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La rete Bitcoin potrebbe consumare l’energia della Danimarca entro il 2020

Sono un appassionato ricercatore ambientale e da qualche tempo a questa parte adoro anche i bitcoin.

Queste due passioni, però, rischiano di contraddirsi tra loro, come precedentemente spiegato su Motherboard da Christopher Malmo. Infatti, i bitcoin richiedono un sacco di energia per essere prodotti: Malmo aveva calcolato che una singola transazione bitcoin richiedeva tanta elettricità quanto il consumo giornaliero di una famiglia americana e mezzo—da allora quel numero non ha fatto altro che crescere. “Adottare i bitcoin come valuta tradizionale oggi o nei prossimi decenni,” viene spiegato, “potrebbe incrementare il cambiamento climatico antropogenico fino a quando sarà troppo tardi a causa dell’aumento continuo del consumo elettrico.”

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Visto che sono piuttosto esperto nello studio di scenari energetici in via di sviluppo, ho voluto capire l’evoluzione futura della questione. Le scoperte che ho fatto non sono state particolarmente incoraggianti. Secondo i miei calcoli, se la rete bitcoin continuerà a espandersi ai ritmi attuali, nel 2020 potrebbe portare a un consumo di energia elettrica continuo che si situerebbe tra la produzione di una piccola centrale elettrica e il consumo totale di un paese come la Danimarca.

Come si stabilisce il consumo di energia elettrica della rete bitcoin?

Cominciamo dalle basi. Le transazioni bitcoin sono verificate e processate da un network decentralizzato di volontari che solitamente ospitano l’hardware—chiamato “hashes”—dedicato allo svolgimento dei calcoli e a trovare le soluzioni a complessi algoritmi matematici in cambio di bitcoin nuovi di zecca.

Questa rete di cosiddetti ‘minatori’ assicura la sicurezza del sistema, ma sfortunatamente consuma moltissima elettricità—al momento circa 350 megawatt, secondo i miei calcoli, ovvero più o meno il fabbisogno di 280.000 famiglie americane.

L’efficienza dell’hardware per il mining

Ho preso in considerazione il numero di macchine per il mining operative (misurato l’hashrate numerico degli hashes per secondo), e l’efficienza dell’hardware (che può essere misurato in Joules per hash).

L’intera rete di mining bitcoin al momento ha una potenza di calcolo di oltre 800 petahashes per secondo, che richiede circa 10.000 tonnellate di hardware, considerando che anche le macchine più recenti pesano almeno 12 chilogrammi ciascuna (circa 15 grammi per GHash/sec. in media come potete capire dal grafico qui sotto). Una quantità di materiale sufficiente per costruire la Torre Eiffel.*

All’inizio del fenomeno bitcoin, i minatori sfruttavano un laptop o un computer qualsiasi per generare bitcoin. Mentre generare i bitcoin diventava più difficoltoso—cifra caratteristica del design della valuta—i miner aggiornavano le loro macchine con hardware sempre più sofisticato. Lo stato dell’arte, in questo caso, sono i chip dedicati per il bitcoin mining (chiamati application specific integrated circuits, o ASICs). Gli ASICs sono sul mercato da solo 3 anni, quindi non abbiamo a disposizione una forbice abbastanza larga per valutare con cura l’evoluzione delle loro caratteristiche e performance.

Diamo un’occhiata all’efficienza nel corso del tempo di questi miner muniti di ASIC. Ho preso una tabella comparativa di diversi hardware per il bitcoin mining a cui ho aggiunto una manciata di miner per conto mio e ho verificato la loro messa sul mercato grazie a diverse fonti (specifiche dell’azienda, post sui blog e le prime recensioni…). Dopo aver escluso quelli che non sono mai arrivati effettivamente ai consumatori e alcuni dei primi miner ASIC estremamente inefficienti, mi sono ritrovato con una lista di 53 tipi diversi di miner bitcoin. A quel punto, ho paragonato la loro efficienza alla loro data di messa sul mercato, come potete vedere qui sotto.

Ancora, ho escluso i miner USB (i quadrati rossi) da ogni analisi di trend, perché a prescindere dalla loro elevata efficienza, il loro prezzo di acquisto (per hash) è generalmente molto più alto di quello degli altri miner, talmente alto che da non contribuire probabilmente in maniera significativa all’hashrate totale dell’intera rete bitcoin.

La definizione di una curva di tendenza per i restanti 46 miner è stata eseguita attraverso due tecniche distinte, per rappresentare più ottimiste o pessimiste dei futuri sviluppi della tecnologia.

La proiezione più pessimista è basata sulla media di tutti i miner ASIC (i punti blu) e ha la forma di un’equazione di potenza: parte con un maggiore consumo di elettricità che tende verso una maggiore efficienza e infine porta a una proiezione di consumo elettrico per hash leggermente più alta rispetto alle previsioni ottimistiche. Per calcolare queste ultime, mi sono basato su una linea di tendenza prodotta partendo esclusivamente dalle macchine più efficienti presenti sul mercato (indicata da una linea nera, nel grafico) e ho previsto una diminuzione esponenziale del consumo elettrico per hash—ipotesi che effettivamente calza a pennello coi dati e porta ad un’efficienza sul lungo termine ancora più maggiore.

