E.T. e Atari: il mito dei videogiochi sotterrati arriva a Roma
Immagine: VIGAMUS

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E.T. e Atari: il mito dei videogiochi sotterrati arriva a Roma

Era il 1982 quando Steven Spielberg chiese ad Atari di sviluppare un videogioco su E.T. ma il flop fu talmente clamoroso che un anno dopo tutte le cartucce furono sotterrate.

I videogiochi brutti ci sono sempre stati: ci sono quelli che proprio non ti possono piacere oppure quelli brutti per davvero. L'industria dell'intrattenimento ha visto centinaia di migliaia di flop nel corso degli anni, ma non credo che nessun fallimento sia mai stato così terribile da costringere l'azienda produttrice a prendere tutte le cartucce del suo gioco e a sotterrarle vicino a una città nel Nuovo Messico.

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Questa sensazione Atari la conosce bene. Siamo nel 1982 quando Howard Scott Warshaw riceve una chiamata dal suo capo Ray Kassar, CEO di Atari: "Steven Spielberg vuole un gioco per E.T. e vuole che sia tu a farlo." Perché no? Un paio di milioni per la licenza, qualche mese di sviluppo e Warshaw fa felice il signor Spielberg; la versione finale del gioco è inviata ai distributori l'1 Settembre 1982. Un anno dopo, nel 1983, E.T. va così male che Atari è costretta a liberare i suoi magazzini sotterrando, apparentemente, più di 700.000 cartucce di giochi diversi, gran parte delle quali conteneva proprio E.T.

Il collasso finanziario di Atari del 1983 è ricordato come uno dei più grandi disastri dell'industria dell'intrattenimento videoludico: dovuto a previsioni troppo ottimistiche da parte della casa dell'VCS 2600 e da una generale saturazione del mercato delle console, ha letteralmente fatto colare a picco un mercato che fino a poco prima era in forma smagliante. Se nel 1983, infatti, la video game industry fruttava nel mondo la bellezza di 3,2 miliardi di dollari, due anni dopo, nel 1985, i guadagni sono sprofondati ad appena 100 milioni di dollari, decretando così uno dei periodi più bui nella storia dei videogiochi.

Introdurrei quindi una faccenda interessante se vi dicessi che alcune di quelle cartucce sotterrate da Atari, più di 30 anni dopo, sono finite al Museo del Videogioco di Roma, il VIGAMUS? Per capire come sia successo dobbiamo fare un bel po' di passi indietro: settembre 1983: i quotidiani di Alamogordo, in Nuovo Messico, raccontano di dozzine di semi-articolati appostati nei pressi della città intenti a scaricare cumuli di scatole marchiate Atari. La natura dell'evento viene suggerita il 27 Settembre da delle dichiarazioni di alcuni spettatori dello scarico che confermano che quelle scatole erano piene di console, cartucce e gadget Atari.

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Una foto scattata il giorno degli scavi ad Alamogordo. Immagine: VIGAMUS

Il 28 Settembre la storia finisce sul The New York Times un rappresentante Atari dichiara ufficialmente che l'evento è avvenuto, era necessaria infatti la riconversione di un loro magazzino a El Paso, che andava quindi svuotato. La natura degli oggetti sotterrati rimane però ancora ignota. Dal 29 Settembre in poi la questione viene forzatamente e letteralmente insabbiata, visto che i cumuli scaricati vengono ricoperti da uno strato di cemento ufficialmente necessario a evitare che la fossa diventi un cimitero per animali e per persone curiose di scoprire il contenuto delle scatole.

Gli anni passano e quello di E.T. rimane un mistero che si tramuta lentamente in una leggenda metropolitana, vista la quantità di dubbi che avvolge la vicenda. Dobbiamo aspettare il 2004 perché qualcosa si muova: il padre del gioco, Scott Warshaw, dichiara di essere piuttosto scettico per ciò che riguarda la leggenda. È però il 2013 l'anno che segna una svolta: il 28 Maggio l'Alamogordo City Commission fornisce a Fuel Industries l'accesso per sei mesi all'area per effettuare degli scavi e girare un documentario sulla vicenda.

Il 26 Aprile gli scavi cominciano e sono completamente aperti al pubblico, tanto per sottolineare quanto folcloristica fosse quella leggenda; è inoltre presente anche James Heller, il figuro che nel 1983 aveva ordinato e organizzato i primi scavi, che in quella sede ridimensiona i milioni e milioni di cartucce declamate dalla leggenda e dichiara che, secondo i dati Atari, erano "solo" 728,000 le cartucce sotterrate. A scavi conclusi, però, le cartucce ritrovate sono solo 1300.

