La tecnologia e la scienza stanno semplificando qualunque aspetto della nostra vita, ma se c’è una cosa che rimane ancora difficilissima quella cosa è stare sul pezzo. Il 2018 sarà un anno cruciale per tantissimi ambiti che non hanno, il più delle volte, direttamente a che fare con la nostra vita, ma che la influenzeranno radicalmente nel futuro prossimo.
Per questo motivo abbiamo deciso di creare La Guida di Motherboard al 2018, una serie di articoli introduttivi su quelli che, per noi, saranno i temi più importanti dell’anno. Così al prossimo pranzo di famiglia non fate brutta figura, non ringraziateci.
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Anche per gli standard delle biotecnologie, CRISPR/Cas9 è uno strumento estremamente recente. La rivoluzionaria tecnica di editing genetico esiste da poco più di 5 anni e non solo è già diventata indispensabile e rivoluzionaria negli usi di laboratorio, ma sta anche cominciando a far capolino in clinica, con diversi test in esseri umani previsti per il 2018.
Per fare un paragone con un’altra tecnica di modifica precisa del genoma: quella basata sulla nucleasi a dita di zinco è stata impiegata su paziente per la prima volta nel 2017, ma si lavorava alle applicazioni cliniche almeno dal 1994.
In meno di 5 anni, sono stati pubblicati sul tema più di 5.000 articoli scientifici e un gran numero di startup è nato per sviluppare farmaci, terapie, test diagnostici, e ogni sorta di applicazione basata su questa nuova tecnologia.
Grazie alla sua capacità di trovare, rimuovere e sostituire il materiale genetico, CRISPR ha già cambiato la ricerca biomedica. In meno di 5 anni, sono stati pubblicati sul tema più di 5.000 articoli scientifici e un gran numero di startup è nato per sviluppare farmaci, terapie, test diagnostici, e ogni sorta di applicazione basata su questa nuova tecnologia.
Eppure anche questo processo pare troppo lento per alcuni. Dalle associazioni di pazienti ai biohacker che si iniettano cocktail intramuscolo, tutti vorrebbero CRISPR subito. In borsa, i titoli delle startup legate a CRISPR sono una montagna russa, che schizza alle stelle o crolla a seconda dei risultati dell’ultimo pre-print. Il treno dell’hype non accenna a fermarsi: il 2018 si è già preannunciato come l’anno di CRISPR nell’uomo, nonostante i non pochi ostacoli, burocratici e tecnici.
I NUOVI TRIAL CLINICI
Lo scorso dicembre Crispr Therapeutics è diventata la prima compagnia privata a iniziare le procedure per iniziare un test clinico per una terapia a base di CRISPR, dal sobrio nome CTX001. La proposta ha ricevuto l’approvazione della European Medicines Agency e, nel corso del 2018, comincerà a reclutare pazienti che soffrono di beta-talassemia, una forma di anemia che può essere molto grave e colpisce tipicamente le persone di discendenza mediterranea.
La stessa Crispr Therapeutics dovrebbe anche presentare nel 2018 la documentazione alla Food & Drug Administration (FDA) americana per testare CTX001 negli Stati Uniti, andando però a trattare i malati di anemia falciforme, più comune negli USA.
Entrambe le malattie sono causate da mutazioni nell’emoglobina, la molecola che trasporta l’ossigeno nel sangue. Cercare di riparare le sequenze di DNA mutato, o inserire sequenze nuove di DNA, è di norma la parte più difficile, e di meno successo, degli approcci basati su CRISPR. CTX001 sfrutta un approccio diverso: imita una mutazione naturale, molto rara, che causa la produzione negli adulti dell’emoglobina fetale, che normalmente si smette di produrre dopo circa 3 mesi dalla nascita. I pazienti hanno così una forma di emoglobina funzionante, che lenisce significativamente i sintomi della malattia.
Le malattie del sangue sono uno dei bersagli più abbordabili delle terapie con CRISPR, perché si può lavorare ex vivo, che significa espiantare le cellule staminali del sangue dal midollo osseo del paziente, modificarle in vitro e poi reinfonderle nel malato.
