Pochi mesi fa, Lil Baby si è comprato una macchina che la maggior parte delle persone non potrebbe mai permettersi e che molti nemmeno conoscono. La Chevrolet Corvette Z06 2019 costa circa 85.000 dollari, senza optional aggiunti. È un’automobile che senti arrivare da molto lontano, e il rombo profondo e potente che emana è il motivo per cui la gente la acquista. “Ti dà la carica,” spiega Lil Baby. Siamo ad Atlanta, nel parcheggio degli studi della Quality Control, la sua etichetta, la stessa dei Migos, di Rich the Kid e di Lil Yachty. Dobbiamo urlare per sentirci tanto è forte il rombo della Chevrolet SS del suo amico. I due stanno provando il motore e osservano una macchia sul tubo di scappamento, che sembra essersi fuso per il calore.
“Quando sei un ragazzino nero che viene dal quartiere, hai bisogno di una macchina che faccia un sacco di casino,” spiega Baby. C’è una frase della sua canzone “Trap Star” in cui descrive il momento in cui arriva al centro commerciale di West End ad Atlanta con la sua prima auto, una Dodge Hellcat, e gli sembra un sogno.
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Gli ho chiesto se potessi salire sulla Corvette con lui. Mi ha guardato, dall’alto verso il basso e poi mi ha chiesto, “Sai sparare?”. Dal momento in cui ci siamo incontrati mi sta insultando perché non ho portato con me una videocamera per documentare ancora meglio il suo stile di vita. Mi ripete la domanda, facendo il gesto di una pistola con la mano. Poi ride e immagina da solo la risposta, “Allora non puoi salire sulla coupé!”
Così sale sulla Corvette con il suo amico G-Five, il ragazzo di cui parla in “To the Top” quando dice “free G-Five on the G5”. Poi svolta bruscamente, fa manovra in quei pochissimi centimetri di asfalto a disposizione ed esce dal parcheggio, lasciando i segni degli pneumatici sul cemento.
È passato poco più di un anno dall’esordio di Lil Baby, eppure è già riuscito a diventare uno dei rapper più forti della scena di Atlanta. A partire dallo scorso aprile ha pubblicato quattro mixtape: Perfect Timing, Harder Than Hard, 2 The Hard Way e Too Hard. Il 18 maggio ha pubblicato il suo album d’esordio, Harder Than Ever. È migliorato di uscita in uscita, perfezionando il suo stile e affinando una sonorità già piuttosto ricca.
La canzone che lo ha reso famoso, “My Dawg”, è uscita la scorsa estate. È una hit ritmata con un ritornello memorabile. Il suo pezzo più famoso è però “Freestyle”, una traccia vagamente melodica di due minuti e mezzo senza ritornello. Altro singolone da radio è stato “Suddenly,” un duro ma divertente botta e risposta con il rapper Moneybagg Yo senza alcuna melodia.
Pezzo dopo pezzo, il sound di Baby cresce e si arricchisce, di pari passo con la generazione di Young Thug e dei Migos, con cui ovviamente ha già collaborato, visto che sono amici. Ha anche fatto un pezzo con Gucci Mane. E ha fatto uscire una canzone con Drake. Si chiama “Yes Indeed.” Ed è una bomba.
I fondatori di Quality Control, Pee e Coach K, si sono resi conto del potenziale artistico e musicale di Lil Baby prima ancora che se ne accorgesse lui stesso. Pee conosceva Baby sin da quando era adolescente: sono cresciuti nello stesso quartiere, anche se con un paio di generazioni di distanza. “Tutti conoscono Lil Baby nel quartiere,” spiega Pee. “Era sempre in studio, scommetteva contro gli altri rapper e roba del genere, conosceva tutti. Coach diceva sempre, tipo, ‘Lil Baby ha stile, lui è proprio il tipico tipo vero di Atlanta’”.
Nonostante ci fosse gente importante che credeva in lui, Lil Baby ha cominciato a valutare fonti di reddito che non fossero lo spaccio solo quando si è preso una condanna a due anni di carcere. Una volta uscito di prigione Baby ricominciò a frequentare lo studio, ma stavolta per fare musica. Pee lasciò che i producer gli passassero i beat, così che lui potesse capire quale fosse il suo stile. “Si capiva che era agli inizi, ma i pezzi erano piuttosto accettabili,” dice Pee. “Io gli ho detto, ‘l’unica cosa di cui devi parlare è la tua vita. E tutto quello che hai visto e fatto.’”
Un’ora dopo l’orario del nostro appuntamento ricevo una telefonata dal manager di Lil Baby, Rashad, che mi dice che sta andando sul set di un video e se posso raggiungerlo lì. Baby arriva nel parcheggio sgommando sulla sua Corvette e va dritto verso Rashad, che gli molla in mano una mazzetta di contanti per il video.
“Baby è troppo esplicito per essere raccontato da un giornalista,” mi dice all’improvviso Lil Baby, passandomi di fronte. I suoi amici–che si presentano come Hotboy Nunk, Baby Gangsta, 4PFDT, Lil Tiger e G-Five–annotano il loro nome sul mio taccuino, nel caso in cui l’articolo venisse decente. Nelle foto, anche quelle che posta sul suo profilo, Lil Baby è stoico: guarda l’orizzonte con un’espressione piatta. Nella realtà, è sempre in movimento. Adora essere al centro dell’attenzione ed è bravissimo a tenere lontano gli sconosciuti.
