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Politică

In Italia sta nascendo praticamente un partito al secondo

Spinti dalla mancanza di leader e dalla legge elettorale, nello scenario politico italiano stanno spuntando scissioni e movimenti da tutte le parti: abbiamo cercato di capirci qualcosa.
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Il 25 gennaio scorso, dopo mesi di attesa e con tutti gli occhi della politica puntati addosso, la Corte Costituzionale si è espressa sull'Italicum—la legge elettorale che vige alla Camera, nonché uno dei frutti più significativi del famigerato "patto del Nazareno".

Alla fine ne ha dichiarato costituzionale una sola parte, bocciando il ballottaggio e modificando il meccanismo delle pluricandidature: ne è uscita una legge "proporzionale corretta" con soglia di sbarramento al tre percento e, soprattutto, un premio di maggioranza del 55 percento alla lista che si aggiudica il 40 percento dei voti.

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Sulla carta, quindi, abbiamo una legge elettorale che ci permetterebbe di andare a votare subito. Nei fatti—però—la situazione è ben più complicata.

Prima di tutto, perché la legge che ad oggi vige alla Camera sarebbe diversa da quella del Senato, il cosiddetto Consultellum—la Consulta stessa, peraltro, ha dato indicazione di uniformare le due leggi prima di andare alle urne.

Secondo, e fondamentale per comprendere lo scenario politico di questi giorni, perché attualmente nessun partito ha i numeri per ottenere il premio di maggioranza, e quindi per governare.

VIDEO: Partiti alle prese con legge elettorale e scenari di voto — Sky TG24 (@SkyTG24)30 gennaio 2017

Questo dato, unito a una bassa soglia di sbarramento, al fatto che a essere premiate non saranno le coalizioni ma i partiti, alla crisi di leadership che contraddistingue sia il centrodestra che il centrosinistra e alla storica frammentazione della scena politica italiana, si è tradotto in un risultato quasi scontato: i ripetuti annunci di formazioni di nuovi partiti, di rotture reali o presunte, e di scissioni interne.

In altre parole: navigare nel panorama politico attuale è diventato quasi impossibile, e un giorno sì e uno no si profila l'ipotesi della formazione di un nuovo partito.

Abbiamo analizzato lo scenario generale per cercare di capirci qualcosa.

Renzi, Emiliano e il PD

In totale continuità con la storia del centrosinistra e con la propria, il Partito Democratico—quello dei 101 franchi tiratori e delle innumerevoli correnti interne—è sicuramente l'esempio migliore di quante correnti possa ospitare un solo partito—peraltro al governo.

Il 5 dicembre, con la sconfitta al Referendum Costituzionale, Renzi si era dimesso intestandosi il 40 percento dei voti per il Sì, e con in mano ancora le redini di un partito che usciva sì frammentato dalla campagna referendaria, ma che sembrava non offrire alternative alla sua leadership.

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L'idea, del resto, era quella di aspettare che la Corte Costituzionale si esprimesse sulla legge elettorale per poi superare il governo lampo di Gentiloni e andare alle urne. Il tutto senza incontrare eccessive resistenze.

Sono passati appena due mesi, eppure la situazione per l'ex premier è radicalmente cambiata.

Secondo gli ultimi sondaggi, Renzi—che si è defilato dalla scena—è il leader che più di tutti gli altri ha risentito di questo periodo di governo Gentiloni, calando sensibilmente in termini di gradimento e rendendo probabilmente più attaccabile la sua leadership all'interno del PD.

Leggi anche: Perché ai giovani italiani non frega più un cazzo della politica?

Questo malessere interno si deve soprattutto alla scelta sulla data delle elezioni, e con essa il futuro del governo in carica: Renzi, da sempre sponsor del "voto subito", ha ribadito l'urgenza di tornare alle urne all'indomani della sentenza della Corte, trovandosi contro la maggioranza del suo partito—secondo la quale, invece, il governo Gentiloni dovrebbe arrivare almeno fino alla fine naturale della legislatura (il 2018).

A poco sono bastati i passi indietro di Renzi, che si è tirato fuori dal discorso delle elezioni e ha confermato il Congresso e le primarie del PD: all'interno del partito, in molti hanno colto l'occasione per criticare aspramente la sua leadership e candidarsi alla guida del PD.

Quando i renziani non hanno argomenti diventano fascistoidi e antimeridionali. Mi chiedono addirittura di emigrare. Che pena! — Michele Emiliano (@micheleemiliano)29 gennaio 2017

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Tra questi, in prima linea c'è sicuramente il governatore della regione Puglia Michele Emiliano, che ha attaccato duramente e a più riprese l'ex premier, candidandosi come sua alternativa e cominciando di fatto la campagna elettorale per le primarie—che dovrebbe coinvolgere anche Enrico Rossi e Roberto Speranza.

In sostanza, se i dissidi interni in teoria riguardano solo una possibile forzatura di Renzi al voto anticipato, di fatto sembrano essere esplosi malumori che il PD da tempo covava e che fanno sì che una parte rilevante del partito, al momento, sia contro il suo segretario ed ex premier.

D'Alema e "ConSenso"

Dopo anni di imbeccate e confronti a distanza, il fatto che tra Renzi e D'Alema non ci sia un buon rapporto non è certo una novità. Eppure soltanto durante la campagna referendaria i due si sono trovati "ufficialmente" contro per la prima volta, aprendo uno scontro interno che sembra doversi concludere con una separazione.