Ma il 2018 potrebbe anche essere il primo anno in cui abbiamo un caso di editing genetico in in vivo, al First Affiliated Hospital dell’Università di Sun Yat-Sen, in Cina, dove già nel 2017 era stato usato CRISPR per la prima volta su embrioni umani. Invece che editare le cellule fuori dal corpo del paziente, il trial riguarda un gel contenente CRISPR programmato per colpire i geni del papilloma virus umano. La forbice molecolare dovrebbe lasciare indenne le cellule normali, ma distruggere i geni del virus nelle cellule infette, impedendogli di causare il cancro alla cervice uterina. Non è da sottovalutare il rischio che specialmente in questi test direttamente in uomo, andando inintenzionalmente a tagliare nei posti sbagliati, CRISPR possa causare mutazioni indesiderate e, di conseguenza, anche il cancro.
IL DIAVOLO NEI DET-TAGLI
Il principale ostacolo all’uso più diffuso delle tecnologie basate su CRISPR è la sua tendenza a indurre mutazioni “fuori bersaglio”, cioè tagli indesiderati nel DNA. Nel 2017 si è generato praticamente un sotto-campo di ricerca a sé, dedicato al trovare nuove strategie per trovare e ridurre queste modifiche involontarie.
Nel 2017 ne è nata una enorme controversia, con una pubblicazione su Nature Methods che aveva rilevato, in due topi sottoposti a gene editing, quasi 1500 mutazioni non previste — circa 10 volte quelle che compaiono spontaneamente da una generazione all’altra. La risposta, sia da scienziati indipendenti che da Crispr Therapeutics e Editas Medicine — i cui titoli sono improvvisamente crollati in borsa — non sono tardate ad arrivare. E sebbene lo studio fosse effettivamente preliminare, e la risposta probabilmente sproporzionata anche per via dei già incredibili giri d’affari relativi a questa tecnologia, il tutto ha dato un nuovo impulso alla ricerca di tecniche per evitare questi tagli indesiderati.
Il principale ostacolo all’uso più diffuso delle tecnologie basate su CRISPR è la sua tendenza a indurre mutazioni “fuori bersaglio”, cioè tagli indesiderati nel DNA.
A luglio, ad esempio, uno studio di una delle protagoniste del mondo di CRISPR, nonché delle diatribe legali legate al brevetto della tecnologia, Jennifer Doudna, ha pubblicato una tecnica basata su proteine anti-CRISPR. Una delle cause dei tagli aggiuntivi è che l’enzima Cas rimane troppo a lungo all’interno della cellula, e continua a cercare altri bersagli anche dopo aver colpito la sequenza di DNA specifica contro cui è programmato. Esistono però dei virus che si sono evoluti per sfuggire a CRISPR, che originariamente è parte del sistema immunitario dei batteri, grazie ad una proteina anti-Cas9, che gli impediscono di leggere il DNA. Inserendola nella cellula, questa proteina funziona da interruttore per spegnere CRISPR al momento giusto, riducendo la probabilità di tagli collaterali.
Il numero di tagli collaterali continua poi a essere difficile da prevedere, anche perché, secondo uno studio pubblicato a dicembre 2017 su PNAS, la variazione genetica individuale può causare enormi differenze nella quantità di effetti off-target di CRISPR, specialmente se la variazione è dovuta ad una inserzione o mancanza di singole basi nel DNA. Per la pratica clinica, questo significa che è bene sequenziare individualmente l’intero genoma di ogni paziente prima di utilizzare tecniche di gene editing, e non solo la parte codificante. Ma ha anche implicazioni significative per la ricerca pre-clinica, per la quale potrebbe essere necessario sviluppare più RNA guida per lo stesso bersaglio.
A luglio 2017 un genetista di Harvard ha salvato questa GIF nel DNA di un batterio grazie a CRISPR.
Oltre ai nuovi test su esseri umani, dunque, nel 2018 gli occhi saranno puntati su nuove tecniche che permettano, a seconda delle situazioni, di aggirare questi nuovi ostacoli. Magari contemporaneamente.
