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Tecnologia

Come la statistica mi ha liberato da Facebook

Uno studio pubblicato sul Technology Review del MIT spiega l'impatto dei social network sul benessere degli italiani.
Immagine: Dreamstime

Sappiamo tutti che genere di discarica emotiva è diventato Facebook. Sappiamo che è utile, che è dannoso, che si serve di noi oltre a servirci e che l'algoritmo per personalizzare le pubblicità è totalmente sballato. Sappiamo molte più cose di Facebook che delle persone che dentro a Facebook vediamo, spiamo o critichiamo. Ne sappiamo talmente tanto che pensiamo di saperla lunga. Ma se fosse vero, semplicemente non staremmo su Facebook.

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Potremmo dire che Facebook è un buon amico? No, è una dipendenza. C'è chi passa alle sigarette elettroniche e c'è chi passa a Twitter. Al netto delle dinamiche, resta la coazione a ripetere. Gli studi sul tema abbondano, si ripetono, annoiano. Qualche volta, però, sorprendono a tal punto da venire pubblicati sul Technology Review del MIT, nel qual caso vale la pena leggerli. La meraviglia raddoppia quando si scopre che al centro della ricerca è l'Italia. Il panorama, anticipo, è dei peggiori.

Francesco Sarracino e Fabio Sabatini hanno raccolto e analizzato i dati di 24.000 famiglie italiane (circa 50.000 persone), per misurare il benessere soggettivo e alcune caratteristiche sull'uso di internet. Grazie alla macchina inesorabile della statistica sono arrivati a una conclusione tanto imbarazzante quanto scientifica: anziché favorire la comunicazione, i social network diminuiscono la fiducia nel prossimo.

Molti diranno che era scontato. È bene però ricordare che un discorso matematico è l'opposto di un discorso qualunquista, anche quando sembra dargli ragione. Come spiegano Sarracino e Sabatini, insultare non serve, anzi è peggio. Quello che delinea lo studio è infatti un atteggiamento masochistico, non solo negativo ma perverso. La prova? Sappiamo che è così ma, per dirla con i mistici arabi, la nostra anima si estingue sui social come la falena ama distruggersi nella fiamma. Consapevoli o meno, godiamo nel farci del male.

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Componi la tua molecola.

Abbastanza convinto che la mia anima non sia eterna, ho chiamato Francesco Sarracino nella speranza di salvare almeno queste spoglie mortali. Subito dopo l'ho cercato su Facebook.

Motherboard: Ciao Francesco, spiegami di cosa vi occupate.
Francesco Sarracino: Sia io che Fabio ci occupiamo di economia applicata, ovvero testiamo teorie economiche a partire da set di dati. Fabio è ricercatore alla Sapienza di Roma e ha curato il Social Capital Gateway, una delle fonti più ricche d'informazioni e studi sul capitale sociale disponibili sul web. Io lavoro allo STATEC di Lussemburgo, equivalente dell'ISTAT, e insegno Economia del Benessere alla Higher School of Economics di San Pietroburgo.

Che cos'è l'economia del benessere?
Ci sono alcune inchieste, come quella multiscopo usata da noi, in cui si chiede a un campione molto grande della popolazione una serie di informazioni, tra cui "Quanto sei soddisfatto della tua vita?" Questa domanda sembra banale, ma in realtà è molto utilizzata, sia dagli psicologi che dai sociologi. La sua affidabilità è stata testata in numerosi studi, non solo a livello teorico ma anche in campi più pratici come la medicina.

Come fai a essere sicuro che le persone non mentano sul proprio benessere?C'è sempre chi mente. Ma nei grandi numeri chi mente va in pari con chi esagera, quindi i dati si annullano a vicenda.

Parlami della vostra ricerca.
Le ricerche di questo tipo, che raccolgono informazioni sul benessere, sulle relazioni con gli altri, sull'uso di internet, sono uno strumento molto recente e quindi in continua evoluzione. Ogni anno abbiamo dati migliori, più raffinati e più ricchi, che ci permettono di andare sempre più in profondità. La nostra ricerca, come puoi immaginare, si è basata sulla letteratura precedente. Ma il nostro test di causalità è unico. Ha inoltre due vantaggi rispetto ai precedenti: un campione molto ampio, che attraversa i vari strati sociali, e informazioni molto precise sui social network, anziché su internet in generale.

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Cosa avete scoperto?
Ci aspettavamo di trovare una relazione positiva tra l'uso dei social network e i legami di amicizia, ma è emerso qualcosa di nuovo. Effettivamente i social network facilitano le relazioni con gli altri finché si tratta di persone che frequentiamo nel mondo reale. Quando però ci mettono in contatto con persone che non conosciamo, in contesti non protetti, questo ha effetti deleteri sulla fiducia.

