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Come sopravvivi a un tentato suicidio

Abbiamo intervistato alcuni ragazzi che hanno tentato il suicidio e sono sopravvissuti, per capire i motivi che li hanno spinti a farlo e che cosa li tiene, oggi, legati alla vita.

Foto dell'utente Flickr

amiraelwakil

Solo negli Stati Uniti ogni anno 40.000 persone si suicidano. Il suicidio rimane la decima causa di morte in America, la terza tra i ragazzi d'età compresa tra i 15 e i 24 anni. Non c'è niente di affascinante nel suicidio, e nessuno sa veramente come vivono le persone che l'hanno tentato e sono sopravvissute.

VICE ha contattato alcuni ragazzi e ragazze che sono sopravvissuti. Melanie* è una studentessa 24enne di Buffalo che ha trovato il suo posto in una comunità di poliamoristi e lavorando per un numero verde per aspiranti suicidi. Shenika ha 26 anni e viene dalla Virginia, e ha cambiato completamente vita. Ho anche parlato con Sam, un 27enne della Virginia che deve la vita al suo cane e sogna di aprire un rifugio per animali. Terry, un 20enne che da piccolo è stato dato in affido, spera a sua volta di aiutare i bambini che ne hanno bisogno. E infine c'è Sara, 20 anni, che ha trovato nella danza la sua ragione di vita.

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* Alcuni nomi sono stati cambiati su richiesta degli intervistati

MELANIE, 24 ANNI

Foto per gentile concessione di Melanie

VICE: Parlami della tua depressione.
Melanie: Quando avevo all'incirca 10 anni, ricordo che mi sentivo come se fossi nata nel momento sbagliato, nel posto sbagliato, nella famiglia sbagliata, ma non sapevo come uscirne. Non ho mai pensato al suicidio fino a quando ho avuto all'incirca 12 anni e un mio amico l'ha tentato. Mi faceva sentire potente l'idea che potevo togliermi la vita. La cosa "peggiore" che mi era successa fino a quel momento è stata di uscire con un ragazzo che abusava di me al liceo—poi ho cominciato a perdere i miei punti di riferimento. Ho cambiato varie scuole, ho cambiato casa. Sono passata da un team di nuoto amatoriale a uno professionale, e l'ansia era terribile. Avevo 15 anni.

Raccontami di quando hai tentato il suicidio.
Era una domenica sera e volevo abbandonare da scuola. Ne ho parlato con mia mamma e lei ha detto "No," e quindi io mi sono detta "Bene, vaffanculo." Ho preso un sacco di pillole dall'armadietto dei medicinali di mio padre. Ho mandato giù 40 antidolorifici e 20 miorilassanti. Un'ora dopo ho perso conoscenza. I miei genitori sono venuti a chiedermi se volessi la cena, e io ho risposto, "No ho preso una sacco di pillole." Se non l'avessi detto, non penso avrebbero mai capito che c'era qualcosa che non andava. Avevo lasciato un messaggio sepolto da qualche parte nel computer. L'avevo scritto perché pensavo che si fa così quando ci si uccide, ma non avevo niente da dire.

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E dopo che è successo?
Mi hanno ricoverato per una settimana e mezzo. Sono rimasta in stato di incoscienza per tre giorni. Ti facevano una valutazione psichiatrica e poi dovevi rimane in ospedale per 72 ore. Poi c'era una settimana di terapia. Anche se non volevo più stare… al gioco della vita, ricordo che non andavo nemmeno d'accordo con gli altri ragazzi che erano con me nel reparto di psichiatria. Ricordo che pensavo, "Ho il cervello sicuramente più a posto di questi. Devo andarmene da qui."

Dopo tutto questo, com'è andata?
Ho vissuto nella negazione. È stato così finché non sono andata al college, e allora ho cercato di ritirare fuori la mia depressione per crogiolarmici. Poi però ho realizzato che la stavo utilizzando come strumento per non affrontare la mia vita da adulta. Mi stavo impedendo di andare avanti e ottenere le cose che volevo veramente. È stato allora che ho fatto uno sforzo cosciente per diventare una persona completa.

