Le vite degli studenti fuorisede nei quartieri più difficili di Napoli

Forcella, Napoli. Tutte le foto di Eleonora d’Angelo.

A Napoli, le sedi delle principali università si trovano nel centro storico. Data la loro vicinanza agli edifici delle facoltà e al basso costo degli affitti, i quartieri popolari sono diventati il luogo in cui abitano molti dei fuorisede della città.

Assieme agli amici che provengono dal resto dell’Italia e che studiano qui, ho imparato nel tempo a conoscere zone come La Sanità, i Quartieri Spagnoli, Forcella, luoghi complessi e difficili da definire, spesso ambigui, sempre conflittuali. Il loro punto di vista mi ha aiutato a comprendere la mia stessa città, così ho deciso di intervistare alcuni di loro, più altri che non conoscevo, per spiegare cosa vuol dire ritrovarsi a vivere da studenti fuorisede in quartieri che hanno spesso una pessima fama.

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GIULIO, 27 ANNI, PIAZZA BELLINI

Giulio viene dalla Liguria, e dopo cinque anni di lavoro a Parigi nell’ambito del marketing di lusso ha abbandonato il lavoro per dedicarsi a un progetto di dottorato in filosofia alla Federico II di Napoli. Abita vicino piazza Bellini, un luogo di ritrovo per tutta la città e uno degli epicentri della vita notturna.

Su un lato della piazza si affiancano i caffè letterari, sull’altro i bar e le birrerie; al centro, tra le palme e le acacie, si apre una grande fossa recintata che contiene un reperto di epoca greca. Ma piazza Bellini è anche lo stesso posto in cui, recentemente, due ragazzi sul motorino non si sono fermati a un posto di blocco, investendo e ferendo gravemente un poliziotto.

VICE: Rispetto alla tua esperienza in altre città, cosa pensi ti abbia lasciato in più o in meno il fatto di vivere e studiare qui?
Giulio: Io ho fatto l’università a Milano, a Copenaghen, Singapore e a Parigi. Ogni città mi ha dato qualcosa, non c’è un paragone possibile. Quello che mi ha dato in più Napoli è la solidarietà. Nelle città globalizzate, nonostante tutti i valori aggiunti, ci si ritrova a dover far fronte alla propria individualità, anziché alla condivisione. Di negativo invece ho notato una tendenza a schivare i problemi, anziché affrontarli. Questo ha fatto di Napoli una città con tanti problemi.

Problemi che vengono genericamente associati anche alla zona in cui vivi, no?
Viviamo in un mondo dominato dagli algoritmi di Google: se uno cerca Napoli, anche impostando la ricerca in francese o in inglese, i risultati sono per la gran parte legati alla criminalità, all’ingiustizia e mettono anche in ridicolo la città, nonostante sia stata fondamentale per la cultura italiana.

In questo quartiere io non mi sono mai sentito minacciato. Siccome fino a dieci anni fa lo stesso posto era effettivamente poco sicuro, l’informazione non si è presa la responsabilità di raccontare come le cose siano cambiate nel corso del tempo. Sono stati fatti degli sforzi, la città è diventata molto più pulita, più sicura.

Qual è il tuo bilancio del tempo che hai passato qui?
Credo di essere venuto qui al momento giusto. Perché è un momento in cui la città si sta svegliando e sta guardando al futuro, anziché glorificarsi di un passato di cui non è neanche responsabile. Ci sono un sacco di giovani nei posti autogestiti, che sono organizzati sempre meglio e sono sempre più autonomi. È una città che è sotto l’occhio della stampa internazionale, ora anche per aspetti positivi. A livello letterario, che piaccia o meno Elena Ferrante è diventata portavoce di Napoli nel mondo. Voglio essere parte di questo cambiamento, pur non essendo napoletano. Sto cercando di creare un centro di ricerca all’istituto filosofico italiano, che ora è in uno stato di grande decadenza.

Qui sotto, altre foto della casa di Giulio e della vista dal suo balcone.

