Confessioni di un friendzonato seriale

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Confessioni di un friendzonato seriale

La friendzone, più che un triste luogo dell'anima, è un fenomeno virale di internet in cui sfogare le proprie frustrazioni: a pensarci bene, però, il vero problema potrebbero non essere gli amici che non ci corrispondono, ma noi.
Mattia Costioli
Milan, IT

Illustrazioni di

Marta Baroni.

Non ho ricordi precisi a riguardo, ma immagino che fosse circa la terza media quando ho scoperto per la prima volta di essermi preso una cotta per una mia amica. A posteriori ricordo con grande piacere i racconti delle sue prime interazioni sessuali che mi investivano come un fiume in piena (sì, so cos'è un campo semantico e no, non lo scelgo mai casualmente) sotto forma di pagine e pagine di conversazioni su MSN, in una meravigliosa epoca in cui era socialmente accettabile l'espressione "ti amo di bene". In quello strano misto di voyeurismo non richiesto che mi ritrovavo a subire c'era nascosta da qualche parte l'idea che, qualche anno più tardi, avrebbe reso ricco qualche produttore e ammorbato MTV con un altro mezzo reality show.

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Ancora non potevo saperlo, perché non esisteva un nome per descrivere quel triste luogo dell'anima in cui sei bloccato in uno stato di attrazione per un amico che riversa su di te ogni tipo di legame affettivo tranne quello amoroso e sessuale, ma per la prima volta in vita mia mi trovavo nella friendzone.

Oggi quel luogo dell'anima è qualcosa di concreto e reale, dall'istante esatto in cui qualcuno si è ricordato dell'esistenza di quella parola, tutti abbiamo iniziato a usarla anche in Italiano e le è stato costruito intorno un mito alimentato dagli screenshot sulle pagine Facebook. Questa sorta di riconoscimento ha contribuito a rendere una cosa di per sé non particolarmente tragica (o comunque non così interessante) una situazione in cui nessuno che tenga al suo onore vorrebbe mai infilarsi. Un po' come se la società avesse deciso di punire un suo comportamento con una gogna fatta di contenuti multimediali.

Ma prima di internet, prima di BOOM. Friendzoned, prima di inSegreto e di tutti i meme, la friendzone era già un pezzo importante della nostra vita. Anzi, a pensarci un attimo, non c'è niente di più naturale che innamorarsi di una persona che ci è amica e venire per questo giustamente rifiutati: è una dinamica basilare e sacrosanta della società umana che ci permette di raggiungere quegli stagni di sofferenza perfetta in cui altrimenti, con le nostre sole forze, non saremmo mai in grado di immergerci.

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Mi ricordo quando io e Deborah (ho deciso di assegnarle questo nome fittizio sia per non rivivere il trauma, sia per superarlo più facilmente, nel caso capitasse) abbiamo iniziato a frequentarci. Erano anni spensierati in cui il mio portafoglio era pieno di soldi che non avevo guadagnato io e la mia unica preoccupazione era studiare quei quattro concetti base della matematica e imparare teorie scientifiche obsolete. Io e Deborah passavamo un sacco di tempo insieme ed ero arrivato al punto di conoscere la sua famiglia; stavo persino sul cazzo a suo fratello, metafora universale di una tensione sessuale palpabile. Credo che lei non abbia mai saputo del mio amore e se dovessi descrivere la nostra relazione attraverso una dinamica tra due personaggi di un telefilm sceglierei Gordo, l'amico ebreo e sfigato di Lizzie McGuire, e Lizzie McGuire, appunto. Non solo perché lei era bionda e io sfigato, ma perché a distanza di anni la forbice è persino peggiorata e, anche se riesco ad apprezzare molto l'ironia dell'attore che interpretava Gordo, sono sicuro che non aveva mai sognato di descrivere la sua vita da adulto come il vero Adam Lamberg baby star fallita. Che è esattamente la mia vita se togliamo la parte della baby star.

Nel corso degli anni io e Deborah ci siamo allontanati, eppure quella dinamica si è ripetuta in molte altre occasioni. Ogni volta è come entrare dal panettiere da cui compri il pane ogni giorno e chiedergli, con tutto il sangue freddo di cui disponi, il motivo per cui non ti ha ancora assunto come dipendente della panetteria. Lui proverà a spiegarti che in effetti non hai mai portato il tuo curriculum, né hai mai fatto cenno all'eventualità di voler lavorare come panettiere, ma tutto ciò che sentirai tu è "mi spiace, ti vedo solo come un amico." Ecco, la friendzone io me la immagino così, un posto in cui capiti perché c'è effettivamente qualcosa che attira la tua attenzione, ma verso cui non mostri mai abbastanza interesse; da un lato perché ti piace cullarti nell'idea che la realtà si sistemerà da sé, a tempo debito, e dall'altro perché avere degli amici è una cosa gradevole per gli esseri umani.

