Dialogo su Paul McCartney con uno dei massimi esperti in Italia

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Musica

Dialogo su Paul McCartney con uno dei massimi esperti in Italia

Dal pop più patinato al ritiro in campagna con le caprette, l'evoluzione di uno dei più grandi autori di canzoni viventi.

“Chiedi chi erano i Beatles” recitava un famoso successo degli Stadio, immaginando un futuro lontano in cui parlare dei Fab Four sarebbe stato qualcosa di vago, alla stregua di disquisire dei dinosauri. Oggi che siamo nel 2018, però, i giovani sanno perfettamente chi sono i quattro di Liverpool: non tanto per la musica magari, quanto per il fatto che i superstiti ancora continuano a stare sul pezzo e a fare notizia, non si arrendono a niente e a nessuno nonostante siano vicini agli ottant'anni. E infatti, se l’anno scorso c'è stato il ritorno di Ringo Starr col suo Give More Love, stavolta è il turno di Paul McCartney con un album nuovo di zecca, che già sta facendo parlare di sé. Perché Egypt Station, contro tutte le aspettative, sta mietendo un successo incredibile.

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Ho subito pensato fosse il caso di scrivere qualcosa su Paul. Ma ho pensato anche che sarebbe stato meglio farne un discorso più ampio, magari con un altro interlocutore, un vero esperto che avesse delle idee complementari se non antitetiche alle mie, impostando il tutto come un grande “dialogo sui massimi sistemi di McCartney”. E quindi, un ridente pomeriggio di settembre, mi sono recato a casa di Valerio Mattioli. Come saprete Valerio è un “pensatore de borgata”, un incrocio (come lui stesso si definisce) tra Toni Negri e Sbirulino. È editor per la rivista Not. Ha scritto Superonda: Storia segreta della musica italiana e ha collaborato con diverse riviste tra cui La Repubblica, Il Tascabile e VICE. Oltre a questo, è musicista (nei leggendari Heroin In Tahiti), ma soprattutto ama la cultura pop e ama scriverne.

Giocoforza, uno dei suoi idoli, per il quale nutre un culto quasi maniacale, è proprio Paul McCartney. Addirittura uno dei suoi antichi progetti musicali prendeva il nome da un pezzo stracult di Paul, “Temporary Secretary”. Mr. Mark and the Secretaries vedeva infatti Mattioli nei panni di un cantautore weird che si produceva in melodie malsane di stampo baronettiano, e rappresenta uno dei picchi della sua produzione.

Ad aprirmi l’uscio trovo lui, la sua compagna di sempre Bea e la figlia Matilde: un quadretto domestico che, come presto vedrete, contiene alcune analogie col suo eroe. I dischi di McCartney sono pronti accanto al giradischi, il caffè fumante è sul tavolo accompagnato da una birra artigianale. Siamo pronti per entrare nel magico mondo di Paul.

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Valerio Mattioli con la sua collezione di dischi del Macca. Foto dell'autore.

Noisey: Oggi è uscita la notizia che finalmente Paul, dopo trentasei anni, è tornato sulla vetta di Billboard con un nuovo album. Che ne pensi, da mccartneyano?
Valerio Mattioli: Non mi stupisce, perché negli ultimi anni Paul ha conosciuto un processo di rivalutazione critica generazionale. Il modo in cui viene visto Paul McCartney oggi è molto diverso da com'era visto anche solo 15 anni fa, insomma.

E com’è visto oggi?
Eh, per dirlo dovremmo effettivamente prima fare un paragone con come veniva visto prima, allungare un attimo la prospettiva storica. Innanzitutto Paul McCartney è sempre stato massacrato dalla critica, in tutta la sua carriera solista non ha mai ricevuto un vero consenso critico per i suoi dischi.

Neanche il primo?
No anzi, fu distrutto dalla critica. Ma è anche comprensibile, perché effettivamente va detto che ogni disco di Paul McCartney, anche i migliori, è comunque equamente diviso tra, boh, lampi di genio, melodie bellissime, cose bizzarre e… monnezza immonda. Cioè, effettivamente, quando vuole, McCartney è in grado di tirare fuori il peggio del pop più leccato, più enfatico, più smielato. Anche se, paradossalmente, riesce sempre a confezionarlo in una maniera tale da non essere quasi mai volgare. Ma, dal punto di vista della qualità, i suoi dischi sono effettivamente discontinui, per usare un eufemismo.

