Foto di Marta Parszeniew
I commentatori più attempati di YouTube stanno iniziando a urtarmi con il loro pessimismo. Bastonano la musica odierna perché “non ha nulla a che vedere con [inserite qui la decade della loro adolescenza]” e poi si collegano alla principale piattaforma culturale della civiltà contemporanea per lamentarsene. Vi diranno che “Tupac non è morto per questa merda”, e “Odd Future non c’entra niente con Tha Alkaholics”, setacceranno i video più disparati giusto per poter poi sostenere che nessuno è mai stato bravo quanto Joe Satriani. Sì, lo so, vogliono solo trollare, ma sapete che c’è? Ci stanno riuscendo.
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Perciò, invece che fare un respiro profondo e continuare con la mia giornata, ho scritto questo articolo per provare che si sbagliano. Magari non avremo copertine di riviste attaccate al soffitto delle nostre camere da letto, ma abbiamo le nostre icone, e i nostri virtuosi musicali personali. Abbiamo maestri di tecnica, agitatori culturali, magnati del business e gente figa e basta. Eccone una lista:
IL BASSISTA: THUNDERCAT
Stephen Bruner, al secolo Thundercat, ha pubblicato quest’anno il suo secondo disco, Apocalypse. Una collezione consistentemente ricca di composizioni fuori dal coro, sfumate da nuances variegatamente dark, il tutto trascinato dal suo approccio anticonformista al basso. Sta rinnovando la fusione del funk anni Settanta di Herbie Hancock e Roy Ayers, porgendo le dita callose in soccorso di chiunque graviti tra Erykah Badu e Snoop Dogg, e persino i veterani del crossover Suicidal Tendencies. La sua opera di virtuosismo jazz combinato ad elementi di hardcore punk trasforma la figura del bassista, da un ruolo di secondo piano a star dello show.
Certamente, un sacco della gente che si crede dio in terra perché bassista di solito fa musica terribile, piena di assoli di battute grossolane e slappati non richiesti. Ma Thundercat è melodico in maniera brillante. “Oh Sheit it’s X!” va dritto sulla playlist da matrimonio che sto combinando mentalmente, e dovrebbe essere anche sulla vostra.
I MAGNATI DEL BUSINESS: CHRISTIAN E KELLY CLANCY
Odd Future è uno dei migliori collettivi hip-hop nel mondo. Ma senza i Clancy, Tyler & Co. potrebbero ancora trovarsi a scollettare fuori da Burger King e a piazzare la propria musica su brutti blog da hipster. Christian Clancy, conosciuto dai sodali di Golf Wang come “Clancy”, ha mosso i primi passi nella musica negli ultimi anni Novanta. Gli ha fatto da mentore Paul Rosenburg, e ha guidato il marketing di un album un po’ sconosciuto: The Marshal Mathers LP. Anche Kelly ha fatto la stagista in quegli uffici, e dopo che entrambi hanno lavorato con gli artisti hip-hop più culturalmente influenti dell’epoca—50 Cent, G-Unit, the Game-sono usciti insieme, si sono sposati e hanno fatto un figlio (ecco un video di lei e Tyler).
Nel 2010, Clancy ha sentito “French”, di Tyler,The Creator, che ha ridestato la sua passione. “È stato affascinante vedere un gruppo di ragazzi che pensavano davvero con la propria testa,” ha detto Christian, in un intervista con Buzzfeed. “Erano tutto quello di cui sentivo la mancanza nell’industria discografica. Dicevano “Vaffanculo”, ma erano anche sicuri di sè ed erano autosufficienti ed era qualcosa di loro ed era autentico ed era dolore ed erano un sacco di ragazzi senza padre.” Da quel momento hanno fatto da mentore a tutti i membri di Odd Future, facendogli da genitori durante il tour, e li hanno aiutati a far diventare hype la loro musica. Non hanno dovuto fabbricare il loro talento, ma hanno fatto in modo che crescesse in un ambiente confortevole. In cambio, Tyler ha guadagnato un quarto di milione vendendo calze, il gruppo ha il proprio programma televisivo, e lo scorso mese hanno organizzato il loro personale carnevale, completo di skate park e Kanye West.