FEDERICA, 25 ANNI, QUARTIERE FORCELLA

Federica si è laureata da poco in filosofia all’Orientale. Viene dall’Abruzzo e da un anno si è trasferita nel quartiere Forcella. Della via che dà il nome alla zona dice: “questa strada ha la forma di una lambda, di una biforcazione, che nella simbologia esoterica greca indica l’apertura verso l’infinito. Riflettendoci è ancora così: la lambda è un simbolo che racchiude anche l’ambiguità, l’assurdità di molte cose che vedo ogni giorno nel quartiere.”

Effettivamente, Forcella è tutt’altro che semplice. I suoi palazzi nobiliari settecenteschi, vasti e scenografici, sono abitati dagli strati popolari della città. E dagli studenti. Fino agli anni Ottanta, la zona è stata una delle roccaforti del contrabbando di sigarette, tanto che resistono ancora oggi le ultime bancarelle. Fino a quel tempo la composizione economico-sociale del quartiere era rimasta abbastanza variegata. Negli anni Ottanta, col passaggio dalle sigarette alla droga e dalle “centomila lire” ai miliardi, Forcella è diventata un luogo sempre più violento, isolandosi fisicamente e socialmente dal corpo della città. Nonostante una progressiva normalizzazione, il quartiere resta un proprio mondo, percepibile nel momento stesso in cui si passa il confine.

VICE: Perché hai scelto di trasferirti a Napoli?
Federica: Tecnicamente non ho scelto di vivere a Napoli. Potrei dire che è stata una scelta forzata. Le possibilità economiche erano quelle che erano, quindi mia madre mi disse che se volevo andare fuori a fare l’Università avrei dovuto “accontentarmi” di Napoli, perché avevo un appoggio da mia zia. A dire la verità non ci volevo neanche venire, la conoscevo come la conoscono tutti, le strade del centro storico come le peggiori in cui una persona possa camminare, senza esagerare.

Non ho scelto di venire, ma ho scelto di restare. Mi ritengo fortunata in questo, magari un’altra persona forzata ad abitare qui non avrebbe scelto di restarci, perché o la ami o la odi. Sono stata fortunata ad amarla.

Ti capita spesso che la gente si stupisca quando dici che vivi qui, a Napoli o in questa zona?
Quando sono venuta a Napoli ero ancora al liceo. Erano gli ultimi mesi di quinta, ognuno aveva già scelto dove andare. Proprio in quel periodo uscì Gomorra il film: lo proiettarono in classe e, sapendo che sarei venuta qui, i miei amici mi guardavano, mi chiedevano “è qui che devi andare?” o “sei sicura di volerlo fare?”. Io ero spaventatissima. Col senno di poi, confrontandomi con alcuni dei miei stessi compagni di scuola che hanno vissuto in città prettamente universitarie, ho notato che loro sono rimasti in una realtà isolata dal contesto urbano.

Ovvero?
Napoli mi ha dato la possibilità di vivere con la gente del posto, tutti i miei amici sono di qui. Da un punto di vista personale, quando sono arrivata ero una persona completamente diversa, molto chiusa, insicura, con un carattere da orso. Napoli piano piano mi ha aperto molte prospettive. Sono tutt’ora insicura, ma sento di essere cresciuta. Napoli mi ha formato molto più dell’università—anche se a volte ho paura che questa città possa saturarmi, e di svegliarmi un giorno con la voglia di scappare.

Qui sotto, altre foto della casa di Federica, del palazzo e della zona in cui abita.

FRANCESCO, 26 ANNI, QUARTIERE FORCELLA

Francesco è di Palermo. Ha studiato all’Orientale e ha continuato a lavorare a Napoli subito dopo la laurea. Vive da diversi anni a Forcella, “perché è un quartiere molto comodo per il mio stile di vita, è centrale, è economico, e qui ho tante relazioni umane che ho sviluppato nel corso di otto anni di università e lavoro.”

