Tecnología

La guida di Motherboard agli usi più impensabili della bomba atomica

Nel 1946, pochi mesi dopo che le bombe atomiche colpirono Hiroshima e Nagasaki, il New York Times pubblicò “ One World or None. A Report to the Public on the Full Meaning of the Atomic Bomb“. Il volume raccoglieva i dubbi e le riflessioni di molti degli scienziati che avevano contribuito alla sviluppo della tecnologia nucleare. Lo scopo del libro era comunicare ai lettori americani la portata di una simile scoperta, le sue implicazioni e i suoi rischi.

Nell’agosto dello stesso anno, i due fratelli musicisti Chester e Lester Buchanan, noti come The Buchanan Brothers, fecero uscire il brano “Atomic Bomb” che in poco tempo raggiunse la top ten dei singoli più venduti negli Stati Uniti. Era l’inizio di quella che il giornalista William Leonard Laurence definì “l’Era Atomica”.

Videos by VICE

Il nucleare rappresentava la strada verso un promettente futuro caratterizzato da grandi scoperte tecnologiche ed era circondato da un’aura di positività e fiducia. “È un dono di Dio,” dichiarò l’allora Presidente Harry Truman durante un comunicato televisivo alla nazione all’indomani della resa giapponese.

Pochi anni e qualche decina di test nucleari dopo, nel 1953, il suo successore Dwight Eisenhower espresse la volontà di utilizzare l’energia atomica anche per scopi civili. Non si dovette attendere molto. Nel 1958, l’Atomic Energy Commission diede il via all’Operazione Plowshare, con l’intento di esplorare i limiti e le potenzialità delle esplosioni nucleari per la creazione di bacini acquiferi, per gli scavi minerari e per l’estrazione di combustibili fossili nel sottosuolo. Era l’apice dell’Era Atomica.

Proprio nel 1958, la Ford Motor Company presentò il prototipo del suo modello più ambizioso: la Ford Nucleon, un’auto con motore alimentato da un piccolo reattore nucleare che, secondo l’intento dei progettisti, sarebbe stato facilmente sostituibile in ogni stazione di servizio d’America una volta esaurite le batterie.

Giudicare il prototipo degli ingegneri della Ford come un esperimento bizzarro non aiuta, però, a capire un contesto dove la volontà di potenza e la tensione verso un futuro ideale erano parte di un sentimento popolare diffuso. È questa la cornice in cui vanno inseriti alcuni dei propositi più audaci di utilizzo della bomba nucleare.

1. Ford Nucleon - Ford Motor Company.jpg

Il prototipo della Ford Nucleon. Crediti: Ford Motor Company

Alcuni vennero messi in pratica, altri fortunatamente rimasero solo sulla carta come nel caso del Progetto Chariot, parte dell’Operazione Plowshare, per la costruzione di un porto artificiale a Cape Thompson, nella parte settentrionale dell’Alaska. Due bombe da 200 chilotoni cadauna avrebbero formato il bacino idrico che sarebbe stato in seguito collegato al mare da un canale scavato tramite altre due esplosioni meno potenti.

Il progetto venne ideato e promosso da Edward Teller, fisico teorico, cofondatore del Lawrence Livermore National Laboratory, padre della bomba a idrogeno e figura chiave per le politiche nucleari americane del secondo dopoguerra. Teller non riuscì a convincere le autorità locali dei benefici economici che sarebbero potuti derivare da un’opera del genere. D’altronde, il porto sarebbe stato raggiungibile per soli tre mesi all’anno e le modalità per costruirlo avrebbero messo a rischio la salute della piccola comunità di eschimesi stanziati nel villaggio di Point Hope, avvisati degli intenti della Atomic Energy Commission solo nel 1960. Il Progetto Chariot venne accantonato nel 1962.

L’operazione avrebbe rappresentato la prova generale per un piano ben più ambizioso: la costruzione di un secondo canale di Panama più ampio, con un percorso mai definito del tutto, che sarebbe stato realizzato attraverso 27 esplosioni nucleari. I governi che avrebbero dovuto essere coinvolti — Panama, Colombia e Nicaragua — rifiutarono di dare il via ai lavori che avrebbero portato alla costruzione del Pan-Atomic Canal.

2. Progetto Chariot -Lawrence Livermore National Laboratory.jpg

Studio per l’utilizzo di cinque bombe termonucleari per la realizzazione del porto artificiale di Cape Thompson, in Alaska. Crediti: Lawrence Livermore National Laboratory.