Questi grafici regalano uno sguardo al futuro che deve ancora venire e sono basati solo sull’efficienza delle macchine più recenti, quindi non rappresentano l’efficienza effettiva dell’attuale network bitcoin, la quale dipende ancora in parte dall’efficienza di macchine più vecchie e obsolete. Per approssimare l’effettiva efficienza dell’intero network ho supposto che la crescita dell’hashrate determinasse la quantità di macchine per mining nuove installate ogni mese, in seguito, ho calcolato la media ponderata su un periodo di tre o cinque anni per rappresentare l’efficienza dell’intero insieme di hardware dedicato ai bitcoin, sia in senso ottimistico che in senso pessimistico. Le curve risultanti di consumo elettrico per hash nuovo ed effettivo si trovano qui sotto.

Il mio tormento personale nel dividermi tra l’attenzione ai problemi ambientali e la mia passione per i bitcoin si è in qualche modo affievolito dopo aver visualizzato questi risultati iniziali. Apparentemente, gli avanzamenti tecnologici dei produttori di chip e hardware assicurano che in futuro i miner diventeranno tre volte più efficienti. Potevo continuare a gasarmi senza sentirmi in colpa, giusto?

Sapendo che l’efficienza dei miner era solo una parte dell’equazione, è stata l’altra parte ad infestare i miei incubi. Con l’aumento dell’utilizzo dei bitcoin, l’hashrate totale del network bitcoin crescierà a una velocità tale da surclassare l’aumento in efficienza dei miner? Il consumo energetico totale continuerà a crescere?

La popolarità dei bitcoin

Per completare il quadro e rispondere alla domanda, ho fatto delle ricerche sullo sviluppo storico dell’hashrate mensile su blockchain.info. Dall’introduzione del primo hardware di mining ASIC nel gennaio 2013, la crescita mensile dell’hashrate del network è rientrata nella media di un assurdo 37 percento. Se usiamo questo numero come referenza per i prossimi anni, la rete bitcoin richiederà più elettricità di quanta ne verrà prodotta globalmente nel 2016 (ebbene sì, ecco a quanto ammonterà a dicembre di quest’anno, al di là delle stime sull’efficienza nel mining).

Non poteva essere corretto. Il prezzo dei bitcoin stava aumentando rapidamente nel 2013, sfiorando i 1.000 dollari a pezzo a fine 2013 e poi a inizio 2014. Questa scalata dei prezzi sembrava un’anomalia generata dall’hype per la tecnologia, quindi non mi è sembrato accurato usarla per prevedere la crescita dell’hashrate. Dovevo trovare delle stime più realistiche.

Come si può vedere nel grafico sotto, il picco di crescita nell’hashrate è generato principalmente nel primo periodo dell’introduzione del mining ASIC, quindi ponderare sulla base della crescita più modesta degli ultimi mesi dovrebbe fornire un’indicazione più bilanciata sulle prospettive di crescita.

Ho applicato due tassi di crescita agli attuali 800 Peta hash per secondo, uno più ottimista e definito dal tasso di crescita medio del network nel 12 mesi con la crescita più bassa dall’introduzione dei miner ASIC (la parte coperta dal quadrato blu, nei fatti un periodo con un tasso di crescita del prezzo piatto o in abbassamento), questo mi ha restituito un tasso di crescita del 5 percento ogni mese.

L’altro tasso di crescita è più pessimistico (per l’ambiente, non per la sicurezza del network) ed è basato su un lasso di tempo che include i tre mesi precedenti e successivi a questi 12 mesi (il quadrato blu più grande), e che portano a un tasso di crescita mensile del 12 percento.

Ovviamente, questi tassi di crescita sono decisamente improbabili e sono sempre collegati a doppio filo con il prezzo dei bitcoin, dal momento che i miner continueranno a iniettare potenza procedurale (hashpower) nel sistema fintanto che il bitcoin continuerà a essere vantaggioso. In ogni caso, il prezzo dei bitcoin è così volatile che è praticamente impossibile predirlo. Per questo, ho usato il tasso di crescita storico in hashrate di cui ho parlato prima in maniera conservativa (5 percento) e più audace (12 percento) per formulare una stima di crescita per gli anni a venire.

La ‘block reward’

Due altri fattori che potrebbero influenzare i tassi di crescita dell’hashrate totale del network sono le dimensioni del bitcoin block e il dimezzamento della block-reward in bitcoin previsto per questa estate. Non ho tenuto in conto le possibili conseguenze del dibattito sulla dimensione dei bitcoin block, visto che le discussioni sono ancora in corso e il loro risultato è imprevedibile. In ogni caso, il dimezzamento del block-reward è una cifra caratteristica del design del sistema bitcoin, basata sull’idea che, a lungo andare, le tasse per le transazioni in bitcoin rischino di diventare il motivo principale per il mining, anche se potrebbero avere gravi conseguenze per il consumo di energia.