A fine gennaio, in seguito alla dichiarazione di Renzi sul voto, Massimo D'Alema ha cominciato a parlare concretamente dell'ipotesi di una scissione e della formazione di un nuovo partito alla sua sinistra "che sicuramente supera il 10 percento dei voti"—e per il quale già non esclude una futura alleanza con il PD.

La conferma che — tullio campana (@tulliocampana)7 febbraio 2017

A distanza di una settimana dalle prime dichiarazioni, il partito di D'Alema sembra stia cominciando a prendere forma: sta nascendo un'associazione/movimento dal nome "ConSenso", che finora ha conquistato l'interesse di diversi esponenti di spicco del PD.

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Se Bersani, dopo una minaccia di formare un "Ulivo 2.0" ha ribadito la sua fedeltà al partito—e Emiliano e Speranza hanno firmato una lettera nella quale sottoscrivo di volerci rimanere—nessuno però ha rinunciato all'occasione di minacciare Renzi di una possibile scissione. E a sinistra del PD, a Sinistra Italiana è bastato l'annuncio di un potenziale partito di D'Alema per portare a uno spaccamento al suo interno.

Sinistra Italiana

Sinistra Italiana è il gruppo parlamentare nato nel novembre del 2015 formato da deputati che una volta facevano parte di SEL e alcuni ex Partito Democratico.

Dagli ultimi sondaggi, sembra contendersi circa il 5 percento dell'elettorato: doveva trasformarsi in un partito, ma arriverà al congresso fondativo previsto per metà febbraio già spaccato.

Toh, congresso fondativo di sinistra italiana e nasce già con una scissione.

— Alessio Postiglione (@alessiopost)5 febbraio 2017

All'interno del partito, stando a diverse fonti, convivrebbero infatti due frange: una guidata da Nicola Fratoianni—politicamente cresciuto con Vendola e candidato unico alla segreteria—che vuole guidare il partito da solo, indipendentemente da quello che succederà nel resto della sinistra; l'altra capeggiata da Arturo Scotto , che sembra voler attendere ciò che farà D'Alema con la prospettiva di unirsi al suo partito. Dall'altra parte, non esclude neanche una possibile alleanza con il movimento di Pisapia.

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Pisapia e il "Campo Progressista"

All'indomani del referendum, l'ex Sindaco di Milano aveva parlato della necessità di unire la sinistra al di fuori del PD, per "raccogliere l'eredità del Movimento Arancione."

Per un nuovo centrosinistra che unisca sobrietà, valori, concretezza e che dia risposte ai bisogni dei più deboli. — Giuliano Pisapia (@giulianopisapia)11 gennaio 2017

Il movimento che Pisapia sembra avere in mente, e che per ora chiama "Campo Progressista", non nascerebbe come alternativa al PD ma al suo interno (a condizione che non ci siano alleanze con il centrodestra), per aiutarlo a conquistare voti a sinistra.

A un mese di distanza dal suo lancio "ufficioso", il movimento di Pisapia resta un progetto astratto. Ma mentre cresce l'interesse nei suoi confronti da parte della sinistra italiana, dei prodiani e di Cuperlo, circola con insistenza sempre maggiore il nome di Laura Boldrini come candidata alle primarie del PD.

Civati e gli altri

Ma infatti. — Giuseppe Civati (@civati)5 febbraio 2017

Padre di tutte le scissioni con il PD è Pippo Civati, che ha formato "Possibile" a luglio del 2015. Civati, rispetto alle possibili alleanze, si è detto aperto ad ascoltare quanto succede in Sinistra Italiana, ma ha chiuso a probabili convergenze nel movimento di Pisapia.

Per ultimo, nel panorama della sinistra italiana dovrebbe arrivare definitivamente il movimento transnazionale di Varoufakis, "Diem25".

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I "sovranisti" e il resto del centrodestra

Scissioni e divisioni interne non riguardano soltanto il centrosinistra: anche il centrodestra, in aperta crisi di leadership, lo segue come può.

Il mese scorso l'ex sindaco di Roma Gianni Alemanno e Francesco Storace hanno ufficializzato il loro asse annunciando la formazione di un nuovo partito: "Polo Sovranista". Quello che si sa, per adesso, è che il congresso fondativo si terrà a metà febbraio e che—come ha dichiarato Alemanno—si rivolgerà a "tutte le forze che non fanno parte del Partito popolare europeo […] la Lega e Fratelli d'Italia."

Di ritorno da Bologna — Francesco Storace (@Storace)7 febbraio 2017

Per adesso ne resta fuori Giorgia Meloni, che in compenso sembra cementificare sempre di più il suo sodalizio con Matteo Salvini—che li ha visti insieme nella manifestazione di piazza "Italia Sovrana". Inoltre, all'interno del centrodestra, coesistono "Ala Sinistra" di Verdini, I "liberali" di Raffaello Fitto, e Gal, il gruppo "Grandi autonomie e libertà" di Giulio Tremonti.

Riassumendo, ad oggi in totale abbiamo quattro-cinque partiti che rischiano di dividersi in una decina di correnti e movimenti: alcuni probabilmente ininfluenti, altri potenzialmente in grado di condizionare la stabilità politica italiana dei prossimi anni. Tutti, comunque, appesi al filo dei decimali percentuali.

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