Qui stai facendo una divisione tra i Wings e Paul McCartney, giusto?
In realtà no. I Wings erano un gruppo finto, un gruppo fantoccio che per quasi dieci anni Paul ha usato per portare avanti la sua carriera solista. Quindi da una parte c’è comunque l’oggettiva discontinuità dei suoi album sia con la sigla Wings che senza, dall’altro la figura di Paul McCartney ha rappresentato per decenni, e ancora lo rappresenta, l’antitesi di quello che veniva considerato il vero ethos rock. In questo ricade il confronto con John Lennon. Lennon è sempre stato il preferito della critica perché incarnava quelli che erano gli aspetti più qualificanti della pseudo-mitologia rockista imperversante fino a praticamente l’altro ieri: l'artista maledetto, l’artista tormentato, l'artista impegnato che sfida l'establishment. Poi sticazzi se viveva al Dakota davanti al Central Park, Lennon era il Beatle serio.

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Che poi, di base, era una cazzata. Ha fatto più canzoni leggere lui.
Sì, ma il discorso è quello di percezione del personaggio. Quindi Lennon era serio, McCartney invece era quello delle canzoni d’amore, delle melodie smielate, quello che viveva in famiglia, che amava la vita di famiglia, che faceva i pezzi su Linda che cucinava i biscotti… Insomma, tutto il contrario di quello che doveva essere un vero rocker. Ha scritto "Helter Skelter", "Back in the USSR", i pezzi più duri dei Beatles, ma paradossalmente non è mai stato considerato rock.

Ha scritto anche “Oh Woman, Oh Why”, lato B di "Another Day", che viene considerata una delle sue performance vocali più toste.
Ma potremmo citare anche "Soily", "Give Ireland Back To The Irish". Ma la percezione è sempre stata quella di un uomo di famiglia. Ed è giusto, è vero! McCartney è sempre stato questo qua. È un personaggio malinconico, nostalgico. Qui subentrano anche vicende biografiche. L’altro parallelo interessante tra Lennon e McCartney è che entrambi hanno perso la madre molto giovani. Noi conosciamo l'importanza della madre morta nella mitologia lennoniana: rappresenta questa figura tormentata, verso cui Lennon si protende poeticamente, a cui si rivolge per scandagliare il suo io più profondo e scoprire l’universo femminile e, attraverso questo, la sua vicenda di individuo abbandonato. In McCartney è invece famoso l’aneddoto che quando gli arrivò la notizia che la madre era morta lui, che mi pare avesse 15 anni, rispose: “E adesso come faremo senza i suoi soldi?”.

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Una risposta molto rock!
Ma no, anzi, questo viene letto come un ulteriore segno della povertà anche morale e spirituale di questo Paul, che anche più avanti nella vita si sarebbe interessato solo a fare soldi, a fare la bella vita, a fare musica di merda pur di arrivare primo in classifica.

Ci furono anche le critiche feroci di quando, alla notizia della morte di Lennon e assediato dai giornalisti, apparve glaciale, indifferente. Penso che sia stato un atteggiamento di difesa ad una notizia così forte.
Pure! Ma la critica non ha mai capito che, tornando alla reazione alla morte della madre, quella è la classica risposta che ti dà il figlio di una famiglia proletaria. Cioè, è disarmante e commovente la semplicità di quella risposta. Non è un caso che sia sempre stato l’unico Beatle a mantenere i rapporti con Liverpool, e pare che tuttora con i suoi soldi mantenga un intero clan di famigliari.

Nemmeno Ringo?
Ringo, George e John non hanno mai guardato indietro. McCartney invece ha questo legame sentimentale con Liverpool, una nostalgia di un’infanzia perduta. In questo anche la morte della madre conta molto.

