Se penso alla Milano degli anni dieci, penso alla città in cui la gente che se la tira e la gente che può permetterselo si confondono—perché di solito presenziano al medesimo party. Contemporaneamente, penso anche a Tea Hacic.
Per me, studente fuorisede appena arrivato a Milano, la sua rubrica su VICE era una finestra sulle serate e la vita sociale, sessuale e mentale di chi le frequentava. Se nel 2012 non bazzicavate ancora su VICE, ecco una breve presentazione: Tea è nata in Croazia ma è cresciuta negli Stati Uniti e ha studiato moda a Milano, dove ha scritto, organizzato eventi e fatto decine di lavori—almeno finché non è tornata in America, ha fatto stand up, fondato il magazine Stai Zitta (ora non più accessibile), si è occupata di moda e ha scritto ancora. Ogni tanto torna a Milano e gira video in cui cucina con M¥SS KETA.
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Se la conoscete, è altamente probabile anche grazie ai suoi profili Instagram, dove ha accumulato un certo seguito. Oggi però ne parliamo per un’altra sua creazione, Life of the Party, ovvero il racconto di una ragazza americana che approda a Milano per studiare moda e scopre una città che le distruggerà (e salverà?) la vita. Il libro, edito da Clash Books, sarà disponibile in formato cartaceo dal 2 giugno, ma è appena uscito in ebook “perché tutti siamo in quarantena e abbiamo pensato che fosse una bella idea in questo momento del cacchio.” Ieri abbiamo scambiato due parole su questo, sul perché chiama tutti “Troia” e perché esserlo è uno stato mentale.
VICE: Qual è la definizione che daresti a Life of the party? Bildungsroman? Autofiction? E come lo descriveresti a chi dovrebbe comprarlo?
Tea Hacic-Vlahovic: Direi che è un Bildungsroman, benché l’evoluzione personale della protagonista sia molto sottile. Ci mostra che crescere non è sempre lineare. La storia è basata su fatti reali, ma invece di scriverla come un memoir o autofiction, ho scelto di buttarla giù sotto forma di romanzo. Se scrivi un memoir, lo scrivi con la percezione odierna che hai delle cose, ed è facile criticare il passato. Invece di criticare ho deciso di romanticizzare la narrazione, così il personaggio del passato ha il credito e la voce che merita.
Dovreste comprarlo perché è una fantasia milanese e un fashion-incubo che ci accomuna tutti! E probabilmente perché vi ci riconoscerete (o riconoscerete qualcun altro).
Ecco, esatto. Nel libro Mia attraversa molte tipiche fasi dello studente di moda: il corso universitario, le fashion week, il lavoro in showroom, l’organizzazione di eventi, gli after party… Cosa diresti a chi, come lei, arriva a Milano ventenne per studiare moda?
Le direi… Hai sbagliato tutto! Però ormai è troppo tardi, quindi ti do un paio di consigli: devi uscire tantissimo e conoscere tutta la gente del settore a cui riesci ad arrivare. Devi fare cose “tue” fuori dalla scuola—qualcosa di creativo, che puoi sviluppare senza il giudizio dei professori. E se riesci a trovare degli amici a scuola, non li lasciare! PS: Evita quello ossessionato da Margiela e i maschi etero “fashion photographer”.
Milano è cambiata abbastanza in questi anni. Quanta della città che racconti in Life of the Party pensi esista ancora nella Milano di oggi?
Milano è più Milano che mai. Sì, le feste hanno cambiato nome e la gente giovane ha sostituito i vecchi. Sì, ci sono più spazi per i queer, e quasi ogni party è un drag party—dieci anni fa c’era molta più toxic-etero energy. Secondo me Milano ha sempre un’anima speciale e non importa se era indierock ed ora è trap. Le epoche passano, ma l’energia rimane la stessa. Dobbiamo passare alle nuove generazioni l’idea mitologica di Milano per crearne un’icona, così come fanno i newyorkesi con New York.