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Motherboard: La domanda più immediata è sicuramente: come avete fatto a procurarvi le cartucce?
Marco Accordi Rickards: Abbiamo contattato i responsabili di Alamogordo fornendo loro le credenziali del Museo e raccontando la nostra idea della mostra. Si sono rivelati subito molto entusiasti e in grande sintonia con noi.

Come si svolge la mostra e qual è l'intento che c'è dietro?
E.T. The Fall: I tesori sepolti di Atari è una mostra completa e interattiva. I visitatori possono leggere la storia della grande crisi e dell'episodio relativo ai pezzi sepolti, ammirare le immagini, guardare i reperti in anteprima mondiale e, infine, provare con mano alcuni tra i titoli più rappresentativi del periodo nero che precedette il crollo, tra cui il famigerato E.T. e la pessima conversione per VCS di Pac-Man.Vogliamo raccontare una delle pagine più curiose della storia del Videogioco, che è stata una leggenda metropolitana per oltre 30 anni. Con questa mostra si apre anche un percorso di studio e approfondimento sui fatti in questione, grazie al dialogo intrapreso da noi del VIGAMUS con alcuni dei protagonisti degli scavi e delle ricerche in USA.
Abbiamo bene in mente come ci approcceremo alla vicenda: il VIGAMUS racconta la storia del Videogioco e della game industry con attenzione ma senza mai rinunciare a una forte vocazione divulgativa. La nuova mostra permanente non fa eccezione.

Quello di ET è uno dei più grandi miti folcloristici del mondo dei videogiochi, intendete affrontarne altri con lo stesso modello di questa mostra?Ma certamente, perché no? In due anni il VIGAMUS si è profondamente rinnovato, proponendo una serie enorme di contenuti, anche interattivi, cercando costantemente di essere all'avanguardia e proporre ai visitatori contenuti interessanti ed esclusivi. Continueremo su questa strada con l'entusiasmo e la passione di sempre. Vogliamo puntare anche all'Italia se si presenteranno opportunità interessanti. L'Italia deve valorizzare il suo patrimonio culturale, anche sul terreno del Videogioco.

Il Vigamus ha alle spalle ormai più di un anno di attività; come sta andando?
Oltre due anni, in realtà, considerato il fatto che siamo nati il 20 ottobre 2012. Il VIGAMUS sta andando molto bene: il numero dei visitatori è in forte aumento, le relazioni internazionali si sono rafforzate e abbiamo incrementato i contenuti, interattivi e non, presenti all'interno della nostra struttura. Pur essendo soddisfatti, però, guardiamo sempre avanti verso le sfide del domani: vogliamo costantemente migliorare per offrire ai nostri visitatori un'esperienza sempre più coinvolgente e soddisfacente.

Secondo te come si sta comportando il videogioco in Italia? È ancora un medium di comunicazione fortemente orientato al consumatore e visto come prodotto di intrattenimento oppure sta acquisendo consapevolezza delle proprie possibilità?
Nonostante il cammino da percorrere sia ancora lungo e difficile, il Videogioco è molto cresciuto, qui in Italia, grazie agli sforzi lodevoli di tantissime realtà diverse ma tutte importanti: i tanti sviluppatori vecchi e nuovi (da Milestone, SpinVector e Raylight fino ad arrivare a Ovosonico, Studio Evil, Forge Reply, Kunos e Storm in a Teacup, tanto per citarne solo alcuni), AESVI e il suo fondamentale lavoro anche sullo sviluppo, l'Archivio Videoludico di Bologna, i tanti ottimi corsi di formazione in materia (dalla Statale di Milano ad AIV, da IUDAV alla nostra VIGAMUS Academy, da DB Game Academy alle tante altre scuole, piccole e grandi), le realtà editoriali, le associazioni, le fiere e gli eventi… insomma, ogni iniziativa seria che riguardi il Videogioco è a nostro parere un passo utile nella direzione giusta, e noi crediamo che si debba lavorare con convinzione a un'opera di networking e di unione degli sforzi. Ecco perché il VIGAMUS sarà sempre aperto alla collaborazione con qualsiasi realtà italiana che bussi alle nostre porte, grande o piccola che sia. Uniti si vince. Sempre.