Lil di nome e di fatto, Baby è basso e gracilino. I pantaloni ovviamente gli vanno piuttosto larghi. Un gruppo di ragazzi sta spostando una Lamborghini dal parcheggio nel magazzino per girare la scena. Tre modelle in tacchi a spillo e body succinti gli gironzolano intorno prima di prendere coraggio e chiedergli una foto.
Lil Baby vive in un mondo di modelle e auto da corsa, ma non lo fa per le apparenze. Lo fa per vantarsi. Per uscire a testa alta (e rombando forte), dopo aver fatto da supporter a un concerto davanti a una folla di persone che sa a memoria tutti i suoi pezzi anche se era lì per vedere un altro rapper. È per la soddisfazione di sfrecciare tra le strade di Atlanta, passare col rosso, assordare tutti con il rumore di quel motore potente. È raccontare con gioia al tuo manager, il giorno dopo, quanti semafori hai completamente ignorato.
La musica di Baby si inserisce all’interno di una dimensione più ampia di voci distorte, introdotte nella trap di Atlanta da Future e Young Thug nell’ultimo decennio, ma il suo stile tende più verso pezzi ben ritmati e cantabili. “Devo tutto a Dio, e credo che fosse tutto già dentro di me,” mi dice. “Ho dovuto solo tirarlo fuori. Dovevo farlo. Non c’era altro modo.” Tuttavia la pratica è stata fondamentale. Baby ha trascorso il 2017 chiuso in studio a produrre musica e i suoi progressi sono evidenti nella successione di mixtape che ha prodotto.
Il suo talento innato si rivela nel modo in cui Baby si dimena agilmente tra le rime, come se stesse raccontando agli amici le sue storie folli. I versi veloci e concitati sono la cosa che gli viene meglio, come se stesse mettendo insieme le idee per giungere a una conclusione. In “Hurry,” snocciola rapidamente una serie di minacce, rappando, “Non dirò il tuo nome in una canzone / Metterò la tua faccia su una t-shirt / Il tuo corpo nel fango / N**** sei una fighetta, dov’è la tua gonnellina?” Generalmente sceglie beat poco vistosi, per fare sì che le sue parole risaltino ancora di più.
Non è solo estetica, è l’eredità di Atlanta a determinare il sound di Baby. Nel rap, come in tutta l’industria musicale, ci si concentra troppo sul contorno e poco sulla sostanza: tutti a discutere di tweet, gossip e prestigio, ma nella produzione di Baby c’è qualcosa di più autentico. “Lil Baby non è il classico rapper di internet,” ha detto Pee. “Non ha buttato una canzone su SoundCloud e basta. Ma è andato là fuori, nelle strade del quartiere, a conquistarsi il successo passo dopo passo.” Una cosa che conferma anche Lil Baby stesso. “Non so neanche bene come funzioni il SoundCloud rap,” mi dice.
Può sembrare azzardato sperare che Lil Baby riporti in auge la trap più classica. D’altro canto il suo nome è Lil Baby, mentre Young Jeezy rappa come se fosse nato con manciate di cocaina tra le mani. Ma se ci pensate bene è molto più logico di quello che sembra, considerando quello che la sua figura rappresenta. La trap effettivamente parla molto di droga, ma anche di motivazione, di come ci si sente a essere l’eroe del quartiere. Quasi tutti quelli con cui ho parlato hanno descritto il sound di Lil Baby come “reality rap,” e inizialmente mi è sembrata una definizione già sentita. Tutti gli artisti si definiscono reali, autentici. Ma Lil Baby vuole che anche tu capisca la realtà che lui racconta e rappresenta. La cosa davvero autentica di Baby, oltre alle cose che dice nelle canzoni, è l’ispirazione dietro ogni pezzo.
E così, io e la mia crew ci ritroviamo a inseguirlo per le strade di Atlanta fino a un centro commerciale, il West End Mall, mentre lui sfreccia sulla sua Corvette nell’ora di punta. A un certo punto, passa accanto a un poliziotto sgommando, e facendolo incazzare parecchio. Una volta raggiunto il centro commerciale, Lil Baby fa un giro e compra un cappello nuovo (ed è super gentile con la commessa). Due ragazzine si avvicinano timide, sperando di riuscire a scattare una foto. Poco dopo si scopre che a una delle due avevano appena rubato il cellulare nel bagno del centro commerciale. Lil Baby non dice nulla, le dà 500 dollari in contanti e se ne va. Così.
Il quartiere qui attorno è quello dove Lil Baby è cresciuto. Lì c’era il supermercato, ci spiega, dove andava a riposarsi dopo aver lavorato tutto il giorno su e giù per le strade. Entra per comprare delle caramelle, il ragazzo alla cassa è nuovo, non lo riconosce. Ma tutti gli altri sì. Mentre passa in auto, un tizio gli urla di andare a vedere il suo nuovo negozio. Delle ragazze si sporgono dal tettuccio di un SUV decappottabile gridando il suo nome. “Nessun altro rapper ti porterebbe nel suo quartiere a fare un giro, senza sicurezza,” e me lo dice così, in tutta tranquillità. Eppure in quel momento, era davvero difficile immaginare che qualcuno potesse avercela con lui.
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