Questo mood nostalgico e cupo ha forse aiutato le nuove generazioni, di base tutte abbastanza emo, se non proprio con la sindrome di Peter Pan, a rivalutarlo.
Beh, quando poi negli anni Duemila questo cazzo di venefico mito rockista, questo machismo fallocratico, finalmente comincia a sgretolarsi e subentrano tutta una serie di altre sensibilità se vogliamo più "effemminate" come quella indie, allora il lascito di McCartney comincia a farsi più pervasivo. C’è questo libro scritto da Bob Stanley dei Saint Etienne, Yeah Yeah Yeah: The Story of Modern Pop, che predice che McCartney quando morirà sarà il Beatle più amato di tutti. E più o meno già lo stiamo vedendo. Già negli anni Zero si cominciavano a vedere i gruppetti indie che citavano Band on the Run… questa era roba che nessun musicista che avesse voluto farsi prendere sul serio anche solo dieci anni prima avrebbe mai citato. Si cominciarono a scoprire i suoi lati sperimentali. C’è stato il grande revival di McCartney II, il suo unico disco elettronico, le cover di "Temporary Secretary".

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Mi pare che Pitchfork abbia inserito poco tempo fa McCartney II tra i migliori album degli Ottanta.
Io sono stupito che ci sia voluto così tanto a capirlo, è da quando avevo 15 anni che peroro la causa di quell’album. C’è questa oggettiva facilità che quest’uomo ha, quasi soprannaturale, a scrivere melodie. Anche le canzoncine più stupide, anche quelle peggio arrangiate. Poi sono venuti fuori tanti altri aspetti di McCartney che l’hanno reso, come dire, più affascinante: il suo rapporto con la marjiuana, per dire.

Parliamone.
McCartney è probabilmente l’unico musicista pop al mondo che possa competere con i musicisti reggae su quel piano lì. Ha avuto per decenni una vera e propria, diciamolo, dipendenza dalla marijuana, cosa che spiega molto dei suoi dischi e dell’approccio che lui ha avuto nello scrivere. Un fumatore compulsivo.

Anche più di Keith Richards dei Rolling Stones? Lui ne faceva abbastanza uso, tanto da soggiornare spesso in Giamaica.
Sì, ma lui faceva uso anche di altre droghe. McCartney non così tanto. Poi si è scoperto il lato intellettuale di McCartney. Se Lennon è stato considerato per decenni il vero intellettuale dei Beatles, poi questa idea è stata smentita dalla storiografia, dagli storici, dai resoconti dell’epoca. Era McCartney che finanziava le rivistine underground, si ascoltava i dischi di Stockhausen…

Penso che questa rivalutazione sia avvenuta soprattutto nel pop, che oggi è più semplice, più melodico.
Non direi, perlomeno non in quello commerciale. Cioè, l’influenza di Macca senz’altro non la senti in Rihanna, anche se hanno fatto un pezzo insieme, né la senti in Drake e via dicendo. La senti nell’indie pop, tipo nei Real Estate o nei Ducktails. È quell'indie pop gentile, carino, con belle melodie che andava tanto di moda qualche anno fa e adesso continua, ma non nel pop commerciale che adesso è dominato dalla musica nera.

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Ma c’è da dire che lui la musica nera la bazzicava, e alcune melodie zuccherose e filastroccose della trap non possono che ricordarmi roba alla "Hello Goodbye", da fattoni insomma.
Se è per quello ha fatto anche "Got To Get You Into My Life" ad esempio, che è tipo un pezzo Stax. Però io vedo la sua influenza più sull’indie, che è un genere che come sai io detesto, ma se devo ricercare una precipua influenza di McCartney sulla musica di adesso la individuerei lì. L’indie pop bianco, mediamente acculturato.

Poi vabbè, c’è stata anche la parentesi The Fireman, con Youth dei Killing Joke, una roba trasversale tra la techno ambient e il rock sperimentale.
Esperimenti come i Fireman li ha sempre fatti, sin dal primo album solista. Anche quello era un esperimento: un disco registrato da solo a casa…

Forse uno dei primi dischi lo-fi della storia.
Prima ce ne saranno sicuramente stati altri, però spiega tanto della psicologia del personaggio. Nel 1970 era uno dei quattro musicisti più famosi del mondo, poteva fare tutto, poteva avere tutto, poteva affittare la London Symphony Orchestra; e invece si è chiuso in una baracca in Scozia a registrare da solo, voce e chitarra, 'sti moncherini di canzoni che poi ha aggiustato facendosi diecimila canne quindi non capendoci un cazzo. Non sapeva neanche se un pezzo era completo o meno, se valeva o meno, se era qualitativamente degno o meno. Questa è una cosa che trovi in tutti i dischi di McCartney. Trovi degli sgorbi che dici: "ma come cazzo è che l’ha registrata?".