In ogni caso, gli effetti sul lungo termine di questo dimezzamento sull’hasrate totale sono ancora sconosciuti. Alcuni affermano che ridurre la bitcoin-reward potrebbe ridurre gli incentivi che convincono i miner a mettere a disposizione le loro macchine per il mining; ciò potrebbe condurre a una estrema diminuzione dell’attività di mining (definita da alcuni “mining gap”) visto che i costi per il consumo elettrico renderebbero l’estrazione di bitcoin non proficua e quindi a un nuovo innalzamento del valore del bitcoin.

Altri affermano che il dimezzamento delle mining reward porterà a un aumento della carenza di bitcoin, quindi a un rapido incremento del valore dei bitcoin e ad un ulteriore crescita dell’hashrate totale, subito dopo il gap. Ancora, è impossibile dire chi abbia ragione. Ma per dare conto della diminuzione del block reward, ho pensato che l’hashrate avrebbe smesso di crescere o si sarebbe stabilizzato nei sei mesi successivi al dimezzamento del block reward (ottimisticamente parlando) o avrebbe continuato a crescere come ha sempre fatto (pessimisticamente parlando).

Due scenari

Grazie alla combinazioni ottimistiche e pessimistiche delle proiezioni sul consumo di energia elettrica per la rete bitcoin, siamo stati capaci di sviluppare due scenari profondamente diversi su come potrà evolversi il mondo dei bitcoin. Quale sarà l’impatto ambientale generato dai bitcoin nel gennaio 2020 tanto per fare un esempio? La tabella qui sotto riassume tutte le premesse che abbiamo formulato e fornisce alcune indicazioni su consumo di energia elettrica previsto per la rete bitcoin.

I risultati mostrano come nello scenario ottimistico, l’aumento di consumo di energia elettrica della rete bitcoin, paragonato a quello attuale, non sia particolarmente scioccante: da circa 350 MW si passerebbe a 417 MW, ma si tratterebbero ancora di proporzioni pari a quelle di una piccola centrale elettrica. Se le cose si svilupperanno in altro modo, invece, la rete bitcoin potrebbe arrivare a prosciugare 14 Gigawatt di energia elettrica entro il 2020, equivalente al totale dell’energia consumata da una piccola nazione, come la Danimarca, ad esempio.

Non si tratta in nessun modo di un’analisi omnicomprensiva e i nostri numeri vanno presi con le pinze, ma la conclusione è importante: se la rete di miner bitcoin continuerà a espandersi in questa maniera, l’incremento dell’efficienza delle macchine per il mining sarà probabilmente compensato e ci lascerà con un margine di crescita basso o un’esplosione nel consumo totale di energia.

Anche nello scenario ottimista, l’estrazione di un singolo bitcoin nel 2020 richiederebbe addirittura 5.500 kWh o più meno la metà dell’energia elettrica consumata da un’intera famiglia americana in un anno. Anche dando per scontato che a quel punto solo la metà dell’energia elettrica verrebbe generata da combustibili fossili, la rete di mining bitcoin emetterebbe comunque oltre 4.000kg di diossido di carbonio. Numeri di questo tipo portano a chiedersi: possiamo definire ancora “virtuale” una valuta con un impatto ambientale simile?

Personalmente, non mi sono ancora arreso all’idea che una rete distribuita di transazioni possa risultare non sostenibile, ma sicuramente una ristrutturazione radicale per renderla meno impattante sull’ambiente si rivelerebbe di grande aiuto. Una soluzione potrebbe essere un sistema in cui tutti i miner sono ricompensati per il loro surplus di potenza procedurale promesso, ma l’effettivo processo di hashing è eseguito solamente da qualche migliaio di CPU selezionate casualmente e in continuo ricambio. Potremmo fermare per un attimo questa corsa senza fine alla potenza procedurale, trovare modo di sfruttare in maniera intelligente anche le macchine meno moderne e usare le restanti per costruire un totem arrugginito in onore di Satoshi Nakamoto.

*Il punto di partenza dei miei calcoli è l’hashrate totale della rete bitcoin nel periodo di tempo riportato da blockchain.info. È il titolo di tutti i pool e i nodi—oltre 800 petahash al secondo, al momento. Oltre che raccogliere informazioni sulla data di uscita dei miner, ho anche annotato il loro peso in chilogrammi quando disponibile. Quindi, basandomi sulla media di 32 macchine uscite dopo il marzo 2014 (escludendo quindi le più vecchie) ho calcolato un peso medio di 15 grammi per GHash / secondo. Questo significherebbe che per ottenere quei 800 petahash al secondo servirebbero 12.000 tonnellate di hardware, poco più delle 10.000 della Torre Eiffel.