Sempre nel 1958, venne inaugurato il Progetto Cauldron, poi rinominato Progetto Oilsands, con l’obiettivo di fare esplodere un centinaio di bombe nucleari sotto terra nella vasta area di sabbie bituminose di Athabasca, nello stato dell’Alberta, in Canada. I giacimenti di petrolio canadesi sono ricchissimi e in base agli studi preliminari del progetto, anch’esso parte dell’Operazione Plowshare, il calore e la pressione generate dalle esplosioni avrebbero fatto ribollire i depositi bituminosi, riducendo la viscosità e rendendo agevole l’estrazione.

Il progetto era sulla buona strada per essere portato a termine. I responsabili avevano raccolto i dati sul rischio di contaminazione dell’acqua e dell’aria durante alcuni precedenti test sotterranei. Nonostante ciò, l’allora Primo Ministro del Canada John Diefenbaker ruppe gli accordi con la Richfield Oil Corporation, la società di estrazioni petrolifere che per prima aveva lanciato l’iniziativa. Il progetto venne abbandonato nell’aprile del 1962.

3. Progetto Cauldron.png

Mappa del sito designato per lo svolgersi delle operazioni del Progetto Cauldron. Crediti: Carrigy, M.A., ed. Athabasca Oil Sands–The Karl A. Clark Volume. Edmonton: Research Council of Alberta, 1963.

La prima bomba dell’Operazione Plowshare, invece, venne fatta esplodere solo il 10 dicembre 1961 nel sudest del New Mexico, a circa 40 chilometri dalla cittadina di Carlsbad. Il test venne condotto sotto il nome di Progetto Gnome e l’idea alla base era che detonare un ordigno nucleare sottoterra, in un giacimento di sale, avrebbe generato sufficiente calore da convertire in energia elettrica. Le cose non andarono esattamente come previsto. Pochi minuti dopo l’esplosione, il personale che stava seguendo le operazioni vide uscire dalla cavità del giacimento una nube di fumo radioattivo. Secondo i calcoli, l’apertura si sarebbe dovuta sigillare proprio a seguito del test ma ciò non avvenne. Il territorio venne contaminato e fu necessario chiudere le strade che collegavano le località di Carlsbad e Artesia.

4. Progetto Gnome.jpg

Piccolo monumento collocato sul luogo dell’esplosione nucleare parte del Progetto Gnome. CC BY-SA 3.0.

Il successivo test, noto come esperimento Storax Sedan, venne eseguito a 150 chilometri da Las Vegas il 6 luglio 1962. L’ordigno, otto volte più potente della bomba di Hiroshima, venne fatto esplodere a poco meno di 200 metri sotto terra e produsse il più grande cratere artificiale degli Stati Uniti, profondo 100 metri e largo 380. La nube radioattiva che si sprigionò si divise in due pennacchi che sorvolarono, spinti dal vento, Nebraska, South Dakota e Illinois. Il fallout produsse il 7% del totale delle radiazioni ricadute sulla popolazione americana in quell’anno e oggi il cratere è un luogo d’interesse storico visitato dai turisti.

A questo test si deve l’unico risultato tangibile dell’Operazione: dall’osservazione del terreno plasmato dall’esplosione i geologi intuirono che il grande Cratere di Barringer, in Arizona, era il risultato dell’impatto di un meteorite e non di un’eruzione vulcanica.

L’intera Operazione Plowshare si concluse nel 1977, dopo 27 test nucleari che non produssero i risultati sperati e non portarono ad alcuna delle applicazioni pratiche previste in origine.

5. Sedan.jpg

Alcuni visitatori osservano il cratere lasciato dall’esplosione della bomba del progetto Storax Sedan. Crediti: DON PLOKE/ LAS VEGAS SUN

L’equivalente sovietico dell’Operazione Plowshare ebbe esito e durata diversi. Tra il 1965 e il 1988, vennero eseguiti 239 test nucleari, parte delle operazioni a lungo termine Program n°6 e Program n°7 “Esplosioni Nucleari Pacifiche per l’Economia Nazionale”. Gli obiettivi erano del tutto simili a quelli americani, con l’eccezione che alcune delle bombe fatte esplodere non costituirono dei test ma furono vere e proprie applicazioni.

L’esplosione nucleare più eclatante fu senza dubbio quella passata alla storia con il nome di Chagan, avvenuta il 15 gennaio 1965 sul letto asciutto del fiume Chagan, nell’odierno Kazakistan. La bomba creò un lago artificiale, largo più di 400 metri e profondo 100, tutt’oggi così radioattivo da essere chiamato “Lago Atomico”. È impressionante guardare i video della televisione pubblica sovietica che pubblicizzavano i vantaggi derivati da una simile impresa. In uno di essi si osserva un tecnico mentre nuota placidamente nelle acque del nuovo lago ricavato da un’esplosione che fece registrare una radioattività superiore alla norma addirittura nei cieli del Giappone.