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E come ce lo spieghiamo?
Te lo spieghi in due motivi: uno è che non gliene frega un cazzo, perché comunque ha sempre saputo di essere uno che ha impresso un marchio indelebile nella storia del pop, quindi in qualche modo può permettersi di fare tutto quello che gli pare. Il secondo motivo è che è rincoglionito dalle canne.

Ahahah!
La senti molto questa atmosfera di fumo di erba in determinati suoi dischi. Però c'è anche questa volontà di piacere alla gente. Anche questa si spiega con il suo retroterra proletario. La voglia di non perdere mai il contatto con il pubblico, idea sempre presente anche nelle operazioni più penose che ha fatto, tipo i duetti con Michael Jackson, quella cacata di "Ebony And Ivory" con Stevie Wonder… roba fatta apposta per il successo di classifica.

Se la critica ha sempre un po’ storto il naso, al contrario il pubblico l’ha sempre seguito, nel senso che in classifica è sempre andato egregiamente. Come è possibile nonostante la sua basculante resa creativa?
È possibile perché lui ha appunto fatto dei dischi paraculi. Il suo più grande successo di classifica è quello degli anni Settanta. Già negli Ottanta comincia a scemare, infatti Lennon era molto geloso di questo.

I dischi degli anni Settanta con i Wings sono dischi di pop commerciale, levigato, alcuni venuti bene altri no. Alcuni sono talmente vacui da essere quasi dei meta-dischi.

In che senso meta-dischi?
Il classico esempio è "Silly Love Songs", che è il manifesto ideologico di Paul McCartney. Una canzone il cui testo dice: "cosa c’è di sbagliato nel cantare sciocche canzoni d’amore? A me piace farlo". E poi il ritornello con "I love you" quaranta volte di fila, che tra l’altro a un certo punto c’è questo momento di sospensione nel brano che anticipa (e qui faccio il Demented Burrocacao della situazione) "One More Time" dei Daft Punk. A un certo punto crolla il ritmo, rimane solo quest’aria sospesa…

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Io, quel brano, lo vedo chiaramente come una provocazione, fatta apposta per dare fastidio ai puristi. Tu che ne pensi?
No, io non penso proprio che sia una provocazione. Lui vedeva il pop come il contrario del rock maschio e sudato. Il rock ha sempre fatto finta di essere una cosa autentica, il che è una stronzata. Chiaramente il rock era tanto una costruzione quanto il pop più costruito in laboratorio. E McCartney si è sempre situato dalla parte del pop costruito in laboratorio. Non a caso nei Beatles era quello che faceva il lavoro da studio, maneggiava i nastri, ste cose qua. Il pop è artificio, è una dimensione extraumana, sovrumana, che sublima, diciamo, i sentimenti di un'adolescenza eterna in queste costruzioni, questi artifici melodici che hanno un impatto sulla tua vita emotiva reale, rimanendo però presenze in qualche modo stagliate in una specie di iperuranio.

Capisco cosa intendi.
Questo è il ruolo del pop. D’altronde è un prodotto commerciale industriale per definizione, e questa è la cosa che ha sempre disturbato la critica e i seguaci del vero rock. Fino a quando non si è capito che questa idiozia del vero rock come musica sincera e autentica era appunto idiozia; a quel punto un genere come il pop riacquisisce la sua dignità. E "Silly Love Songs" rivendica questa semplicità.

E per questo mi pare sia ancora attualissima.
È la grandezza degli Abba, o dell’Europop. Cioè McCartney sta in questo filone, ed è forse il più grande di tutti.

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Nei primi anni Ottanta ci sono stati anche dei flop terrificanti. Secondo AllMusic in quest’ultimo album c’è un collegamento con Press To Play, per la carnalità che emana. Concordi?
Io a dire il vero in Press To Play non sento alcuna carnalità, sento più che altro la totale potenza wagneriana della vacuità pop. Press è un disco che lui stesso ha in qualche modo rinnegato. E invece probabilmente è quello che dovrebbe conoscere una rivalutazione simile a quella che ha avuto McCartney II, anche se non arriva a quei livelli. Metà di Press è… una merda. Ma l'altra metà no. Andiamo ad ascoltarlo. [Accende il giradischi]

All'epoca si fece notare perché prodotto da Hugh Padgham, uno degli inventori del suono della gated drum, quella di "In The Air Tonight" di Phil Collins. Quindi ha un suono molto anni Ottanta, però ha questi esperimenti… Lo senti soprattutto in "Pretty Little Head". Tentò di pubblicarlo come singolo, con scarso successo. E te credo! La coda è quasi industrial!