Non ve lo aspettavate?
No, è un effetto schizofrenico, ci ha sorpreso. Da un lato rafforza i legami già esistenti, dall'altro indebolisce i rapporti casuali. Rafforza i legami forti, ma indebolisce quelli deboli, cioè i rapporti con le persone che non conosciamo o che vediamo di rado, ad esempio una persona incontrata una volta e mai più. Questi legami deboli però sono molto importanti, costituiscono le relazioni che ci mettono in connessione con gli altri, si basano sulla fiducia e conducono all'arricchimento sociale.

Insomma i social network rinforzano i gruppi chiusi ma diminuiscono la fiducia nel prossimo.
Esatto.

Non è in contraddizione totale con l'idea comunitaria promossa dai social network?
È anche più perverso di così. Più si interagisce, più ci si fa del male. Da un lato i social network ci esortano a creare nuovi contatti, dall'altro, in modo meno controllabile, erodono la fiducia in quelle stesse persone.

Una specie di masochismo.
Sì. Ma inconsapevole.

Quali social network avete studiato?
La domanda era "Qual è la frequenza con cui utilizzi i social network, ad esempio Facebook, Twitter, Myspace, ecc."

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Non avete fatto distinzioni?
No, almeno per il momento. Ma sarà possibile con maggiori dati. Vogliamo realizzare un test di laboratorio in cui verificare i vari tipi di interazioni. Se l'utilizzo dei social network erode il benessere diminuendo la fiducia nel prossimo, il problema è capire quali sono i meccanismi che inducono l'erosione.

Uno di questi, se non ho capito male, è il trolling.
Per esempio, o l'hate speech. Il tono delle persone online è molto meno ponderato che in un faccia a faccia. Ma questo atteggiamento sadico si ritorce contro chi lo usa. Vogliamo raccogliere in una stessa stanza qualche centinaio di persone, scelte a caso, per sottoporle a un questionario e nello stesso tempo esporli a certi trattamenti.

Trattamenti tipo torture?
Quasi [ride]. Gli facciamo leggere un pezzo di hate speech e misuriamo la fiducia nel prossimo prima e dopo.

Questo mi ricorda il recente esperimento di Facebook.
Non conosco i dettagli scientifici ma l'idea è la stessa, applicata ai diversi social. Sono d'accordo che i social network facciano da filtro, ovviamente in un modo più sano.

Ma questo non andrebbe a ledere la libertà di espressione?
Finché il meccanismo dipende dai finanziamenti e quindi dalla pubblicità e quindi dal numero di click e quindi dalle affermazioni scandalistiche e quindi dai commenti infuocati… La dipendenza dalla pubblicità ha effetti deleteri sul benessere. Un filtro in questo senso è necessario, bisognerebbe sganciare il successo di un sito dal numero di click. Minore libertà di espressione? Scegliamo qual è il male minore.

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Facebook permette di riportare gli abusi. Potrebbe essere una soluzione?
Come ogni strumento, anche quello di riportare abusi va usato con criterio. Potrebbe succedere che un uso massiccio di abuse report non aiuti più a distinguere i materiali offensivi da quelli che non lo sono. Se gli utenti non hanno remore a usare hate speech o adottare comportamenti vessatori, non si faranno nemmeno scrupoli ad abusare di strumenti come l'abuse report. Un altro problema è l'efficacia di un tale strumento: cosa succede a chi riceve una denuncia di abuso? E se la riceve ingiustamente?

Quindi come si fa?
Occorre una campagna di sensibilizzazione. Se i social network fanno ormai parte integrante della realtà, dovremmo cominciare a comportarci come ci si comporta nella realtà. È una questione di rispetto.

La ricerca dice qualcosa anche riguardo alla privacy?
Ci piacerebbe, ma non siamo in grado di isolare le preferenze delle persone per la privacy e quindi non sappiamo correlarla col benessere. Direi qualcosa di non scientifico.

Non è possibile che sia vero il contrario, cioè che il benessere influenzi l'uso dei social network?
Esistono tecniche statistiche che ci permettono di isolare questa relazione inversa.

È stato fatto un paragone con altri media, per esempio con la TV?
Stiamo lavorando esattamente a questo tipo di domanda, ma non abbiamo ancora trovato studi che evidenzino la relazione tra TV, benessere e fiducia. Ci sono studi secondo cui la TV riduce il benessere, ma non trovano nessi di causalità. Pubblicheremo uno studio su questo argomento nel 2015.

A cos'altro state lavorando?
Alla relazione tra l'uso dei social network e gli effetti sulla salute.

Mi permetto di segnalarti un bellissimo progetto—tra arte, coding e medicinaal riguardo: "La Cura" di Salvatore Iaconesi.

Io invece ti consiglio, per approfondire, "Manifesto per la felicità" di Stefano Bartolini.

Domanda necessaria: "Qual è la frequenza con cui utilizzi i social network, ad esempio Facebook, Twitter, Myspace, ecc.?"
Ho solo Facebook. Lo uso pochissimo, e con poche persone selezionate. E quando sento odore di polemica mi tengo lontano.