insieme, hanno ucciso almeno cinquanta persone ancora prima di compiere la maggiore età. Ma, al contrario di Damher o Gacy, i due detenuti di Laredo, in Texas, erano stati assoldati dai Los Zetas, uno dei cartelli più violenti del Messico, da cui ricevevano soldi che spendevano in macchine e droga.

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Wolf Boys: Two American Teenagers and Mexico's Most Dangerous Drug Cartel è il nuovo libro del giornalista Dan Slater sulla cultura del cartello e la guerra alle droghe dalla prospettiva dei suoi membri più giovani. L'autore ha passato quattro anni a studiare il traffico di droga, durante i quali si è scambiato centinaia di lettere con Cadorna, che lo hanno portato a capire come due ragazzini americani siano finiti per affiliarsi alla criminalità organizzata oltre confine. Un racconto vivace e caotico che alterna la prospettiva dei giovani sicari a quella del detective che li ha catturati, una storia che spiega nel dettaglio come "in determinate condizioni, praticamente qualsiasi bambino può diventare in un killer."

Nel libro arriviamo a capire perché i cartelli reclutano i minorenni, americani o no, e come li addestrano a diventare sicari. Più conosciamo i Wolf Boys, meno appaiono come folli assassini, e più la loro situazione si fa complicata sul piano morale. Sono stati vittime di intimidazioni, del capitalismo, di città natali destituite, e questo giustifica il loro comportamento violento? E cosa può fare il governo americano—non solo per prevenire la recluta di bambini soldato, ma anche per aiutarli nella loro riabilitazione? Abbiamo parlato con Slater, il cui libro potrebbe presto diventare un film, dell'evoluzione dei Wolf Boys.

VICE: Molte storie sui cartelli di droga tendono a glamourizzare le persone che stanno ai vertici delle organizzazioni. Wolf Boys si concentra piuttosto sui soldati semplici, le persone che stanno al gradino più basso. Cosa ha ti interessava di questi ragazzini soldati?
Dan Staler: Sono stato in Messico e ho visitato il cimitero dello stato del Sinaloa, che è conosciuto come il "Cimitero del Cartello". Lungo il perimetro sono allineati i mausolei enormi e pacchiani costruiti delle famiglie di chi occupava i vertici dei cartelli. Ma, in mezzo, il cimitero è pieno di lapidi scarne, per persone morte giovanissime. Ho fatto una media dell'età su circa 30 tombe, ed era di 18 o 19 anni, anche se non era una rarità vedere lapidi per persone cmorte a 13 o 15 anni. È qualcosa che ti fa riflettere.

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Ho ripensato a Gabriel [Cardona] e Bart [Reta], di cui avevo letto sul New York Times qualche mese prima. Sono riuscito a inserire la loro vicenda in un contesto: erano le persone che combattevano questa guerra, le persone che morivano in quantità maggiore. È lì che ho deciso di raccontare la loro storia e vedere cosa c'era dietro i titoli dei giornali. Da dove venivano, come era il loro quartiere, come vivevano le loro famiglie, che modelli maschili avevano, se li avevano. Il desiderio di umanizzarli derivava da questo. Credo che sia importante dare un volto umano a questi ragazzi perché costituiscono una parte enorme della guerra alla droga.

Come è stato andare a trovare Cardona e Reta in galera, e di cosa avete parlato nelle centinaia di lettere che vi siete scambiati?
Con Renta abbiamo parlato per otto ore. Mi è sembrato lucido e manipolatore. Ci siamo scritti per tre mesi. Con Gabriel è stato diverso. Dopo essere andato a trovarlo in carcere mi ha detto che era disposto a raccontarmi la sua storia, e che si era sentito ingannato da alcuni giornalisti con cui aveva parlato prima di me. Nel corso di due anni e mezzo gli ho scritto e abbiamo parlato di tutte le fasi della sua vita, dall'infanzia a l'incarcerazione. Abbiamo superato incomprensioni, diverbi, riconciliazioni. Le lettere sono diventate la base del libro. L'ultimo capitolo, il 33, descrive il modo in cui ho coperto la storia, incluso il mio rapporto con i ragazzi e come si è sviluppato col tempo.