IL CHITARRISTA: KING KRULE
Anche se tutti attendono con ansia che muoia, la guitar music è ancora viva. Certo, ci sono gruppi come i Kings Of Leon, tipi vecchi e stanchi che continuano a fare lo stesso album per un pubblico sempre più ingrato, ma ci sono anche degli outsider insurrezionisti che ancora cercano di fare qualcosa di significativo partendo da sei corde. Il loro leader è King Krule. Il suo disco di debutto, pubblicato quest’anno, è stato uno dei migliori debutti degli ultimi dodici mesi.
Certo, non voglio paragonarlo a Hendrix, J Mascis o Keith Richards, perché è giovane e la sua musica è di tutt’altra sorta. Ma nello stesso modo in cui Mascis può martellare violentemente sulla corda del Si ed evocare la sensazione di uscire da una relazione di due anni a testa fottutamente alta, King Krule sa fare accordi jazz che sono l’equivalente sonoro di una corsa in pullman alle 4 del mattino. È un talento strumentale che molti artisti non hanno ed è ciò che lo distingue dai mille altri divi che hanno comprato un Telecaster e non saprebbero nemmeno da dove iniziare a spiegare come si suona un accordo in Do minore. Lo scorso mese, ha suonato sia da Letterman che da Conan O’Brien, Beyoncè lo ama (!!1!1) e ha praticamente raggiunto il sogno di ogni artista inglese: far successo in America senza accettare compromessi.
IL BATTERISTA: ZACH HILL
I Death Grips hanno messo un pene sulla copertina del loro album e tutti li hanno scambiati per fichissime figure anti-autoritarie che l’havevano messa in culo al sistema. Un anno dopo, non si sono fatti vedere a un loro concerto, e le stesse persone allora hanno pensato fossero degli stronzi a cui non importa dei propri fan. La gente è strana.
A prescindere da tutte queste minchiate, Zach Hill è un batterista incredibile. Ha iniziato con Hella, un gruppo math rock di Sacramento, California, e i suoi pattern di percussioni me lo facevano immaginare dotato di cinque braccia. Da allora ha suonato la batteria anche per Wavves, Marnie Stern e in circa un miliardo di altri artisti. Non sono molto esperto di tecnica batteristica. per cui ho cercato di capire su internet cosa renda lo stile di Zach è più figo di quello di chiunque altro. Ho scoperto che “Un aspetto unico dello stile di Zach è il suo largo uso di piatti dal suono non convenzionale, spesso definiti piatti “trash”. La modalità più caratteristica e particolare da lui utilizzata per suonare consiste nell’uso di piatti rotti (di solito tre o quattro) messi in pila uno sopra l’altro, montati solo sulla destra del suo tom alto”. Dunque, certo, Rick Allen riusciva a suonare la batteria con una mano sola, Keith Moon poteva picchiare su un pezzo di pelle e diventare leggenda, ma Zach Hill può suonare piatti rotti in due gruppi diversi, e farli suonare entrambi come l’apocalisse, e dare comunque la merda a qualsiasi altro batterista faccia cose simili nel 2013.
LA VOCE: WILLIS EARL BEAL
Tom Waits non ha fatto nulla per avere una voce così insolita, semplicemente quando apriva bocca gli usciva così. Questo, e ha ingollato abbastanza fumo di Marlboro rosse, Cocaina e alcol da uccidere un piccolo rinoceronte. Willis Earl Beal non ha nulla a che vedere con Tom Waits, ma ha lo stesso tipo di soul grezzo che suona come se provenisse da qualcuno a cui non importa se i suoi pantaloni sono coperti di olio per motori o se la camicia è piena di buchi, finchè si ha abbastanza alcool pesante per far festa.
La musica di Beal è grezza e aggressiva, ma percorsa sempre da sfumature di intrappolamento e solitudine. Un po’ di tempo fa, Willis Earl Beal era un homeless. E non nel senso che è passato da un divano all’altro in un carosello di amici con appartamenti pagati dai genitori. Dormendo per strada ad Albuquerque, Willis ha svolto una serie di mansioni basilari e ha iniziato a scrivere e registrare CDr, che lasciava poi in luoghi pubblici allegando le proprie illustrazioni. Ha poi firmato per la XL, pubblicato un disco e quest’anno ne ha lanciato il seguito, una fantasia neo-soul intitolata Nobody Knows. È un disco potente, la sua voce ha la capacità di stamparti in testa anche le note più minimali, fino a fartele apparire davanti agli occhi.