In zona i prezzi degli affitti sono effettivamente molto bassi e oggi, oltre agli abitanti di sempre, nel quartiere si contano anche gli immigrati dell’Africa, dell’Est Europa, del Subcontinente Indiano, le famiglie gitane e tanti altri reietti del capitalismo.

VICE: Mi dicevi che sei arrivato a Forcella perché avevi trovato un’occasione, ma alla fine ci sei rimasto perché ti sei trovato bene. Potresti elencarmi pregi e difetti del quartiere?
Francesco: Mi piace il fatto che sia ricco di energie. Anche semplicemente attraversare il quartiere quando torno dl lavoro, verso le sette, ha qualcosa di magico. Sembra di stare in qualche strada di Caracas, un gran casino.

Però riconosco che è un quartiere completamente isolato. Basta attraversare la strada e ti trovi in un altro mondo, che ha poco da offrire a chi non abita qui. È molto emarginato. Non mi piace la durezza di molte persone, i loro sguardi, le loro battute fatte “a cazzimma”, però capisci anche che è la situazione socio-economica del posto.

C’è un aneddoto particolare che può descrivere la tua idea del quartiere?
Nella casa in cui abitavo prima, sempre a Forcella, una notte, c’era un mio coinquilino che parlava dei massimi sistemi senza voler smettere. Verso le 4 del mattino riesco a staccarmi da lui e a buttarmi nel letto. Poco dopo ci bussano alla porta. Erano i vicini di casa, che stavano facendo una riunione per tutte le donne di casa. Apriamo la porta e ci dedicano una serenata con una chitarra scordata. Può sembrare il solito aneddoto folcloristico, ma la verità è che siamo diventati amici. Conosco loro, i loro figli, mangiamo spesso assieme, ci scambiamo favori. Da questi episodi si creano dei legami.

E con la città in generale, che rapporto hai?
Noi che abitiamo qui siamo abituati a una città che per diversi aspetti non è per niente europea. Non ha molto degli stili di vita, degli schemi che sono tipici di altre città del continente. Napoli è già al di qua della frontiera, ha una natura diversa, più conflittuale. Questa è la ricchezza, vivere in una città inesauribile, che non si può racchiudere in uno schema. Ogni giorno è un ribollire di cose diverse.

Ciò che ha in meno rispetto ad altri posti è sicuramente una certa serenità. È oggettivamente più facile vivere altrove, dal punto di vista dei servizi e delle opportunità. Qui ho avuto anche le più brutte esperienze, la violenza, la solitudine… ma ciononostante non riesco a non amare anche queste cose.

Qui sotto, altre foto della casa di Francesco, della vista dal suo balcone e della zona in cui abita.

ELEONORA, 20 ANNI, QUARTIERE STELLA

Nata e cresciuta a Roma, nel 2007 Eleonora si è trasferita con la famiglia in Toscana, in provicia di Grosseto. Ora è al secondo anno di veterinaria alla Federico II, e abita in un appartamento poco lontano dal Museo Nazionale, ai confini esterni del quartiere Stella, che contiene il Rione Sanità.

Luogo sacro a suo modo, nella zona corrispondente alla Sanità si sono stratificati per un millennio i cimiteri di diverse civiltà, su cui sono stati costruiti nel ‘700 i grandi palazzi dei signori e degli artisti. Come nel resto del centro storico, da eterogenei quali erano, col tempo i quartieri si sono divisi per strati socio-economici e alla Sanità della ricchezza restano solo le vestigia. In questo quartiere popolare, in cui periodicamente imperversano le faide di camorra e c’è una forte mancanza di servizi pubblici, è stato finalmente deciso di investire nel potenziale umano chiudendo uno degli ospedali.

VICE: Perché hai scelto Napoli?
Eleonora: Ho scelto Napoli perché la Federico II è una facoltà importante, specialmente per quanto riguarda veterinaria. E anche perché volevo combinare una buona università con una città che mi piacesse. Mi aveva molto affascinato quando ci ero stata coi miei genitori pochi mesi prima di iscrivermi.