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Nonostante un paio di rapporti rovinati e la sensazione costante di qualunquismo sentimentale, non sono mai riuscito a vederci niente di male nell'accorgermi che la persona con cui già condivido cibo spazzatura, musica e il terrore per la settimana dopo la fine del mio prossimo contratto, o per il futuro in generale, poteva iniziare a piacermi anche da quel punto di vista. Anzi in qualche misura è la forma più pura di attrazione, che prescinde da tutti i costrutti che decidiamo di indossare quando ci presentano una persona in un locale o quando scegliamo in quale ordine disporre le nostre foto su Tinder. Credo sia qualcosa di fisiologico e non necessariamente distruttivo, se sei quel tipo di persona che non trae nessun beneficio personale dallo struggimento per amore.

Ultimamente ho scoperto di avere ormai un'età che mi permette di relazionarmi con altri esseri umani raziocinanti e mentalmente stabili, il che è un grosso vantaggio quando si decide di far capire a un'amica che "hey, da qualche mese mi masturbo pensandoti" (nota: questa è una frase inventata per semplificare il concetto che mai nessuno dovrebbe usare). Se andate su YouTube troverete un mucchio di tizi sulla trentina e sbarbati che, mentre cercano di posticipare la data di scadenza della professione di YouTuber, spiegano i "7 indizi per capire se sei nella friendzone" ora "Come uscire dalla friendzone" e altre amenità sul genere, come se questa situazione fosse una specie di gabbia da cui dover assolutamente evadere. La verità è che la soluzione migliore (benvenuti nel noiosissimo mondo degli adulti) è parlarne e spiegare come stanno le cose: anche se probabilmente non finirà bene potreste scoprire che la vostra attrazione era meno reale di quanto vi eravate convinti e nel giro di un paio di giorni potrete ricominciare a mandarvi GIF di gattini, video di incidenti in Russia o qualsiasi altra cosa usiate come collante per i vostri legami interpersonali. Sì, probabilmente si soffrirà, ma questo è positivo perché solo gli stupidi sono felici e questa condizione permetterà di diventare più attraenti agli occhi di altre persone—lo so che non funziona così, lasciatemi stare.

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Tra le esperienze più distruttive mi viene in mente quella volta che ho persino deciso di andarci in vacanza, con una mia amica. Io e Martha avremmo passato insieme dieci giorni che nella mia mente sarebbero stati, seppur deludenti da un punto di vista sentimentale, molto appaganti da quello sessuale. Nonostante delle premesse così chiare e disilluse, tutto quanto si è risolto con io, completamente fuori luogo, che le confesso di amarla dopo aver passato una settimana a vederla limonare con sconosciuti in vari locali e stati di alterazione alcolica, e lei che mi risponde "Grazie," continuando con freddezza a limonarsi sconosciuti davanti a me nei quattro giorni successivi. Credo che non ci sia nulla di peggio di un grazie: se iniziate ad essere ringraziati per i vostri sentimenti fareste bene a rammucchiarli in qualche angolino di cuore e dargli fuoco come fossero spazzatura.

Il problema non è la friendzone, il problema è la situazione mentale in cui sei costretto a ritrovarti quando ti infogni con un amico. Un mix di segreti (nel senso di sentimenti di cui un pochino ti vergogni) e l'eterno dramma della gratificazione personale che ci porta piacere a qualcun altro. Sì, piacere agli altri è bello e quindi, finché i vostri segnali non diventeranno insostenibili e/o insopportabili, potreste anche incappare in una meravigliosa situazione in cui gli occhi dei vostri sogni preferiscono lasciarvi lì a sciorinare tutte le qualità per cui li considerate i più belli dell'universo, senza che necessariamente questo implichi un qualche tipo di interesse. Potreste, come nel mio caso, essere semplicemente degli idioti che perdono la testa per chiunque presti loro un minimo di attenzione—ma non tutti i cuori sono puri come il mio, per cui se vi accorgete di essere diventati l'oggetto attraverso cui qualcun altro si gratifica quotidianamente, di nuovo l'unica soluzione è sempre quella di fare un mucchietto dei vostri sentimenti e bruciarli.

Certo, forse la sto facendo un pochino più tragica del previsto, ma avete mai provato a pensare che forse il problema non sono i sentimenti che proviamo per un amico, un'amica o qualcuno che ci ha scartato dalla rosa dei suoi possibili partner sessuali prima ancora che avessimo il tempo di farle capire quanto siamo unici e speciali, ma che invece il problema sia proprio la direzione dei nostri sentimenti? Che forse agonizzare per un altro essere umano è una sorta di zona sicura in cui siamo completamente a vostro agio? Oppure che semplicemente scegliamo le persone di cui innamorarci al contrario, che le troppe attenzioni ci rovinano il gusto di rimanerci male, di aspettare, di congetturare su quali saranno i nostri radiosi futuri e su quali altri possiamo immaginarci una volta che si saranno rivelati tutti irrealizzabili.

Forse il problema siamo noi e il modo arbitrario con cui decidiamo che tutto ciò che ci importerà per le prossime due settimane è fare in modo che quella persona a cui non abbiamo mai reso chiare le nostre intenzioni inizi a corrisponderci. L'importante, come tutte le cose in amore, è perdere con stile. Proprio come quando ho scelto di gettarmi nella terra di faccia, ubriaco, nel momento in cui la mia amica Jessicah mi ha detto che non le serviva più un passaggio per tornare a casa, perché dormiva da un suo amico.

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