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Quali sono le circostanze che hanno portato questi giovani alla vita criminale dei cartelli?
Laredo è una città molto povera, e il quartiere nel quale sono cresciuti i Wolf Boys lo è particolarmente, quindi l'aspetto economico è stato determinante. Spesso, [i ragazzini del posto] vengono cresciuti da madri single, o sono circondati da figure maschili poco esemplari. Alla fine è un fattore di mancanza di punti di riferimento, genitori assenti, assenza di disciplina e una cultura immersa nel traffico di droga. Non è raro che ci siano membri della famiglia coinvolti in vari aspetti dello spaccio; di conseguenza i figli ci entrano in contatto quando sono ancora piccoli.

Non tutti gli abitanti del quartieri diventano affiliati del cartello. Ci sono un sacco di ragazzi che vanno all'università. Ma è molto difficile uscire da quel posto. Durante il mio lavoro sui Wolf Boys, ho visto famiglie trovarsi ad affrontare la morte di un figlio, o il fatto che questo fosse condannato all'ergastolo, e lì è non è così strano.

Una foto del

detective Robert Garcia (a sinistra)

La storia si snoda tra i sicari e Robert Garcia, il poliziotto che segue il loro caso. Prima di iniziare a lavorare al libro eri già interessato alla figura di Garcia?
Non avrei scritto di Robert Garcia se non ci fossero stati i Wolf Boys. Sono stati loro ad avvicinarmi alla storia, erano le loro vite a interessarmi. Mi sono imbattuto in Garcia un po' dopo. Sapevo che rappresentava una parte fondamentale nell'indagine sui ragazzi, ma solo più avanti nel progetto ho capito che il libro poteva avere la struttura di un thriller, che alternava il bene al male. Quella sensazione di "Oddio, cosa succedequando si incontrano?" poteva creare suspense.

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Credi che il NAFTA e la guerra alle droghe abbiano effettivamente aiutato i cartelli a diventare organizzazioni così potenti ed estese?
Le forze di polizia americane hanno un lavoro grazie a questa guerra, ma una delle principali ragioni per cui evito di associare le origini del traffico di droga e la guerra alla droga a una sola causa è che ho un'altra visione del mondo. Non credo che possiamo dire che è nato tutto da una cosa, o da una scelta politica. Certamente ci sono state molte mosse politiche che hanno esacerbato le conseguenze negative della guerra alla droga. Il NAFTA ne rappresenta una versione a suo modo interessante perché si trattava di una mossa economica che si prefiggeva di arricchire un sacco di persone, e lo ha fatto a spese di altre—e questo era prevedibile. Ciò che non era prevedibile del NAFTA sono gli effetti sul traffico della droga: è diventato meno complicato. In questo senso, il NAFTA ha ingrandito il mercato e probabilmente vi ha attratto più persone.

I media hanno etichettato questi giovani sicari come dei mostri. Sì, hanno fatto cose terribili, ma credi che meritino quest'etichetta?
Se meritano questa etichetta? Be', hanno fatto quello che hanno fatto. Il sistema dello stato del Texas, di fatto, non li vede come sicari del cartello o membri dei Los Zetas. Per lo stato del Texas sono dei serial killer. Credo che un sacco di americani sarebbero sorpresi a considerali sotto quest'etichetta perché quando parliamo di serial killer pensiamo a persone come Jeffrey Dahmer, ma questi ragazzini hanno, negli intenti e negli obiettivi, fatto la stessa cosa. Hanno ucciso un sacco di persone.

Credo che se la si mette così, si meritano qualsiasi etichetta la gente voglia affibbiare loro. Credo che rientri nella natura delle persone andare con la mente in posti molto scuri, quando non riescono a vedere il quadro completo. Io l'ho fatto. Quando ne ho sentito parlare per la prima volta, avevo pochissime informazioni su di loro e conoscevo solo gli aspetti più brutali del mondo da cui venivano. Ma più ti avvicini alle cose, più assumono sembianze umane. Credo che cambiare prospettiva aiuti, ma, ovviamente, conoscerli meglio non cambia quello che hanno fatto. Spero e penso che ogni lettore di Wolf Boys li guarderà da una prospettiva leggermente diversa e avrà un'idea leggermente diversa sull'etichetta che si meritano. Credo che alcune persone proveranno empatia nei loro confronti, altre no. Sarà interessante vedere cosa succederà.

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