Padgham aveva prodotto anche Gabriel e gli XTC, di cui si sentono gli echi.
Atmosfere cupe, tra l’altro.

… che appunto sono presenti anche nell’ultimo album. Forse è questo il collegamento.
È strano anche perché è quasi un pezzo da ballare in un club, strano che nessuno abbia osato campionarlo. Poi ci sono anche altri pezzi interessanti tipo "Good Times Coming / Feel The Sun", una specie di dub. McCartney tra l'altro fu anche uno dei primi musicisti bianchi a mostrare interesse per il reggae già nei primi anni Settanta. Però alla fine il vero capolavoro è questo: "Only Love Remains". Anche nel peggior disco di McCartney c'è almeno una melodia immortale.

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Ma, a parte Press To Play e McCartney II, c’è un altro disco particolarmente strano che possiamo ripescare?
Beh, ci sono i suoi esperimenti acid house. Un dodici pollici, Ou Est Le Soleil…

Periodo Flowers In The Dirt! Ho lo spartito a casa. Uno dei suoi singoli più controversi…
Per sintetizzare: una cagata. È comunque apprezzabile che un tizio come Paul McCartney nel 1989 si sia cimentato nel dare il suo contributo alla Second Summer of Love, sperimentando con il rave. E poi è remixato da Shep Pettibone.

Quindi, Valerio, mi pare di capire che tu abbia tutta la discografia in vinile. O sbaglio?
Quasi tutta. In realtà cercando mi sono accorto di non trovare più un disco, Wild Life, il primo con i Wings, considerato uno dei suoi peggiori.

E come mai?
Non lo so. Adesso nessuno adesso avrebbe più il coraggio di chiamarlo così, proprio per il cambiamento nella percezione di cui parlavamo. Possiamo ascoltarlo dal computer.

Sì, facciamo capire ai neofiti di cosa stiamo parlando.
È il disco con cui presenta al mondo i Wings nel 72-73, e contiene "Dear Friend", un prezzo dedicato a John Lennon. È un pezzo dolente, su un’amicizia andata in frantumi. Mentre quell'altro stronzo di Lennon invece faceva "How Do You Sleep" contro Paul, capito?

Tra l’altro queste melodie ricordano i Depeche Mode di Precious, ma riecheggiano anche pezzi pop attuali.
È praticamente una canzone indie. Vengono in mente, che ne so, Anthony and the Johnsons di qualche anno fa, o Sufjan Stevens.

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Ma quale fu la particolarità di questo disco?
Che fu completamente distrutto dalla critica. È considerato, insieme a Press To Play, probabilmente il suo punto più basso.

E tu invece che ne pensi?
Penso che sia come quasi tutti i dischi di Macca. Sono pochissimi quelli che funzionano dall’inizio alla fine, quindi nella maggior parte dei casi metà disco è una merda, con palesi riempitivi per occupare spazio, messi lì da uno a cui non frega un cazzo. Poi nell’altra metà c'è perlopiù del buon mestiere, del buon artigianato pop. E se ti va bene hai uno o due capolavori. Però tendenzialmente sono sempre dischi che si fanno ascoltare con piacere, ecco.

Ma andiamo sul Paul McCartney rock. Ti ricordi quando è andato sul palco coi Nirvana prendendo il posto praticamente di Kurt Cobain? Quindi anche il rock alla fine si era accorto di lui già dalla fine degli anni Ottanta, come appunto i Guns 'n Roses, ma anche prima: Siouxie and the Banshees fecero la cover di "Helter Skelter".
Si ma helter skelter è un brano che ha una mitologia tutta sua, è quasi demccartneyzzato, c’è di mezzo Manson. Il rock, come ho già detto, era un grande inganno.

Il suo approccio al rock era praticamente lo stesso del pop, o no?
Lui era praticamente un erede di Tin Pan Alley, di quella roba lì. Anche se era comunque un ragazzino cresciuto nella Liverpool degli anni Cinquanta ascoltando il rock 'n roll. Ha fatto diecimila dischi di cover rock 'n roll, dischi inutili tra l’altro. Rivendicava questo suo amore per le origini, lo ribadiva. Se prendiamo il rock dal punto di vista puramente stilistico, di pezzi rock ne ha fatti. In Back To The Egg ce ne sono, ed è un altro dei dischi meno considerati di Macca.