MA DOBBIAMO PROPRIO TAGLIARE?
CRISPR somiglia sempre meno ad una forbice, e sempre più ad un coltellino svizzero. Se i tagli imprevisti sono pericolosi, perché non smettere direttamente di tagliare?
Un approccio che sta cominciando ad essere sempre più popolare è quello di mutare Cas9 di modo che possa legarsi al DNA ma non riesca a tagliarlo. Queste “forbici spuntate” possono poi essere legate a proteine che regolano l’espressione genica, permettendogli di accendere e spegnere i geni senza alterare la sequenza del DNA. Un vero e proprio editing epigenetico, che potrebbe essere utilizzato per colpire una grandissima varietà di malattie, anche impervie a metodi più tradizionali. A dicembre, un team di ricercatori del Salk Institute ha usato questa nuova tecnica per migliorare sintomi del diabete, dell’insufficienza renale e della distrofia muscolare dei topi. Siamo ancora distanti da applicazioni simili per gli esseri umani, ma grazie a questo approccio reversibile si potrebbero ridurre di molto i rischi legati a terapie a base di CRISPR.
Similmente, lo scorso ottobre, Feng Zhang — un’altro dei protagonisti della lotta sui brevetti di CRISPR — ha pubblicato su Science l’annuncio di un nuovo sistema per l’editing dell’RNA basato su CRISPR, battezzato con il simpatico acronimo REPAIR. Invece di andare a modificare direttamente il genoma, questo sistema agisce sull’RNA, lo step intermedio tra DNA e proteine, permettendo di correggere mutazioni su un singolo nucleotide in maniera reversibile. Le applicazioni sono diverse da quelle dei sistemi più classici, ma continuano a spingere la frontiera dell’RNA editing, che potrebbe essere il giusto compromesso tra rischi ed efficacia.
E GLI ANTICORPI?
All’inizio del 2018, una nuova preoccupazione si è aggiunta per l’uso di CRISPR in umano: l’interazione con il sistema immunitario. In un recente preprint, Matthew Porteus della Stanford University ha trovato anticorpi contro la proteina CAS nel sangue di adulti e neonati. La scoperta non è del tutto sorprendente: i batteri da cui abbiamo preso in prestito CRISPR vivono spesso nel corpo umano e possono essere patogeni, per cui il sistema immunitario ha imparato a individuarli e combatterli. Questo potrebbe essere un problema serio per l’applicazione di CRISPR in umani perché le nostre difese immunitarie potrebbero riconoscere le cellule modificate contenenti Cas9 e generare infiammazioni e altre reazioni tossiche.
La preoccupazione è valida, ma l’ostacolo non è insormontabile, specialmente nel caso di trattamenti ex-vivo, visto che Cas9 non sarebbe mai esposta direttamente agli anticorpi. La terapia in vivo sarebbe più problematica, e richiedere l’uso di immunosoppressori.
All’inizio del 2018, una nuova preoccupazione si è aggiunta per l’uso di CRISPR in umano: l’interazione con il sistema immunitario.
In realtà, anche se per molte applicazioni di editing genomico Cas9 si è rivelata essere l’enzima più efficace, esistono già altre nucleasi che possono funzionare con CRISPR, e continuamente se ne progettano di nuove, non esistenti in natura. Le due alternative più famose sono indubbiamente Cpf1 (di Zhang) e C2c2 (di Doudna), per cui gli anticorpi dovrebbero essere molto meno comuni. Ma sono ormai moltissime le varianti esistenti, anche per via della corsa ai brevetti, senza dimenticare le nucleasi progettate direttamente in laboratorio e non esistenti in natura.
Indubbiamente nel 2018 il numero di scoperte precliniche su CRISPR continuerà ad accelerare, così come il ventaglio di possibili applicazioni a nuove situazioni. La ricerca preclinica continuerà a farla da padrone, anche se in maniera meno appariscente rispetto alle applicazioni negli esseri umani. Ma saranno forse gli ostacoli da aggirare a marcare la via del futuro di CRISPR nel medio periodo.