Pare che ora tu ti senta bene. Qual è la tua parte preferita di essere ancora viva?
Entrare in questa comunità di poliamoristi e lavorare per la linea di ascolto per chi vuole commettere il suicidio sono entrambe decisioni che ho maturato in terapia. Quanto al poliamore, pensavo, Come posso descrivere le cose che sento? Ci sono altre persone che provano quello che provo io? Credo che trovare persone simili a me sia stata la cosa più emozionante. Mentre lavorare al centralino significa parlare con ragazzi che ti mettono davanti alla loro intimità, abbassano la guardia. È un legame che non ho mai sperimentato con nessun altro.

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Cosa stai studiando?
Ora sono in lizza per un master in epidemiologia e biostatistica, per studiare l'epidemiologia psichiatrica e la sua relazione con la sessualità. Studio la distribuzione e i fattori determinanti dei disordini psichiatrici nelle differenti identità e generi sessuali.

SHENIKA, 26 ANNI

Foto per gentile concessione di Shenika

VICE: Quando hai cominciato a pensare al suicidio?
Shenika: La mia vita intera è stata piuttosto intensa, sono successe un sacco di cose… Probabilmente il 2013 è stato l'anno peggiore. Ho avuto problemi familiari, ho perso degli amici, ho scoperto che mia figlia doveva sottoporsi a un intervento chirurgico e ho scoperto che quello per cui ho lavorato una vita intera non era quello che volevo fare. Il vero punto di rottura però è stato l'anno scorso: a sei mesi dalla fine di una relazione, non avevo più energie. Non volevo più vivere; qualsiasi cosa era meglio che stare al mondo per me.

Hai tentato il suicidio?
Un giorno [il mio fidanzato] se ne è andato con la donna per cui mi ha lasciata. Io salgo in macchina e non avevo idea di cosa fare. La mia bambina era a casa dei nonni in quel periodo—ero veramente a pezzi e non volevo che mi vedesse in quelle condizioni. Così ho guidato. Ho pensato che se avessi avuto un incidente sarebbe tutto finito. Così il 6 marzo del 2014 ho guidato a 140 km/h in una zona dove il limite è di 50 km/h, una strada piena di buche. Per miracolo, non mi sono schiantata.

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Come sei sopravvissuta?
Quando ho capito quello che avevo fatto e cosa sarebbe potuto succedere, ho guidato verso il pronto soccorso più vicino e gli ho detto che potevo farmi del male. Dopo ore di isteria e aver parlato con uno psichiatra, ho deciso di entrare in cura per cinque giorni, per un disturbo dell'umore. È stato in quel periodo che ho scoperto di essere depressa e mi è stato diagnosticato un disturbo bipolare.

Qual è stata la cosa più bella che ti è successa da allora?
Lasciare la scuola e dare una svolta alla mia carriera. La cosa più bella è fregarmene. Faccio una cosa che mi fa felice. La cosa più gratificante di aver iniziato la mia attività da tassista è quando salgo in macchina, alzo la musica con i finestrini giù e spavento la gente perché canto a squarciagola. Una volta, ho dato un passaggio a Weird Al tra le case popolari e la persona al volante della macchina a fianco mi guardava sconcertata mentre cantavo e mi atteggiavo. Ha scosso la testa ed è ripartita. È buffo come cose così banali possano farti felice.

SAM, 27 ANNI

Harris, il cane di Sam. Foto per gentile concessione di Sam

VICE: Da quanto tempo eri depresso?
Sam: Sono ancora depresso. È una lotta quotidiana. Certi giorni mi sveglio e il mio primo pensiero è quello di spararmi una pallottola in testa. Comunque non si tratta di una singola cosa. Se consideriamo tutti i motivi per cui sono stressato—la retta dell'università, le relazioni finite male etc—me la trascino dalle scuole medie.

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Quando hai tentato il suicidio?
Ero al liceo, all'ultimo, forse al penultimo anno ho tentato di impiccarmi all'armadietto.

Come sei sopravvissuto?
Ho usato la cintura per i pantaloni, che si è rotta. Ricordo che prima che si rompesse stavo cercando di liberarmi, poi sono svenuto. E la cintura si è rotta .