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Ascoltiamolo subito!
È un disco in cui più che di rock si può parlare di power pop. Tra l’altro molti dei pezzi fanno proprio cacare, questo è uno dei dischi in cui devi stare attento a quale traccia metti. [Mette "To You"]

Questa canzone è un po’ punk, no?
Beh, sì, erano quegli anni. È un tentativo di cavalcare l’onda. Ma nello stesso disco hai, alla fine del lato A, questo pezzo ["Arrow Through Me"]. Una specie di proto-"Sexual Healing" di Marvin Gaye.

Roba pe' scopà!
Il lato sensuale di Paul. C’è anche qualche cosa con Linda.

Parliamo dell’influenza di Linda. Dove con Lennon c’era la Ono, dall’altra parte c’era una Linda che era forse la sua antitesi.
È stata una grande che non è mai stata presa sul serio, allo stesso modo di Yoko Ono, dai fan dei Beatles. Su di lei si dicevano tante falsità: una delle più grosse è che fosse la figlia di Eastman dell’impero Kodak, solo perché era fotografa. Era una giovane appassionata di musica e di fotografia, a cui piaceva fare l’amore e vivere la vita liberamente, senza complessi di sorta, una donna che non doveva rendere conto a nessuno. Ovviamente nel mondo machista del rock viene considerata una mignotta.

Ma poi si mette con Paul.
Paul prima di stare con lei era sostanzialmente un playboy, e insieme creano una coppia piena di enfasi. Lui vuole sempre Linda con lui nei dischi, le fa suonare le tastiere con i Wings, fino a firmare un album insieme che è poi il leggendario Ram, un disco che adesso è considerato quasi unanimemente un classico, probabilmente forse il miglior disco di un ex-Beatle alla pari forse solo con il primo Lennon.

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Un disco che anticipa l'hypnagogic pop forse.
Più che altro quasi anticipa il weird folk. Però è troppo facile vedere, in questa enfasi che ha messo nella vita familiare di coppia con tanti bambini, sempre quel ritorno all’infanzia che non ha mai avuto, da bambino di umili origini, in una città industriale come Liverpool, orfano di madre. Un altro dei punti più bassi della carriera di McCartney secondo la critica sono le canzoni per bambini, come la splendida "We All Stand Together".

Capolavoro assoluto.
È stato perculato per decenni perché faceva le canzoni per bambini. Come se fare le canzoni per bambini fosse una cosa brutta: ma perché? Io Paul McCartney l’ho scoperto da bambino grazie a questa canzone per bambini e gliene sono grato. Come dire, nella mia infanzia nella periferia romana in cui non era contemplato il bello, non era contemplata la cortesia, non era contemplata la gentilezza, lui mi ha portato, con quel valzerino cantato dalle rane, un po’ di bellezza. Te lo immagini Bruce Springsteen che fa le canzoni per bambini? No! Perché è un rocker vero, in canotta, sudato, coi bicipiti di fuori, e parla di camionisti e operai in fabbrica mentre intanto lui vive in una villa di otto piani in New Jersey.

Tornando a Linda: dal momento in cui è morta, il suono di Paul è cambiato? Quanto ha inciso veramente la sua presenza dal punto di visto artistico/compositivo? Come lo vedi il periodo moderno di Paul, quello post-Linda?
Lo vedo molto strano, perché lui era capace di fare anche due dischi all’anno fino ai primi anni Novanta diciamo. Poi già dalla metà degli anni Novanta ha cominciato a diradare le uscite. Quindi innanzitutto escono meno dischi. Poi esce Chaos And Creation In The Backyard.

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Lì volevo arrivare. Che ne pensi?
E che ne penso? Che è un disco di una classe davvero oggettiva. Tanto che quando è uscito (e lì c’è stato davvero lo switch) tutti hanno dovuto dire ao questo è un disco della madonna! Paradossalmente è anche un disco molto poco mccartneyano, perché manca di quegli eccessi kitsch. Là invece c'era Nigel Godrich, il produttore dei Radiohead, che si impose; e nessun produttore si era mai imposto con McCartney, perché d’altronde hai davanti la storia del pop, hai paura e fai pippa. Invece lui si impose e disse no, scartò alcuni pezzi perché brutti, cambiò gli arrangiamenti, lo costrinse a fare una cosa più minimale, più sobria. Quindi è uscito un disco effettivamente di gran classe, molto sofferto, però è un disco in cui mancano quegli sbraghi tipici di McCartney. Però da lì in poi inizia un Macca più rispettabile, che comincia ad essere considerato il grande vecchio a cui si porta rispetto.

