I social network sono un mondo infame. Ogni singolo contenuto creato per vivere su Facebook, Twitter o Tumblr è accomunato da una caratteristica comune: deve essere social. Non so se voi abbiate mai gestito un progetto con base esclusivamente sui social; io sì, e fidatevi, è molto più difficile di quanto sembri.
Quando si tratta di pensare a contenuti che devono vivere sul web e hanno come priorità il diventare virali i problemi sono davvero innumerevoli. Il primo, e più importante di tutti, è che l’ingrediente fondamentale per qualcosa di viral sono le persone, e le persone, incredibile dictu, sono molto meno stupide di quanto si possa pensare e giudicheranno con tutto lo spirito critico possibile immaginabile qualunque azione voi compiate sui social.
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I contenuti virali perfetti quindi viaggiano sulla sottile linea che divide la diplomazia nei confronti delle persone (ovvero, cercare sempre di mettere d’accordo quante più persone possibili) dalla necessità di creare contenuti abbastanza brillanti da attirare l’attenzione (ovvero, se il tuo contenuto è talmente diplomatico e sciapo da non suscitare interesse in alcun modo, non diventerà mai virale).
Ora pensate a queste premesse, e aggiungete al minestrone uno degli argomenti più ostici e spigolosi esistenti: la scienza. Il mix di tutti questi punti di partenza genera sintomi simili a quelli di un infarto nella maggior parte della popolazione vivente, ma qualcuno ne è evidentemente immune visto che il figlio di ‘viral’ e ‘scienza’ esiste, è italiano ed è oltremodo coatto.
“Ce stanno modi e modi de parlà de scienza. Noi c’avemo quello giusto”
La Scienza Coatta è una pagina Facebook che nasce il 28 febbraio di quest’anno, il suo slogan è “ce stanno modi e modi de parlà de scienza. Noi c’avemo quello giusto,” la sua redazione è composta da Mac Gyver, Iron Man e Bruce Willis, Doc di Ritorno al Futuro e John Nash in A Beautiful Mind. Annovera tra le ‘correlate’ pagine del calibro di “Nikola #FuckEdison Tesla” e “L’arte spiegata ai truzzi.”
Ciò che fanno è banalmente complicatissimo, perché fare ridere su internet è un’arte sopraffina riservata a pochi. Saper mischiare riferimenti a un immaginario collettivo, originalità nei contenuti e una coerenza di fondo è ben più complicato di quanto sembri, ma i ragazzi di Scienza Coatta devono aver compreso la formula, e la stanno proponendo nel migliore dei modi.
Nun ve basta? Pijateve questa.
In pochi mesi si sono guadagnati un seguito di tutto rispetto portando avanti un modo alternativo di fare divulgazione scientifica. Fanno ridere, lo fanno in maniera intelligente e con il loro scoattare sdoganano la noiosa coltre di marzialità che pesa sulla scienza, che spesso e volentieri fa più brutto che le gang di Compton. Non potevo fare altro che tentare di carpire il loro segreto, così li ho contattati per farci due chiacchiere.
Il romanaccio è una lingua a parte, una stele di Rosetta universale che da qualche anno a questa parte sembra mettere tutti d’accordo nel web italiano. Il dubbio quindi che il fare brutto de La Scienza Coatta non sia madrelingua è comprensibile, “La redazione di LSC è composta di tre persone. Due di loro sono romani de Roma. L’altro è un pugliese trapiantato nella capitale da più di dieci anni,” premettono Letizia, Paolo e Alessandro.
“Naturalmente, non siamo i primi a scoprire la potenza del romanaccio per comunicare divertendo. È stato ampiamente sdoganato tempo fa: pensiamo per esempio a fenomeni e personaggi che hanno riscosso grande successo come Boris, The Pills e Zoro, famosi in tutta Italia e che hanno elevato a universali, in un certo senso, meccanismi linguistici e umoristici che possono funzionare solo in romanaccio. Espressioni come «Sei mejo te» o «bucio de culo» sono praticamente intraducibili, eppure sono ormai comprese da tutti (e infatti, per quanto la nostra base di fan sia naturalmente Roma-centrica, ci seguono anche da Milano, Torino, Bologna, etc.),” mi raccontano.
Bisognerebbe interrogarsi sul modo più corretto di fare divulgazione sui social.
Abbiamo poi parlato di un argomento piuttosto spinoso, ovvero lo stato della divulgazione scientifica in Italia. I palinsesti TV negli ultimi anni si sono ritrovati massacrati, e l’ultimo baluardo rimasto ancora in piedi nell’immaginario collettivo è quello rappresentato dalla famiglia Angela che però, per quanto eccelsa, è destinata presto o tardi a scomparire. Su internet le fonti sono spesso troppe e per chi non ha sufficiente dimestichezza con quella arcana disciplina chiamata fact-checking informarsi sul web rischia di essere una vera e propria carneficina, tra complotti, giornalismo scientifico alla mercé dei click o semplici fenomeni da baraccone sensazionalisti. Date queste premesse, la divulgazione scientifica può passare per i social?