6. Chagan.jpg

Immagine satellitare del lago Chagan. Crediti: Google Maps

La catastrofe venne sfiorata in due occasioni. La prima a causa del test denominato Globus-1, avvenuto il 19 settembre 1971 vicino alla città di Kineshima, nella Russia Europea. Nonostante si trattasse di un’esplosione sotterranea ci fu un rilascio di gas radioattivo che contaminò un’area di due chilometri densamente popolata. La seconda in seguito al test Kraton-3, avvenuto a Vilyuy, in Jacuzia, nel 1978. La bomba avrebbe dovuto rivoltare e rendere più agevole un terreno in cui si supponeva trovarsi una grande quantità di diamanti ma si rivelò un fallimento. Il personale che seguì l’operazione trovò scarsissime tracce del prezioso minerale ma, in compenso, i bacini d’acqua della zona vennero contaminati senza rimedio.

Solo nel 1989 l’Unione Sovietica adottò la moratoria unilaterale sui test nucleari e concluse ufficialmente il programma.

7. Cartello di pericolo.jpg

Avviso di pericolo vicino al luogo dell’esplosione di Globus-1. Crediti: Chastnik.ru

La scarsa consapevolezza dell’impatto del nucleare sull’ambiente e sulla salute fece sì che il suo utilizzo venisse considerato anche per i propositi più avventurosi. Nel 1959, Jack W. Reed, meteorologo ai Sandia National Laboratories, che si occupano di questioni di sicurezza nazionale per conto della National Nuclear Security Administration, presentò uno studio intitolato “Some Speculations on the Effects of Nuclear Explosions on Hurricanes”. Perché non difendere la popolazione dagli uragani semplicemente bombardandoli?

Reed teorizzò che un’esplosione nucleare nell’occhio del ciclone avrebbe fatto in modo che la sua intensità diminuisse, sventando così ogni pericolo. Nessuno diede particolare credito alla trovata del meteorologo americano ma sul portale della National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) è possibile leggere un comunicato in cui viene spiegato il perché un bombardamento nucleare nei confronti di un uragano sarebbe una pessima soluzione con conseguenze terribili. Tutt’oggi, infatti, ogni volta che un uragano si abbatte sugli Stati Uniti, l’idea di fare esplodere un ordigno nucleare per dissolvere la tempesta torna in auge.

La bomba atomica costituiva un mezzo innovativo per plasmare e modificare l’ambiente e la natura e, in alcuni casi, per farla fiorire. È il caso dell’iniziativa dalla Lahmeyer International, importante società ingegneristica della Germania Occidentale, che nel 1979 propose di portare l’acqua nientemeno che nel deserto egiziano grazie alla potenza del nucleare.

L’idea di creare un lago nella Depressione di Qattara, nell’Egitto nord-occidentale, risaliva ai primi anni del ‘900, ma le nuove possibilità offerte dall’atomica spinsero gli ingegneri tedeschi a presentare uno studio di fattibilità di quella che sarebbe potuta essere una delle opere ingegneristiche più ambiziose, colossali e pericolose mai realizzate.

Il progetto prevedeva di inondare un’area desertica di 8000 chilometri quadrati con l’acqua salata fatta affluire direttamente dal Mar Mediterraneo tramite un canale artificiale costruito grazie all’esplosione di circa 200 bombe all’idrogeno. Gli ingegneri della Lahmeyer International proposero di costruire un sistema complesso per la produzione di energia idroelettrica ma, oltre all’evacuazione permanente di 25.000 persone, esso avrebbe comportato un costo esorbitante: 1 miliardo e 200 milioni di dollari. L’allora presidente egiziano Anwar el-Sadat declinò l’offerta.

Schermata 2017-04-19 alle 09.42.01.png

Studio per la realizzazione del canale artificiale dal deserto al Mar Mediterraneo. Crediti: A Short History of Nuclear Folly di Rudolph Herzog.

Nel 2010 avvenne il disastro ambientale della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon, il più grave nella storia degli Stati Uniti. La piattaforma, costruita a 80 chilometri dalle coste della Louisiana, nel Golfo del Messico, si rovesciò e affondò sul fondale, a 400 metri di profondità. Dal ricco giacimento sottomarino una enorme quantità di petrolio iniziò a riversarsi in mare senza alcun controllo. Furono avanzate molte proposte per arginare la falla.

