“Nel 2018 siamo stati schiavi del telefono, schiavi del gossip dietro il rap italiano”, comincia a dire Junior Cally in un video postato oggi su Instagram. “Ma né io né Mike e né Andry siamo persone di questo tipo. Noi facciamo la musica. E se abbiamo deciso di fare questa cosa è stato solamente per fare riflettere”.
Negli ultimi giorni Junior Cally, Mike Highsnob e Andry The Hitmaker hanno postato diverse storie su Instagram in cui si attaccavano reciprocamente. Cally e Highsnob sono collaboratori di vecchia data ma il loro rapporto, come ha sottolineato Cally nella sua intervista a Esse Magazine, sembrava essersi raffreddato negli ultimi tempi.
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All’uscita dell’intervista, Highsnob ha fatto delle storie dirette a Cally in cui è finito coinvolto anche Andry The Hitmaker. Si è parlato di follow e unfollow, di taggare o meno i colleghi rapper nelle storie per dargli visibilità. Sono volati insulti a caso: “pezzo di merda”, “coglione”, “stronzate” e così via.
Oggi Cally ha poi postato il video che potete guardare qua sotto, in cui spiega che era tutto finto: i tre hanno registrato un nuovo pezzo insieme, “Wannabe Pt. 2”, in uscita venerdì prossimo. Le loro storie volevano essere solo un commento sugli odi intestini alla scena rap italiana: “L’odio genera solamente altro odio”, ha detto Cally. “La musica deve unire, deve far divertire. Ringrazio la maggior parte di voi per i messaggi che ho ricevuto, ma ovviamente ringrazio anche quella piccola fetta di persone che non hanno perso l’occasione di tuffarsi in una guerra senza essere fan di nessuno, ma solo fan dell’odio. È questo che deve fare riflettere”. Riflettiamoci, allora.
Cally ha quasi ragione quando dice che nell’anno passato “siamo stati schiavi del telefono”: la verità è che lo siamo da molto più tempo. I dissing via Instagram sono solo una trasposizione degli scontri tra commentatori su Facebook, lunghe e accese diatribe il cui obiettivo non è la mediazione ma la prevaricazione. Nella maggioranza dei casi sui social media non ci si confronta, ci si blasta cercando di affermare con violenza la propria idea. Questa logica comunicativa ha avuto effetti concreti sul mondo in cui viviamo e ha reso più semplice e accattivante la diffusione di idee controverse, teorie del complotto ed estremismi vari.
Lo scontro, come ha fatto notare Antonio Dikele Distefano su Esse Magazine, è una componente che ha sempre fatto parte della cultura hip-hop. Ma Distefano distingue, correttamente, tra “gossip” e “competizione”: “Non ci piaceva l’idea che due artisti si odiassero […] Ci elettrizzavamo perché eravamo consapevoli che la competizione inevitabilmente costringeva ad impegnarsi di più”. L’operazione di Cally, Highsnob ed Andry va in questa direzione: i tre hanno voluto sottolineare quanto in molti casi la musica sia diventata secondaria rispetto alla narrazione che si costruisce attorno ai musicisti.
Avevo trattato questi temi in un mio articolo pubblicato a ottobre 2016 intitolato “I dissing contro la nuova ondata di rap italiano sono inutili”: “Voglio vedere un hip-hop italiano unito, da Torino a Genova, da Milano a Bologna, da Roma a Napoli. Non mi piace vedere eterne conversazioni su Facebook di gente che si insulta senza parlare in realtà di nulla. Voglio vivere questa bellissima cosa che è il rap italiano in questo momento ed essere felice della musica del mio paese”, avevo scritto.
In quel frangente cercavo di proporre una “traduzione” in italiano dell’ondata di positività che aveva attraversato la scena americana grazie a figure come D.R.A.M., Chance The Rapper e Lil Yachty. Da allora sono passati poco più di due anni: quella che era “la nuova ondata” è ora la scena e fortunatamente artisti come Guè Pequeno, Noyz Narcos, Luche e Fabri Fibra si sono dimostrati abbastanza lungimiranti e mentalmente aperti da abbracciare l’opera dei loro nuovi colleghi invece di porsi come loro antagonisti.
Nonostante questo lo scontro via Instagram Stories è effettivamente diventato una pratica piuttosto comune all’interno della comunità hip-hop. Ma se è così è in buona parte colpa nostra, e per “nostra” intendo sia del pubblico che dei media. Il caso di 6ix9ine è emblematico in tal senso: il rapper di Harlem è diventato enorme in buona parte grazie alle controversie che ha creato, sia a partire dalla sua condotta personale che dalle frecciatine a colleghi come Trippie Redd, Chief Keef ed Eminem.
Il pubblico si è appassionato al suo stile comunicativo becero e aggressivo, ben riflesso nel suo rap gridato da due soldi, aumentando esponenzialmente il suo seguito su Instagram, i like alle sue foto e le views ai suoi video. I media, che ormai dipendono in buona parte dai risultati, hanno cavalcato l’onda che si era sollevata in cerca della stessa valuta: seguito, like e views. E questo vale sia per media fai-da-te come i canali YouTube che ricaricano le stories dei rapper che per media istituzionali come noi, tutto tranne che immuni alle logiche che hanno intaccato la qualità e l’indipendenza del giornalismo.
Non so se “Wannabe Pt. 2” farà aprire gli occhi alla scena hip-hop italiana o se resterà solo un tentativo di marketing virale mischiato con la veicolazione di un messaggio positivo. A Cally, Highsnob ed Andry va comunque il merito di aver preso posizione contro qualsiasi forma di odio gratuito e di aver creato una discussione sul tema: sarebbe bello che questa restasse, almeno per una volta, un confronto e non uno scontro.
Elia è su Instagram: @lvslei.
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