Quindi avevi deciso di non farlo?
Credo fosse più per il panico. Non avevo avuto pensieri consapevoli tipo, "Oh, non voglio più farlo." Probabilmente ho solo pensato, "Cazzo, sto morendo."

Ora che sono passati quasi dieci anni, cosa ti piace di più della vita?
Be', sono un nerd. Amo i videogiochi e i film. Sono la mia forma di evasione. Prima era la droga, ma ora non più. Gioco con il mio cane. Il mio cane è la mia vita; il mio cane Harris mi salva la vita tutti i giorni. Onestamente, negli ultimi quattro o cinque anni, da quando l'ho preso, quando pensavo di suicidarmi mi dicevo, "No, non posso fare questo a Harris."

Qual è il tuo sogno?
Possedere il mio rifugio per animali, cani soprattutto.

TERRY, 20 ANNI

VICE: Quando hai deciso di suicidarti?
Terry: La prima volta che ci ho pensato avevo 17 anni, e ho tentato il suicidio a 18, il 15 ottobre del 2013. Ho comprato tre pacchetti di tachipirina e li ho presi tutti insieme. Stavo lavorando e non riuscivo a smettere di vomitare, perciò mi hanno ricoverato in ospedale. Mi hanno dato degli emetici, e continuavo a vomitare—pensavo di sputar fuori lo stomaco. Ho passato la notte in ospedale.

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Cosa ti rende felice ora?
I miei amici, su cui so di poter fare affidamento quando mi sento giù di morale. Anche aver riallacciato i legami con mio padre e i miei fratellini mi sta aiutando. Non li avevo più visti da quando mi hanno dato in affido. Non li ho visti per nove anni. Il mio sogno è di adottare dei bambini un giorno, e di prendermi cura di bambini che si trovano nella stessa situazione in cui ero io, perché sappiano cosa vuol dire essere amati. Sfortunatamente, non ci sono molte persone che adottano i bambini; e molti lo fanno per soldi. Il mio sogno è anche quello di essere semplicemente felice e avere una famiglia che mi ami. Il ricordo più bello che ho è il Natale che ho festeggiato insieme alla mia ragazza e i suoi genitori nel 2013. È stato il mio primo vero Natale.

SARA, 20 ANNI

Sara

VICE: Raccontami della tua esperienza con il suicidio.
Sara: Ero al primo anno di liceo quando ho tentato di suicidarmi. Mio padre era un alcolizzato e un drogato che abusava di me mentalmente, emotivamente e fisicamente. Ho dovuto convivere con questa situazione fino ai 12 anni, quando mia madre ha chiesto il divorzio; ma il danno era fatto. Ho avuto anche un disturbo alimentare. In primo liceo pesavo 38 chili. Mi sentivo come se non avessi una cosa al mondo.

Quando hai tentato il suicidio?
Soffrivo di attacchi di panico durante i quali non riuscivo a respirare. Ricordo che stavo scrivendo nel mio diario ma non ricordo cosa, e ho deciso che non ce la facevo più. Mio fratello era a casa. Sono andata in bagno e ho iniziato a prendere ibuprofene. Penso di aver preso una sessantina di pasticche, sono andata in camera e ho iniziato ad aver sonno. Ma avevo anche sete perciò mi sono spostata in cucina, per prendere un bicchiere d'acqua. È l'ultima cosa che ricordo. Mi sono svegliata in ospedale e c'era mio fratello seduto accanto a me.

Per cosa vale la pena vivere secondo te?
Ero una ballerina, anche se non una ballerina professionista. Quando sono tornata alla scuola di danza, la mia insegnante mi ha visto giù e mi ha detto, "Credo che tu abbia bisogno di ballare più." Così ho iniziato a ballare ogni singolo giorno della mia vita. Mi ha salvato. Non riuscivo a esprimere le mie emozioni verbalmente ma riuscivo a farlo attraverso il corpo, quando ballavo. Ho iniziato a ballare e a insegnare. Principalmente danza moderna. La danza è tuttora parte della tua vita?
Sì, proprio in questo periodo mi hanno nominato prima ballerina nella compagnia della mia università. Ho appena finito il mio primo anno come insegnante in una scuola per bambini che non possono permettersi di pagare le lezioni. Insegniamo gratuitamente, o a prezzi bassissimi.