“Qui ci avventuriamo in un campo minato. Lo stato della divulgazione scientifica in Italia è un tema complesso e molto delicato. È addirittura difficile connotare una divulgazione «tradizionale», perché i confini tra comunicazione sulla carta stampata, su testate web specializzate/generaliste e social si fanno sempre più sfumati e indistinti. Più che chiedersi se la divulgazione scientifica possa passare per i social network (sì: deve passare per i social network. La transizione è bell’e completa), bisognerebbe interrogarsi su quale sia il modo più corretto di fare divulgazione su questi canali. Non è una questione di lana caprina.”
Bisogna però imparare a difendersi dalla divulgazione corrotta, quella costruita su fondamenta di interesse personale e quindi nociva per la cultura, “Un’informazione scorretta, soprattutto in campo scientifico e medico, può essere pericolosissima, come ci hanno insegnato i vari di Bella, Zamboni e – in tempi più recenti – Vannoni. D’altronde, abbiamo visto che i modelli di comunicazione «tradizionale» spesso falliscono nel proprio obiettivo (è inutile parlare di «doppio cieco» o «peer review» se nessuno ne conosce il significato) e vengono surclassati da modelli che fanno leva, in buona o cattiva fede, su empatia e sensazionalismo (vedi, per esempio, i servizi de Le Iene sul caso Stamina o sulla correlazione tra alimentazione e tumori). Nel nostro piccolo, cerchiamo di divertire e solleticare la curiosità senza far torto all’accademia e senza ricadere in facili populismi e demagogie.”
All’estero però la situazione non è esattamente analoga. Nei paesi anglofoni il confine che divide la divulgazione “giusta” da quella “sbagliata” è molto più sottile; all’estero la scienza ha molto più appeal e il concetto di nerd negli ultimi anni ha faticosamente risalito la classifica dei “modelli sociali accettabili,” grazie anche a fenomeni pop come serie tv e film. Pagine con milioni di fan come AsapSCIENCE o I Fucking Love Science propongono spesso e volentieri un tipo di scienza piacente e all’acqua di rose fatta su misura per il proprio pubblico, che spesso ammicca di più all’aspetto, appunto, viral e pop piuttosto che alla divulgazione di un aspetto della cultura.
Certo è che possono senz’altro aumentare la consapevolezza e fornire ai propri lettori un’infarinatura che potrebbe poi renderli capaci di approfondire determinati argomenti, “È un po’ fuorviante per forza di cose. Perché la scienza, in molti suoi aspetti, è intrinsecamente complicata (oltre che coatta), quindi è sempre richiesto un certo grado di semplificazione per venire incontro ai non addetti ai lavori. Da un lato è innegabile che una comunicazione troppo sensazionalistica e “colorita” non dia un’immagine fedele della scienza. Ma si tratta comunque di standard di divulgazione che, se usati in modo oculato, possono dare i loro buoni frutti. Per noi non c’è soddisfazione più grande di ricevere un messaggio da un lettore che si è incuriosito e appassionato a un argomento scientifico leggendo un nostro post o guardando un nostro meme, o che ci dice che riusciamo a trasmettere la natura ‘ignorante’ della scienza.”
“I protoni che vengono accelerati dentro LHC diventano maghine che piottano e se sfragnano. La teoria della probabilità è er sistema più cazzuto pe’ piazzà er picchetto. Galileo, Higgs e Feynman so’ i re degli sgravoni.”
Resta da chiedersi se quello che fa La Scienza Coatta lo potrebbe fare chiunque—ve lo anticipo io: no, non potrebbe farlo chiunque. Quanto è difficile parlare di scienza in maniera coatta? “Non è particolarmente difficile. L’attualità ci offre ogni giorno spunti per raccontare la scienza in modo coatto, sfruttando calembour o analogie con la vita quotidiana (del coatto). I protoni che vengono accelerati dentro LHC diventano maghine che piottano e se sfragnano. La teoria della probabilità è er sistema più cazzuto pe’ piazzà er picchetto. Galileo, Higgs e Feynman so’ i re degli sgravoni,” partono rampanti i tre.
“Ma la coattanza non la portiamo noi nella scienza, c’è già. Molta divulgazione «tradizionale» comincia solo a scoperta avvenuta, con lo scienziato in giacca e cravatta che racconta la verità acquisita. Ma dietro c’è tutto il processo di scoperta, uno sforzo che richiede tante qualità umane: perseveranza, cocciutaggine, confronto libero e diretto, ma soprattutto coattanza. La scienza e gli scienziati sono molto più coatti di quello che facciamo vedere noi. Fleming ha scoperto la penicillina perché aveva studiato, ma anche perché era annato in vacanza e aveva lasciato er labboratorio zozzo. Newton, per capire come funzionava la vista, si infilò un ago nell’occhio senza dire né a né ba. Se stamo a capi’ sì o no?”
La speranza è che questa slancio non si esaurisca in fretta, “con l’aumentare dei fan cercheremo sicuramente di aumentare l’offerta, eventualmente migrando su un blog indipendente da Facebook. A brevissimo proporremo un contest coattissimo con premi altrettanto coatti, che consegneremo a fine maggio, durante l’evento Pint Of Science di Roma, di cui siamo partner,” concludono.
‘Nsomma ai regà de ‘a Scienza Coatta non possiamo fa altro che augurà il mejo, con la genuina speranza che possano continuà a fà gli sgravoni nei secoli dei secoli.