La più discutibile fu quella del consulente finanziario ed esperto in materia di energia Matt Simmons, riportata da Bloomberg News. La soluzione di Simmons si ispirava alle imprese compiute in Unione Sovietica con il piano Esplosioni Nucleari Pacifiche per l’Economia Nazionale: un ordigno nucleare fatto esplodere sul fondale marino in prossimità della falla avrebbe generato sufficiente calore da sciogliere la roccia e sigillare così il punto di fuoriuscita del petrolio. La proposta venne subito scartata: il rischio di peggiorare la situazione con l’aggravante di una sicura contaminazione radioattiva dell’acqua convinse l’amministrazione di Barack Obama a cercare altre soluzioni.

I propositi per l’uso della bomba atomica travalicarono anche i confini del Pianeta Terra. Project A119 era il nome del leggendario piano top-secret presentato nel 1958 dall’esercito degli Stati Uniti: il proposito era quello di lanciare sulla Luna una bomba atomica così potente da far sì che l’esplosione fosse visibile anche da Terra.

Gli Stati Uniti, superati temporaneamente dall’Unione Sovietica nella Corsa allo Spazio, avevano la necessità di riaffermare la propria superiorità militare e tecnologica. I vertici dell’esercito affidarono il compito di redigere uno studio di fattibilità a Leonard Reiffel, fisico all’Illinois Institute of Technology’s Armour Research Foundation che, dal 1949, studiava gli effetti e le possibili applicazioni delle esplosioni nucleari sulla superficie lunare.

Il Progetto A119 si sarebbe risolto in una mera dimostrazione di forza dal costo esorbitante e dai rischi colossali, elementi sufficienti per far sì che venisse abbandonato. Se la bomba fosse sfortunatamente esplosa in volo le radiazioni avrebbero reso il pianeta Terra inabitabile.

o-SECRET-PLAN-NUKE-MOON-facebook.jpg

Studio per voli lunari a scopo di ricerca. Uno studio di fattibilità del progetto A119.

Se il progetto americano di esplosioni atomiche lunari è cosa nota per gli esperti in materia, complice la presenza di un giovane Carl Sagan nel team a cui era stato commissionato lo studio di fattibilità, lo stesso non si può dire dell’equivalente sovietico: il Progetto E-4. Voci e dicerie in proposito si sprecano. Secondo alcuni reportage occidentali dell’epoca, l’Unione Sovietica era pronta a bombardare la Luna, scavando un cratere a forma di stella (rossa) così grande da essere visibile in eterno da tutti gli abitanti della Terra.

Nonostante ciò, è probabile che un eventuale premio per la proposta più audace di uso del nucleare dovrebbe essere assegnato a Fritz Zwicky, astronomo americano di origine svizzera che, nel 1961, illustrò il suo piano di colonizzazione umana del Sistema Solare.

I pianeti inabitabili a causa della loro posizione troppo vicina o lontana dal Sole si sarebbero potuti spostare tramite alcune esplosioni nucleari estremamente potenti. Le bombe avrebbero ricollocato i pianeti su delle orbite tali da favorirne l’abitabilità. Come se non bastasse, sempre con le bombe nucleari, si sarebbe potuto intervenire per modificare le atmosfere ostili alla vita e per dare il via a una vera e propria opera di terraforming con la creazione di dighe, laghi e canali. Col tempo le radiazioni si sarebbero dissipate, lasciando spazio a un ambiente confortevole e pronto per l’arrivo dell’essere umano.

Grazie al Trattato di non proliferazione nucleare (TNP), firmato da 189 nazioni, e agli accordi START sottoscritti da Stati Uniti e Russia – il più recente è il New STrategic Arms Reduction Treaty (New START) del 2010 – le possibilità di uso, effettivo o millantato, della bomba nucleare sono state limitate con forza.

Nonostante ciò India e Pakistan, due stati che non hanno mai firmato il TNP, insistono nella loro personale corsa al riarmo nucleare, mentre la Corea del Nord prosegue i test sul suo territorio con esiti discutibili.

Nel frattempo la posizione in merito di Stati Uniti e Russia appare così ambigua che, per descriverla, alcuni hanno rispolverato il concetto di Distruzione Mutua Assicurata – la teoria secondo cui ogni utilizzo di ordigni nucleari da parte di uno degli opposti schieramenti finirebbe nella distruzione sia dell’attaccante che dell’attaccato. Di recente, infatti, le due superpotenze hanno manifestato l’intenzione di rafforzare il loro arsenale nucleare in maniera così esplicita come non capitava da anni. Non è ancora chiaro chi sia, oggi, il nemico.