Potremmo dire che la tua rubrica su VICE ai tempi era un racconto delle tue esperienze, il libro è basato su fatti reali ma romanzati e i tuoi personaggi su Instagram sono una cosa diversa ancora, perché vivono al di fuori di te. È perché crescendo ci si concentra meno su se stessi, o perché ti sei accorta che in Italia c’è bisogno di dire certe cose, e siccome non vengono dette, è meglio che a farlo sia una Susi l’influencer o una donna col pancione di plastica che fa ricette improponibili?
Mi sono sempre concentrata su me stessa! I miei personaggi sono aspetti diversi della mia personalità. Per esempio, la “Mamma Ubriaca” sono io in una realtà alternativa in cui sono sposata con un coglione e costretta a fare figli! Ovviamente faccio battute su temi come aborto, sessismo, etc, ma il mio obiettivo è soprattutto far ridere chi guarda.
Comunque, secondo me, scrittori e artisti si basano sempre su loro stessi e le loro esperienze. La mia scrittura è cresciuta con me, ma alla fin fine tutto il mio lavoro fino a quando morirò avrà sempre e solo una ragione: far sentire tutte le ragazze libere di essere troie, sole, brutte e imbarazzanti!
Tu ti sei sposata giovane, mostri spesso il tuo cane e tuo marito, ma poi parli appunto a tutte le ‘troie’ del mondo. Per chi è poco attento, potrebbe sembrare un controsenso. Puoi spiegare meglio chi sono queste ‘troie’?
Mi sono sposata troia e sarò troia per sempre. Anche una vergine può essere troia. Anche le suore possono essere troie. Non è tutto basato su come usi un cazzo; basta cazzi! Io sono nata ‘troia’. È uno stile di vita e le mie “Troie Radicali” sono le ragazze che vogliono tutto e se lo meritano pure.
Credo che molte persone pensino queste cose ma poi non abbiano il coraggio di dirle ad alta voce. O in generale pensino tante cose che poi non condividono per timore del giudizio altrui. Che consigli daresti a chi vorrebbe scrollarsi di dosso un po’ di filtri ed essere più libero?
Mi ricordo esattamente il momento in cui ho pensato “quand’è che un’opinione è così importante da essere condivisa?”. È successo mentre guardavo due amici litigare se il punk fosse nato a New York o Londra. La risposta esatta è NYC, ma non ha importanza, per quel tipo di opinioni non vale la pena litigare. Le mie regole sul condividere o meno un’opinione rispondono a delle domande precise. Queste: la tua opinione è divertente? Nuova? O d’aiuto? Se sì, è tuo dovere condividerla!
Questa è una domanda molto seria, e nella cui risposta potrebbero rivedersi tante ragazze e persone queer: perché non hai amici maschi etero?
Ho avuto milioni di amici maschi etero… ma ora ho mio marito e lui li ha sostituiti tutti. Comunque preferisco la compagnia di ragazze e gay perché ascoltano mentre gli stai parlando e sono più divertenti.
Dove compri i tuoi vestiti, trucchi, travestimenti e parrucche?
UpscaleStripper.Com, DollsKill.Com, Search & Destroy a New York e ogni negozio in qualsiasi Chinatown del mondo. I vestiti vanno bene economici, ma i trucchi devono essere costosi perché vanno sulla faccia. I’m a Sephora girl!
Ok, una cosa importante prima di chiudere: i piccioni sono una presenza costante in Life of the Party, ma anche nel tuo immaginario e nei ringraziamenti alla fine del libro. Ora che non c’è quasi più gente per strada a Milano, cosa pensi che faranno? Saranno più amichevoli quando torneremo?
I piccioni ci conoscono meglio di noi stessi, e Milano è la loro città. Loro sanno chi ha le briciole migliori e l’MDMA più forte. In questo momento, sono sotto le finestre delle loro persone preferite. Ogni persona ha il suo piccione anche se non lo sa, quindi lasciategli qualcosa sul davanzale. Quanto al futuro, la domanda non è se loro saranno più amichevoli con noi, ma se noi saremo più amichevoli con loro.
Life of the Party è edito da Clash Books. Vai qui per saperne di più. Stasera alle 21, intanto, sul profilo Instagram di Tea ci sarà una festa di lancio dell’ebook—tramite live, ovviamente.
All’intervista ha collaborato Alice Rossi.