E sei soddisfatta di averla scelta?
Rispetto a qualsiasi altro compagno di scuola o amico che ancora sento, io sono più integrata nella città. Loro la vivono un po’ da turisti, un po’ da studenti fuorisede, mentre io mi sono adattata molto di più. Se c’è qualcosa che ho avuto in meno è sotto il profilo dell’università. Abbiamo avuto un grosso problema a veterinaria, il crollo di una intera ala dell’università. Dalla mattina al pomeriggio è scomparsa tutta la parte costruita negli anni Cinquanta; fortunatamente era stata già dichiarata inagibile e nessuno si è fatto male.

A livello abitativo invece, sei soddisfatta della zona in cui vivi?
Sì, mi piace uscire ed essere circondata da un sacco di persone. Ho bisogno di stare in compagnia e questo posto è perfetto. Poi è una zona piena di attività, ci sono sempre concerti. A volte però si accumula molta immondizia, in alcuni posti non riesci a passare, anche se cose del genere non durano più di 24 ore. Ci sono un po’ di barboni qui vicino… non fanno niente però non è proprio bello. In generale, comunque, non ho avuto problemi. Anzi, vedendomi forestiera la gente è sempre molto gentile con me.

Però l’immagine che se ne ha da fuori è spesso opposta, no?
Quello che dicono di Napoli spesso non è del tutto falso, ma certo è esagerato. Ho ancora quattro anni davanti e non mi preoccupa assolutamente restare qui.

Qui sotto, altre foto della casa di Eleonora e del palazzo in cui abita.

FATIMA, 28 ANNI, QUARTIERE AVVOCATA

Fatima viene dalla provincia di Potenza. Madre lucana, padre marocchino, ha vissuto tutto il suo periodo universitario a via dei Tribunali, nel cuore del centro storico. Dopo la laurea ha trovato lavoro e si è trasferita col suo ragazzo nel quartiere Avvocata.

Questa zona fa da collegamento tra il centro storico e i quartieri collinari, decisamente meno popolari. Tutto il quartiere si sviluppa in salita, e in una città in cui il valore degli immobili sembra determinarsi dalla porzione di mare che si riesce a scorgere dal balcone, le strade con la vista più aperta sul golfo diventano automaticamente i luoghi dell’alta borghesia, coi grandi palazzi e gli alberghi di lusso di Corso Vittorio Emanuele.

VICE: Perché abiti da queste parti?
Fatima: All’inizio perché era la zona universitaria, c’era anche un po’ di movida. Dopo sono rimasta al centro perché è un quartiere che risponde molto alle mie esigenze. È a misura d’uomo, facile da conoscere. Conosco bene le strade, mi sposto facilmente, trovo tutto ciò di cui ho bisogno.

Cosa ti piace del quartiere e cosa no?
Qui mi piace perché è molto popolare e si organizzano eventi. C’è sempre qualcosa da fare, e poi il costo della vita è più basso che nel resto della città… anche se all’Avvocata i prezzi sono leggermente più alti che in quartieri come Forcella. Quello che non mi piace del quartiere, invece, è il fatto che sia trascurato. Da parte degli studenti fuorisede non c’è un sentimento di cura del territorio, cosa che manca anche e soprattutto agli abitanti del posto, ai quali certe volte sembra che non interessi neanche mantenere pulito il proprio vicolo.

Cosa hai da dire a chi conosce questa zona dall’esterno, per “fama”?
Che non la conosce, appunto. Se non la vivi non la puoi conoscere. Non basta farsi un giro un giorno e mangiarsi una pizza e una sfogliatella, succedono talmente tante cose negative e positive che dall’esterno non si può giudicare. Napoli è una città difficile, non fila tutto liscio, ogni volta c’è un problema da affrontare, quindi presto o tardi ti devi svegliare e te la devi vedere da solo.

Qui sotto, altre foto della casa di Fatima e del palazzo in cui abita.

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