Arriviamo agli ultimi album. New del 2014 come ti è sembrato?
Prima ancora c’era Memory Almost Full. Questi sono tutti dischi di gran mestiere pop.

Modernizzati, perché la produzione mi sembra abbastanza pompata.
Sai, McCartney gioca a fare McCartney sapendo che c’è un pubblico con meno pregiudizi nei suoi confronti. Viene intervistato su Pitchfork o citato sulla stampa alternative. Tu immagina gli anni Ottanta: un'intervista a Paul McCartney non sarebbe mai uscita su Forced Exposure o sulle altre fanzine che facevano parte della cultura indipendente. Era il nemico, era quello che faceva Press To Play, quello che faceva la roba con Micheal Jackson. Ma adesso lui c’ha pure una certa età. È nato nel '42, ha settantasei anni.

Devo dire che la sua voce è cambiata molto. Quando ho ascoltato l'ultimo ho cominciato a pensare alla famosa storia del McCartney morto e sostituito con un sosia, perché sembra la voce di un vecchio cantante random, non di Paul da vecchio.
E io sono d'accordo con quella tesi. Il cambiamento si sentiva già dai tempi di Chaos and Creation.

In Egypt Station è tornato anche il McCartney cazzone, con un paio di brani molto svarionati e suite un po' storte. E i singoli? Che ne pensi di "Fuh You"?
Ma niente, sono gradevoli. Faccio un paragone che suonerà aberrante ai più, ma mi ricorda molto i R.E.M. da questo punto di vista: cioè, vai al supermercato e in sottofondo senti mediamente musica quasi sempre discutibile, poi parte un pezzo dei R.E.M. e sei contento, ti sembra una bella musica in sottofondo. Lo stesso succede con Paul McCartney. È quella musica da supermercato buona. I testi sono come al solito insulsi.

In quest'ultimo dice ancora le parolacce! A ottant’anni! Com'è possibile?
Ma Macca ha sempre ammesso di non essere capace di scrivere i testi. Non a caso ha tutta una carriera parallela come pittore.

Infatti la copertina di Egypt Station è opera sua.
Il suo stile assomiglia se vogliamo alla roba degli stucchisti, il movimento artistico nato a fine anni Novanta di cui faceva parte anche Billy Childish. Come pittore non è niente di ché, ma non è neanche pessimo, però ha buon gusto anche come collezionista d'arte.

Ho le ultime due domande: quale prevedi sarà la prossima rivalutazione, la prossima opera sottovalutata che verrà recuperata com'è successo a McCartney II?
Il più papabile è proprio Press To Play, però non credo che ci sarà un fenomeno massiccio come c’è stato per McCartney II, per il primo McCartney e in parte pure per Ram (di cui esiste addirittura un disco tributo con dentro anche i Death Cab For Cutie). Però secondo me è ora che si cominci a pensare seriamente al canzoniere di McCartney solista. Ad esempio a brani come "So Bad", brani che tu non trovi mai nelle compilation Best Of, ma sono quei brani che dentro i dischi di Paul trovi quasi sempre, dei breviari di canzone pop perfetta. Perché il pop poi è quello: la canzone, non l’album.

E ce la farai mai a intervistarlo?
No, non voglio.

Come non vuoi?
No, guarda, ci ho pensato tante volte. Ho avuto alcune occasioni per farlo, ma non voglio perché per me Macca è una figura quasi paterna, e lui è molto professionale nelle interviste. McCartney è una mia fantasia privata, come devono essere le popstar: creature eteree, che non appartengono al mondo dell’immanenza. Sarebbe un po’ come conoscere Lou Reed. Io l’ho conosciuto ed era un coglione.

Valerio Mattioli è editor della splendida rivista e collana editoriale Not. Seguilo su Twitter.

Demented tiene per Noisey la rubrica più bella del mondo, Italian Folgorati. Seguilo su Twitter.

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